«Usiamo il codice, non la tortura» di Fabio Poletti

«Usiamo il codice, non la tortura» La procura milanese risponde alle pesanti insinuazioni dei legali di Salvatore Ligresti «Usiamo il codice, non la tortura» D'Ambrosio: tutto avviene alla luce del sole Minacce di morte a un imputato di Varese MILANO. La procura risponde. Dopo gli attacchi dei legali di Salvatore Ligresti i giudici milanesi cercano di buttare acqua sul fuoco. «Non so se i legali abbiano intenzione di fare una sorta di guerra di nervi. Ognuno fa la sua parte, non mi sembra il caso di entrare in polemica, è anche una questione di deontologia», dice Gerardo D'Ambrosio, il procuratore aggiunto che affianca i pm di Tangentopoli nelle indagini. E le accuse di prolungare la detenzione, al limite della tortura? «Tutti gli atti istruttori avvengono alla presenza dei difensori», taglia corto D'Ambrosio. Di poche parole anche Gherardo Colombo, uno dei magistrati che da quasi sei mesi conduce l'inchiesta che ha travolto politici e imprenditori. «Ci limitiamo ad applicare il codice», risponde Colombo. E non aggiunge altro. Bacchettate agli avvocati di Ligresti vengono dal giudice Piercamillo Davigo: «Le decisioni dei giudici si impugnano, non si discutono. Soprattutto con questi toni». Il riferimento è alla ordinanza del Tribunale della Libertà, aspramente contestata dai legali di Ligresti, che nega la scarcerazione del costruttore perché «pericoloso». Gli avvocati del finanziere, Ennio Amodio e Raffaele Della Valle, hanno presentato ricorso in Cassazione. Rinunciando ai termini previsti dalla legge, sperano che l'istanza possa essere discussa entro la fine d'agosto, oramai ad un mese e mezzo dall'arresto del «re del mattone». Un arresto che, senza mezzi termini, i due difensori hanno definito «strumentale e al di fuori dalla legge». E anche su questo c'è la risposta polemica del giudice Davigo: «Grazie alla interpretazione che danno loro alla legge nessuno dovrebbe essere detenuto». Sul fronte delle indagini due sono i filoni su cui stanno lavorando in questi giorni i magistrati: gli appalti per l'autostrada Milano-Serravalle e quelli per il progetto Malpensa 2000. Su entrambi è stato sentito, in veste di indagato, Bruno Binasco, presidente della Itinera costruzioni (azienda dell'imprenditore piemontese Marcello Gavio) e consigliere d'amministrazione della Pavimentai. A San Vittore, invece, è stato nuovamente interrogato Alberto Zamorani, l'ex dirigente dell'Iri finito in carcere per le mazzette sull'aeroporto della Malpensa. E a Varese si è appreso che l'ex assessore de Enrico Broggi, costituitosi domenica al valico di Ponte Tresa, aveva ricevuto minacce di morte affinché non rientrasse in Italia e non parlasse con i magistrati della tangenti-story del lago. Fabio Poletti Da sinistra, il magistrato Gerardo D'Ambrosio replica agli avvocati di Ligresti: «Ognuno faccia il suo mestiere». A fianco, il ministro dei Lavori Pubblici Francesco Merloni: vuole appalti più trasparenti

Luoghi citati: Italia, Milano, Ponte Tresa, Serravalle, Varese