L'ultimo Sherlock Holmes 10 anni vissuti in un giallo

L'ultimo Sherlock Holmes 10 anni vissuti in un giallo Si è spento Pier Antonio Gagna, risolse il caso Grande-Virando L'ultimo Sherlock Holmes 10 anni vissuti in un giallo L'INDAGINE CHE DIVISE L'ITALIA TORINO. Il necrologio è sobrio: «Serenamente è mancato il professor Pier Antonio Gagna, anni 84». L'annuncio, sul giornale di ieri, è del figlio Giorgio, associato di Chirurgia generale all'Università. Giorgio Gagna adesso guarda vecchie fotografie e dice che forse è giusto che certe domande restino senza risposta. Suo padre ha risolto il caso Grande-Virando, uno dei gialli del secolo. Tra il 1939 e il 1951 le sue perizie hanno diviso in innocentisti e colpevolisti l'opinione pubblica, hanno fatto assolvere un diplomatico in carriera dall'accusa di uxoricidio. Ma se ci credesse davvero, se fosse davvero convinto di un suicidio con tre colpi di pistola resta un segreto. Il geniale professore se n'è andato con i suoi pensieri più intimi e, forse, con la soddisfazione d'aver dimostrato che, a lavorarci, l'impossibile diventa possibile. Ettore Grande, torinese, classe 1903 (morto nell'89), viceconsole del regime alla Legazione di Bangkok, è arrestato il 7 aprile 1939. Accusa: la mattina del 23 novembre 1938 ha ucciso la moglie Vincenzina Virando, anche lei torinese, ricca ereditiera, 10 anni più giovane. Con sentenza del 17 maggio 1940 la Sezione Istruttoria di Torino rinvia Grande a giudizio, e l'I 1 aprile 1941 la corte d'assise emette la sentenza: il diplomatico è colpevole, condannato a 24 anni di reclusione. Ma nel gennaio '43 la Cassazione annulla. Il 15 novembre '46 è la corte d'assise di Novara a pronunciarsi, e assolve l'imputato per insufficienza di prove. Grande ricorre, e la Cassazione il 10 luglio 1948 annulla ancora, rinviando la causa all'Assise di Bologna. Qui la sentenza arriva il 15 dicembre 1951, assoluzione con formula ampia. Per 13 anni, è guerra di scoop tra i giornali. La Settimana Incom illustrata esce con numeri monografici, Tempo risponde con interviste esclusive. La gente divora, è anche un modo per dimenticare la guerra vera che devasta l'Europa. Ettore Grande è entrato nella carriera diplomatica consolare nel 1927. Nella primavera del '38 il ministero degli Esteri gli offre la grande occasione: primo segretario a Bangkok. Ma c'è una condizione, e il direttore generale Lequio è esplicito: «Caro Grande, ci si aspetta che mettiate giudizio. Avete 35 anni, non pensate a sposarvi?». Con un mese di licenza, Ettore Grande torna a Torino. La sera del 14 maggio, da Baratti, conosce Vincenzina Virando, affascinante, 25 anni, figlia del noto gioielliere. Lui le racconta l'esotismo degli incarichi passati («avete mai visitato la Tunisia?») e le meraviglie che lo aspettano a Bangkok. Lei ascolta rapita. Il fidanzamento è una formalità. Con una dote concordata in un milione di lire il matrimonio si celebra il 31 luglio al Collegio San Giuseppe. Subito dopo il viaggio di nozze, tre giorni a Venezia, gli sposi salpano sul Conte Rosso che fa rotta per il Siam, poi ribattezzato Thailandia. Per Vincenzina il viaggio è un tormento. C'è a bordo Amedeo d'Aosta che deve sbarcare in Etiopia, e Ettore pontifica sul comportamento che la moglie di un diplomatico deve tenere. Fanno scalo ad Aden e Bombay, e lei scrive a casa che «tutto è un inferno di caldo e di sporcizia». Il 27 agosto da Singapore arrivano in treno a Bangkok. Tutta la comunità italiana, una ventina di persone, li aspetta alla stazione. E a pochi giorni da quel 27 agosto, la comunità s'accorge che tra Ettore e Vincenzina il rapporto è teso. A casa, lei scrive