La grande epurazione dei manager di Giulio di Roberto Ippolito

La grande epurazione dei manager di Giulio La grande epurazione dei manager di Giulio ROMA. E poi non ne rimase nessuno. 0 quasi. Uno dopo l'altro stanno perdendo la poltrona i manager di aziende dello Stato e enti pubblici legati all'ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti che ha passato la mano al socialista Giuliano Amato. La sequenza è impressionante. Ieri Luigi Cappugi è stato sostituito alla presidenza della Banca delle comunicazioni con Roberto Paolo Rossi. E pensare che fino a un mese fa era il consigliere economico più ascoltato da Andreotti e dai suoi uomini, come Paolo Cirino Pomicino, costretto a lasciare la guida del ministero del Bilancio. L'altro ieri, lunedì, Carlo Lavezzari si è visto sfilare la presidenza dell'Iritecna alla quale è stato promosso il vicepresidente operativo Mario Lupo. Ormai non conta più nulla che Lavezzari abbia l'ufficio accanto allo studio di Andreotti, in piazza in Lucina, o che l'annoveri fra i clienti del suo albergo a Cervinia. Tempi duri, insomma, per gli andreottiani. Le altre correnti democristiane rinfacciano mesi e mesi di strapotere. E mentre all'Iri dirigenti e notabili De si consultano sulle candidature per gli enti spa, l'operazione vendetta procede estendendosi anche ai vertici dei servizi segreti, Sisme e Sisde. Per attuare la grande epurazione vengono adottate le tecniche più disparate. Cappugi ha pensato bene di rinunciare all'incarico, ma forse non immaginava che le dimissioni sarebbero state subito accolte. Presentandole aveva proposto un incontro a Lorenzo Necci, commissario delle Fs a cui fa capo la Banca delle comunicazioni, per discuterne i problemi. Lavezzari invece ha dovuto abbandonare l'Iritecna per effetto delle dimissioni degli altri consiglieri di amministrazione. Il consiglio è così decaduto ed è stato rinnovato senza Lavezzari che era in continuo conflitto con Lupo e gli amministratori delegati. Analoga sorte era toccata subito dopo le elezioni di aprile a Domenico Palmieri, presidente dell'Enichem Anic. Nel suo caso, gli altri consiglieri di amministrazione si erano dimessi contestando l'affare del tubo d'oro, il collegamento fra impianti chimici con costi esorbitanti. Palmieri ha tentato di restare presidente dell'Anic Partecipazio- ni, ma è stato silurato anche da questo posto; unico compenso un incarico per occuparsi della qualità all'Eni. Anche un altro andreottiano, Tommaso Rea, ha ottenuto un parziale risarcimento. Rea è diventato presidente dell'Aet, un'azienda di telecomunicazioni, ma è stato costretto a lasciare la direzione della ricca Seat che è una divisione della Stet considerata !a cassaforte del gruppo perché pleura soldi a palate con le Pagine Gialle. A Mauro Leone invece è rimasta solo la presidenza dell'Inabanca: la vicepresidenza dell'Efim conquistata per lui da Andreotti si è dissolta a luglio. Stando così le cose, è ovvio che tremino gli andreottiani scampati. Che ne sarà per esempio di Luigi Benedetti, consigliere di amministrazione Enel, in sella dalla fondazione dell'ente? Domani o venerdì in seconda convocazione le assemblee di Iri, Eni, Enel e Ina, trasformati ih società per azioni, dovranno rifare i consigli. In ballo c'è innanzitutto la poltrona dei quattro presidenti. Amato sta trattando. Da più parti si scommette sulla conferma in blocco, magari a tempo determinato, di Franco Nobili, Gabriele Cagliari, Franco Viezzoli e Lorenzo Pallesi. Anche Nobili, amico di Andreotti da quarant'anni, può quindi ottenere il bis. E' difficile fare un'eccezione solo per lui; le altre correnti de potrebbero considerarlo una specie di... ostaggio. D'altra parte rimuovere Nobili significa trovare l'intesa sul successore: non è semplice con la confusione che regna nei partiti. Roberto Ippolito Andreottiani doc senza poltrone negli enti di Stato mentre le correnti sperano in una nuova spartizione A sinistra Franco Nobili In basso da sinistra Carlo Lavezzari Domenico Palmieri e Luigi Cappugi A sinistra in basso Mauro Leone ex vicepresidente dell'Efìm

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