Carriera: così muovevo le preferenze

Carriera: così muovevo le preferenze Carriera: così muovevo le preferenze Nell'inchiesta di Tangentopoli un'altra azienda Iri MILANO. «Con i proventi derivanti dalle tangenti pagavo le tessere degli iscritti alla mia sezione. In occasione dei vari rinnovi delle cariche, controllavo un pacchetto di tesserati e di voti che mettevo a disposizione del mio partito». Matteo Carriera, una vita nel psi e ai vertici dell'Ipab, quando è finito a San Vittore ai giudici di Tangentopoli non ha nascosto nulla. «Zio Matteo» ha raccontato sia le tangenti sugli appalti dell'ente comunale che gestisce gli ospizi, sia il mercato delle tessere e dei voti per le elezioni. In quattro pagine di verbale davanti al giudice Colombo, il 22 maggio, Carriera svela i meccanismi della politica, partendo dagli albori della sua storia. Dice: «Io feci confluire i miei voti nel 1970 su Claudio Martelli, nel 1973 su Paolo Pillitteri, perché Carlo Tognoli, che era il mio referente, mi diceva che dovevano essere aiutati. Successivamente aiutai anche Tognoli». Carriera snocciola nomi, ricostruisce vicende, tutte da verificare, ma sicu¬ ramente sbaglia le date. Nel '70 l'attuale ministro della Giustizia Martelli non era candidato per il psi nelle elezioni comunali del 7 giugno. Lo sarà 5 anni dopo, diventando poi nel '76 capogruppo psi a Palazzo Marino. «Zio Matteo» non finisce qui i suoi ricordi. Ai giudici racconta tante altre candidature sostenute: da Ugo Finetti a Rossella Artioli, da Gianstefano Milani a Giorgio Gangi «appoggiato da tutto il partito - rivela - perché aveva un problema con la magistratura e, se fosse stato eletto, avrebbe avuto l'immunità». Ma come controllare, nel segreto dell'urna, che l'elettore rispetti le preferenze avute? Carriera spiega tutto: «Si davano tre nomi di candidati e se il terzo non riusciva c'era la certezza che l'elettore non aveva seguito le indicazioni date, perché il terzo era inserito solo a fini di controllo. Il sistema me l'ha spiegato un calabrese». Dal suo ufficio di via Olmetto «Zio Matteo» non si sentiva un gigante della politica, credeva solo di essersi «sistemato». Era l'inizio degli Anni 70: primo stipendio da presidente 280 mila lire. Esclusi i vantaggi: la macchina, la segretaria, la «possibilità di andare tutti i giorni al ristorante come i miei 13 predecessori, mentre io fino ad allora mangiavo alla mensa dell'ospedale Fatebenefratelli». Altri erano i «signori delle tessere e dei voti» del psi, racconta Carriera al magistrato. E fa l'elenco: «Mario Chiesa controllava 7000 voti, Giovanni Manzi un numero superiore ma pari a quello della famiglia Colucci, i cui esponenti erano e sono Michele e Francesco». Nomi noti: Chiesa è il primo della lista, Manzi è tutt'ora ricercato, Michele Colucci è a San Vittore per un'altra inchiesta e suo fratello Francesco è a Montecitorio. Deputato psi. Anche di un altro ex sindaco di Milano, Carriera si ricorda. E lo cita: «Il gruppo di Aldo Aniasi controllava meno voti e tessere degli altri, era un po' in calo ma, a quanto so, l'avvocato Bellantoni gli portava i voti dei calabresi». L'inchiesta continua con altri interrogatori. Amedeo Gagliardi, consulente legale della Sistemi Urbani, azienda del gruppo Iri impegnata anche nell'ampliamento della Fiera, è stato sentito dal giudice Colombo. Accompagnato dai difensori, Gagliardi è rimasto per due ore nell'ufficio del magistrato. Nuovamente sentito l'imprenditore Paolo Pizzarotti capocommessa per gli appalti da 200 miliardi di Malpensa 2000. Per la stessa vicenda c'è il parere favorevole dei pm alla scarcerazione di Alberto Zamorani, l'ex dirigente Iri Italstat, detenuto da settimane. Infine si è appreso che era stato revocato subito dopo l'interrogatorio un mandato di cattura per Bruno Binasco, il presidente della Itinere costruzioni interrogato due giorni fa per gli appalti dell'autostrada Milano-Serravalle. Fabio Potetti

Luoghi citati: Milano, Serravalle