Guerra di'ndrangheta sul sequestro fallito
Guerra di 'ndrangheta sul sequestro fallito Il magistrato ha interrogato l'ex ostaggio: «Dica tutta la verità, chi tace rischia di essere incriminato» Guerra di 'ndrangheta sul sequestro fallito Braccati i tre complici di Sfrangio LOCRI. Sarebbe già stato completamente ricostruito l'organigramma della banda che, nella Locride, ha messo a segno il sequestro di Paolo Canale, tornato libero martedì mattina a poco meno di trentasei ore dal suo rapimento. Una libertà riacquistata nel corso di un'operazione che ha visto impegnati centinaia di uomini che hanno messo in tali ambasce i carcerieri di Canale (uno dei quali, Sebastiano Strangio, catturato) al punto che nella fretta di fuggire hanno perso anche il telefono cellulare che avevano sottratto all'imprenditore. Telefono che Canale ha utilizzato, quando già dall'elicottero della polizia gli agenti si stavano calando per liberarlo dalla sua «prigione», per cercare di chiamare casa, per parlare con la moglie. Gli inquirenti avrebbero infatti già identificato gran parte dell'organizzazione (almeno tre uomini) ed il relativo rapporto sarà forse già questa mattina sulla scrivania del dottor Pennisi, il magistrato della procura distrettuale di Reggio che sta conducendo l'indagine e che già martedì ha interrogato Canale ed il suo aguzzino. «Con l'ex sequestrato, quando l'ho ascoltato, sono stato chiaro», ha detto Pennisi: «Dica tutto quanto sa in verità, e non si ripeta l'esperienza negativa dell'imprenditore Giovanni Zappia», rapito a Bovalino il 6 aprile e rilasciato tre giorni dopo, apparentemente senza il pagamento di alcun riscatto. Zappia è ora indagato di favoreggiamento per avere taciuto su alcune circostanze del sequestro del quale è sospettato Antonio Capogreco. Se fatti nuovi non sono intervenuti nelle ultime ore, i sospetti degli investigatori portano dritto al cuore della cosca degli Strangio di San Luca, i «barbari», come vengono chiamati per distinguerli dagli appartenenti ad altre famiglie che portano lo stesso cognome. I «barbari» fanno parte di quella che è ormai la 'ndrangheta in ripiego, che si ostina a non capire che il sequestro di persona è troppo rischioso per i guadagni che pure consente. E' questa «specializzazione» della famiglia che sembra non essere andata giù ad altre cosche che invece hanno scelto la strada della droga per alimentare i loro guadagni. Ma un sequestro comporta problemi anche alla 'ndrangheta, poiché la zona dove è stato messo a segno comincia a pullulare di carabinieri ed agenti di polizia. Una presenza «ingombrante» che rallenta i traffici illeciti e, con essi, inaridisce il fiume di denaro sporco per le cosche. Questo ragionamento, evidentemente, gli Strangio non l'hanno accettato. Anzi, per gli inquirenti sono proprio loro ad aver firmato i più recenti sequestri che sono stati fatti in Calabria o che in Calabria - vedi Casella - si sono risolti. Quando sorgono contrasti tra due concezioni della 'ndrangheta, questi si risolvono non con strette di mano o accordi tra gentiluomini, ma solo quando una delle fazioni soccombe. E anche chi si fa portatore di un messaggio rischia la morte. Come potrebbe essere accaduto ad Antonio Vottari, di San Luca, ucciso a colpi di lupara in luglio forse perché era il latore di un messaggio per chi - gli Strangio? - si ostina sulla strada dei sequestri. Per questo non è un caso se proprio Sebastiano Strangio, il giovanissimo carceriere di Paolo Canale, è in cima all'elenco dei sospettati per l'uccisione di Vottari. Anche se ufficialmente contro di lui non è stato emesso alcun provvedimento. Diego Minuti «Famiglie» spaccate sui rapimenti che porterebbero troppi agenti e controlli assillanti in Aspromonte A sinistra il carceriere arrestato Sebastiano Strangio, che starebbe collaborando con gli inquirenti Sopra l'imprenditore liberato, Paolo Canale
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