che dal Siam si aspettava di più: «Che ironia dire che l'Oriente è un sogno, a me sembra un incubo». Né serve a renderla felice il trasloco alla casa a due piani, giardino, laghetto e sette servitori. La vita scorre «monotona», racconta Vincenzina nelle lettere. Fino alla mattina del 23 novembre. Quella mattina, secondo la deposizione al processo, Ettore Grande si alza poco prima delle 7 e va in bagno in punta di piedi per non svegliare la moglie. Sotto la doccia, sente dei rumori, come dei colpi: «Il vaso cinese è caduto, ho pensato». Corre a vedere e trova la moglie sul letto in un lago di sangue. Chiama i servitori e manda ad avvisare medico e console. Ma i servitori, interrogati dalla pohzia siamese, danno versioni diverse. «Un cameriere ha dichiarato d'aver sentito due spari, la lavandaia uno e dieci minuti più tardi altri due, il facchino addirittura quat tro. Questi orienta li sono degli impostori» telefona Ettore Grande al cognato Arnaldo Virando subito dopo la tragedia. La polizia locale archivia l'inchiesta: suicidio. In tempi brevi il diplomatico ottiene l'autorizzazione al rientro in Italia per sé e per la salma, e il 24 dicembre s'imbarca a Singapore per l'Europa col feretro al seguito. A metà gennaio vedovo e feretro sono a Torino: «Adesso la mia carriera dovrà ricominciare da capo» è la prima cosa che Ettore dice a suo padre. A incominciare invece è un calvario. Tra gennaio 1939 e il 15 dicembre 1951 il corpo di Vincenzina Virando subisce 19 perizie anatomiche, chirurgiche, radiologiche e balistiche. Ettore Grande sconta 127 mesi e 12 giorni di carcere. I giornali seguono attenti, l'opinione pubblica si divide, anche se tra il '39 e il '41 la tesi del perito Busatto sembra lasciare poco spazio al dubbio: quattro rivoltellate, la quarta alla nuca, colpo di grazia assolutamente mutile perché Vincenzina Virando era già morta. Tra i lettori, a Torino, c'è Pier Antonio Gagna, allievo in chirurgia del professor Uffreduzzi. E' una mattina di fine marzo 1941 quando Gagna esterna i suoi dubbi al maestro: «Il foro alla nuca non può esser stato provocato da un frammento osseo?». Uffreduzzi contatta l'avvocato di Grande, e all'allievo va l'incarico della perizia. Con l'aiuto dei laboratori Fiat e Riv per gli studi balistici, e utilizzando gli studi sui bombardamenti dei bunker dell'ingegner Zabert, con esami sul cadavere di Vincenzina e sparando su cadaveri di sconosciuti messi a disposizione dall'Istituto di Anatomia, in anni di lavoro febbrile Gagna dimostra la sua tesi: il foro alla nuca è dovuto alla fuoruscita di un frammento del dente dell'epistrofeo, seconda vertebra cervicale, spezzato dall'ultimo colpo, il terzo. Non è inverosimile, se la pistola è una Browning automatica a raffica. Con la perizia, Pier Antonio Gagna diventa personaggio. Oggi il figlio Giorgio ricorda la tenacia del padre, le sue notti passate sul caso Grande-Virando. Ma, dice, per pura passione, senza ricevere alcun compenso perché Grande non aveva ì mezzi per poter pagare E la fiducia nell'innocenza dell'imputato? Il professor Gagna ha portato con sé il suo segreto. Domani pomeriggio alle due i funerali. Eva Ferrerò Salvò l'uomo condannato per la morte della bella moglie Era suicidio ri, interrogati dalla pohse, danno versioni diverameriere ha dichiarato ntito due spari, la lavan e dieci ù tardi al facchino a quat i orienta A zzartale e ricota faell'inVsszAldfafddscis Sopra, Ettore Grande e Vincenzina Virando appena sposati. A sinistra lei a Bangkok. A destra Pier Antonio Gagna con un teschio, per dimostrare la tesi del suicidio. In basso la lettera di Grande a Gagna e la busta con il timbro del 1946