Un podio di pasticci chi sale e chi scende di Giorgio Barberis
Un podio di pasticci chi sale e chi scende Antibo perde il bronzo dei 10.000, oro a Skah Un podio di pasticci chi sale e chi scende BARCELLONA DAL NOSTRO INVIATO L'oro dei diecimila, quando oggi si effettuerà la premiazione, verrà appeso al collo di Khalid Skah. Così ha stabilito, ribaltando la decisione della sera precedente, il Jury d'Appello della Iaaf, presente lo stesso presidente Primo Nebiolo. Ed è sentenza che fa molto discutere, dettata probabilmente da sottili giochi politici più che da reale applicazione delle norme, visto che l'articolo 143/2 del regolamento della Iaaf è preciso nel condannare aiuti, diretti o indiretti (cioè dettatura del ritmo o anche solo conforto verbale), da parte di un doppiato, anche se lacunoso nel precisare la pena da applicare. Pena che però, in una logica olimpica, non può che essere la squalifica. Per sgomberare il campo da eventuali equivoci derivanti dal fatto che l'oro a Skah ricolloca Antibo fuori dal podio, è bene precisare che terzo o quarto posto nulla cambiano per l'azzurro, sia perché l'episodio che ha coinvolto Skah non ha danneggiato lui ma solo il keniano Chelimo, sia perché la gara di Totò è stata ammirevole, considerando le vicissudini del siciliano nell'ultimo anno. Cerchiamo ora di rivivere la gara, partendo dal momento in cui - dopo 8 km - Skah, abituale succhiaruote, ha deciso di andare in testa, offrendo il cambio a Chelimo, col quale si era ormai involato. Atto di collaborazione? A posteriori, visto che l'azione si è esaurita poco dopo, pare piuttosto l'astuta mossa di chi aveva visto poco avanti il connazionale Hammou Boutayeb, ormai escluso da una qualsiasi possibilità di piazzamento, pensando di sfruttarne in qualche modo l'aiuto. E così, a dispetto della decisione Iaaf, è stato. Boutayeb ha parlottato con Skah e, di fatto, rimanendo con il duo di testa ha compiuto un'azione contro il regolamento, al punto che a scendere in pista per cercare di fermarlo, quando mancavano 900 metri, è stato addirittura il delegato tecnico della Iaaf, lo svedese Tollemar. Questa iniziativa non deve essere piaciuta granché ai vertici della federazione internazionale e così, mentre la giuria di gara squalificava Skah (Boutayeb intanto si era ritirato) prima ancora del reclamo preannunciato dai keniani, il Jury dopo una rapida riunione rimandava a ieri mattina la soluzione del caso. E la notte non ha portato consiglio. Ieri mattina le tesi difensive dei marocchini, espresse dal dt Lansen Samsame, apparivano fragili: «Boutayeb è un campione e non si è lasciato doppiare per orgoglio», sosteneva. E ancora: «Non c'è stato aiuto; anzi, Skah parlava con Hammou per dirgli di allontanarsi e non rischiare la squalifica». E tuttavia, alle 11,45, arrivava a sorpresa la decisione del reintegro di Skah al primo posto, con conseguente slittamento di una posizione per Chelimo e tutti gli altri. La decisione del Jury - composto da Cassel (Usa), Diack (Senegal), Stinson (Gbr), de Hoz (Spagna), de Melo (Brasile), Park (Corea) e Gyulai (Ungheria), con Nebiolo presente come uditore nella sua qualità di presidente della Iaaf - pare soprattutto arrogante, se si pensa che in appena 20' (come recita un laconico comunicato) è stata presa una decisione con motivazioni definite «confidential» e quindi non ufficializzate. A parte le gioiose reazioni dei marocchini, si sono avute durissime prese di posizione da parte dei dirigenti keniani che minacciano cu disertare le prossime gare (ma è probabile che rinun¬ ceranno a quest'idea, impopolare tra gli atleti da medaglia) e anche cu Pescante, capo delegazione azzurra, che ha definito «questa storia senza giustificazione e completamente assurda». E. ancora: «E' stato riesaminato un fatto tecnico in maniera incomprensibile... deploro quello che è successo in campo tra Skah e Boutayeb». In quanto ad Antibo, è parso molto misurato: «Non cambia granché - ha detto - semmai sono i keniani a doversela prendere. Ho visto la registrazione della gara ed è evidente che i due marocchini si sono parlati. Chelimo ha ragione ad arrabbiarsi, all'antidoping era furibondo. A questo punto, se i keniani decidessero di non gareggiare sui cinquemila per protesta, potrei anche associarmi per solidarietà». Insomma, lo spirito olimpico è stato tradito. E gli atleti, che continuano ad essere la parte più pulita dello sport, faticano ad accettare. Possibile che i dirigenti a queste cose non pensino mai? Giorgio Barberis Tomba in bici: ospite da ieri al Villaggio, l'asso di sci è andato a consolare Antibo
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