E ora arriva la carica dei baldi cinquantenni di Augusto Minzolini

E ora arriva la carica dei baldi cinquantenni E ora arriva la carica dei baldi cinquantenni QUESTA VOLTA SI RIBELLANO I RAS LOCALI ROMA. Chi l'avrebbe mai detto. Eppure ieri Vincenzo Scotti è salito sul palco di palazzo Sturzo e senza fare troppi complimenti ha sparato sui vecchi che governano il partito, su quelli che ha definito «gli amici di San Ginesio»: ad Arnaldo Forlani ha detto di andarsene e con Ciriaco De Mita forse è stato anche meno gentile. Né ha risparmiato il suo ex-capocorrente Antonio Gava, definito di fatto quasi un bugiardo: «Io - ha raccontato in pubblico - quando sono diventato ministro ho accettato la regola dell'incompatibilità perché Antonio mi aveva detto che sarebbe stata accompagnata anche da un forte ricambio al vertice del partito. Ma poi Forlani le dimissioni le ha ritirate...». A quel punto i vecchi hanno reagito: seduto in seconda fila sotto il palco un Gava, nero in volto, ha detto in orecchio a Carlo Bernini, ex-ministro dei Trasporti, «Enzo è un bugiardo»; mentre De Mita ha commentato la fine dell'intervento dell'exministro con una battuta al vetriolo pronunciata al microfono: «continua davvero a fare troppo caldo». Eppure Scotti, che non è un cuor di leone, è andato avanti nel suo attacco ai vecchi del partito: «Quello che ho raccontato ha ripetuto nei corridoi del Palazzo - è tutto vero, è Antonio che sbaglia». Né l'abbraccio finale tra lui e Gava deve confondere: i dorotei sono abituati da sempre a baciarsi in pubblico e a dirsi peste e corna in privato. Ma Scotti ieri non è stato l'unico colonnello de che si è ribellato ai vecchi capi del partito. La stessa cosa ha fatto, sia pine con parole meno brutali, Guido Bodrato strappando alla platea tanti applausi. E oggi dovrebbe essere la volta di Mino Martinazzoli, di Franco Marini, di Calogero Marinino, sempreché la vecchia politica della «mancia» (l'espressione è di Scotti) non faccia venire meno all'ultimo momento il coraggio a qualcuno, magari dietro la ricompensa di una vicesegreteria o quant'altro. Sembra incredibile, ma per la prima volta gli uomini di seconda fila, quei personaggi che nella de sono invecchiati facendo la spalla ai grandi capi, sono insorti e alla fine, inaspettato, potrebbe scapparci fuori anche un Midas democristiano: da qui a tre mesi potrebbe ripetersi nella de quello che successe in un comitato centrale socialista nel '76, quando in 48 ore Bettino Craxi e un gruppo di colonnelli pensionarono tutti i vecchi del partito. Questa «ribellione», però, non è frutto di un progetto chiaro, né di un piano preciso. Anzi, ci sono molte diversità, punti di vista, aspirazioni che dividono i ribelli. A legarli, probabilmente, in qualche maniera è un sentimento: la paura. «Già la paura - ha spiegato più di ima volta in queste settimane di disastri de Franco Marini in termini brutali - che quando arriverà il nostro turno non ci sarà nessun partito, nessuna eredità da dividere». Forse è proprio questo il punto, cioè il rischio che dopo l'era dei Forlani, dei Gava, dei De Mita e degli Andreotti, non ci sarà nessun altra era de. Ecco perché i margini di confronto, la capacità di intendersi tra i capi e i loro secondi si stanno assottigliando: i capi, infatti, continuano a promettere ai loro "secondi la giuda del partito in un futuro che non sembra esserci più. E questa sensazione di impotenza fatale ha spinto gente che per anni ha accettato il volere dei vecchi, a dire per la prima volta «no». Se Scotti lo ha detto a Gava, ieri mattina Bodrato e Martinazzoli lo hanno detto a De Mita davanti a tutte le truppe della sinistra de riunite all'hotel Leonardo da Vinci. L'ex-segretario de è arrivato con l'intenzione di svolgere una lezione di politica nella quale non ha dimenticato di citare tutti i principi del «De Mita-pensiero». Ha detto: «La candidatura della sinistra non significa una faccia o una persona»; «il raccordo degli scontenti non va bene»; «senza una linea politica tutto si riduce a scontro di potere»; non dimenticando, in ultimo, di chie- WfiiSai : ari .1 ioj te! dere ai suoi «più umiltà». Ma questa volta «i ribelli» hanno alzato la voce più del solito. Martinazzoli è rimasto sulle sue posizioni, ha chiesto «una distinzione» dalla maggioranza del partito e ha contestato «un'unità in cui decidono solo tre persone», cioè Forlani, Gava e De Mita. Non meno deciso è stato Bodrato: nella riunione della corrente ha preso le distanze da De Mita e la stessa cosa ha fatto in consiglio nazionale. A spingere un uomo così prudente a dire «basta», a sparare contro ogni «rinvio» è la paura che «tra 6-8 mesi la de non possa esserci più». «Qui - ha spiegato - qualcosa bisogna fare. L'altro ieri all'aereoporto di Milano incontrando un cardinale gli ho detto: "purtroppo lo Spirito Santo ci ha abbandonato". Lui mi ha risposto: "Siete voi che lo avete abbandonato". Ma come si fa ad ignorare questa situazione? Se Forlani proprio non vuol dimettersi, se proprio non vuol mandare alla periferia quel segnale di cui ci sarebbe bisogno, qualcos'altro in ogni caso bisognerà fare. Non possiamo lasciare alla gente il ricordo di tre mesi d'in¬ certezza, con Forlani che sulle sue dimissioni date e ritirate ha fatto la parte del carabiniere della famosa barzelletta che controllando il funzionamento della lampadina della freccia di un automobile, dice: "funziona...non funziona...funziona..."». Sì, ormai siamo quasi allo scherno dei vecchi. E loro come reagiscono a questo processo che qualcuno gli sta intentando contro? Come al solito. Mandano avanti i loro pretoriani: così, per De Mita, Tabacci ha già detto ieri che «la nomenklatura» nella de non esiste, mentre, per Forlani, Sandro Fontana ha tacciato i ribelli come dei «segaioli, velleitari». Eppoi naturalmente tentano di dividere gli avversari con le promesse. Augusto Minzolini A fianco l'onorevole Guido Bodrato «Ora servono delle azioni concrete»

Luoghi citati: Milano, Roma, San Ginesio