Cercasi con urgenza un Pisciotta iracheno di Igor Man

Cercasi con urgenza un Pisciotta iracheno DIARIO ARABO Cercasi con urgenza un Pisciotta iracheno IO si cura di ciò che sta in alto, Saddam si cura di chi sta in basso»insomma: il raiss ha a cuore le sorti del suo popolo; lo ha detto un giovine studente iracheno intervistato per la strada dalla tv nella trasmissione dal vivo che fa da codicillo al programma «Miraggio e Realtà». Codesta «serie» (15 puntate), nel secondo anniversario dell'invasione del Kuwait, ha ribadito la tesi della «naturale appartenenza» dell'Emirato all'Iraq. Perfino «i traditori», dice la tv, si rifiutano driconoscere la sovranità deKuwait. Una volta tanto la propaganda non mente: nella loro stragrande maggioranza gli esuli iracheni considerano il Kuwait una creatura del colonialismo britannico; disprezzano «la corrotta, egoista, rapace famiglia al Sabah», anche se giurano che Saddam è «odiato da sempre» per aver negato agli iracheni il bene supremo della libertà. Che Saddam sia un dittatore senza scrupoli (assiro-babilonese) lo andiamo scrivendo da anni, lo abbiamo sempre sostenuto anche quando un po' tutti esaltavano in Saddam «lo strenuo difensore della ragione di fronte all'oscurantismo khomeinista»Abbiamo, .dunque, le cartin regola per scrivere chSaddam Hussein, terribilimpiccatore di ebrei e di «comunisti», era universalmente odiato prima del 2 di agosto del 1990. E' vero chquando le truppe americansembrava stessero per arrivare a Baghdad, nella notte che precedette l'alba della grande delusione, le donne pigiavano sui pedali della macchina per cucire affannandosi a confezionare bandiere americane. Ma oggidue anni dopo, in un Paese dove il 70 per cento della popolazione ha meno di 30 anni, oggi coloro che odiano idittatore non sono più maggioranza. Anche quelli che non l'amano anziché vedere nel bulinismo territoriale dSaddam la fonte della loro disgrazia ne fanno colpa aglStati Uniti «e ai suoi crudelsatelliti». Questo perché gliracheni, giustappunto, rivendicano la diciannovesima provincia, cioè il Kuwait; questo perché l'em bargo viene sentito alla stregua di una spietata ingiustizia che ha provocato, fra l'altro, la morte di decine di migliaia di bambini: per denutrizione, per mancanza di medicine. A Baghdad nel secondo anniversario dell'improvvida spedizione in Kuwait, si respira, diffuso, un sentimento di rancoroso disprezzo verso gli Stati Uniti, verso l'Occidente. Grazie a un'abile propaganda che fa leva sull'orgoglio nazionale, la gente è convinta che Bush voglia ridurre allo stremo l'Iraq «per il bene d'Israele». Gli iracheni odiano la guerra che li perseguita oramai dal settembre del 1980, quando Saddam invase l'Iran, epperò giurano che se attaccati sapranno difendersi, ed appaiono, in generale, convinti che nel deserto, in città, i marines avrebbero vita difficile. Stando così le cose non stupisce il fatto che Saddam, sotto l'occhio ammirato del popolino, sguazzi maoisticamente nel Tigri a ricordo di quando, ' trentatré anni fa, lo attraversò, ferito, per rifugiarsi in Siria dopo il fallito attentato a Kassem. A Baghdad si è convinti che Bush, in grave perdita di velocità, troverà il pretesto per bombardare l'Iraq «verosimilmente in ottobre». Può darsi che sia così ma non sarà certo la morte di inermi civili, vittime fatali delle solite bombe intelligenti, a segnar la fine di Saddam. Soltanto un Pisciotta iracheno potrebbe far fuori il dittatore mentre un bombardamento sbagliato può innalzare al sommo di tanti cadaveri una vittima illustre: George Bush. «Cercasi Pisciotta iracheno», dunque, ma in Iraq l'intelligence degli Usa non è mai riuscito a varcare la soglia del Palazzo. E tuttavia il Corano (XLII, 17) ammonisce: «Chi ti farà sapere se, per caso, l'ora non è vicina?». Igor Man lan |

Persone citate: Bush, George Bush, Kassem, Pisciotta