Santi e draghi all'avventura

Santi e draghi all'avventura Aosta, cento disegni italiani dal museo Puskin Santi e draghi all'avventura tEtì] AOSTA H ELLA quiete della chiesa » di Saint-Ben in sfilano I Uomini Santi e Draghi: ± 11100 disegni antichi italiani del Museo Puskin di Mosca. Resteranno esposti fino all'O novembre. Un percorso di quattro secoli: dall'ambiente del Mantegna alla fine del '400 fino a Giacomo Guardi, il figlio e continuatore di Francesco nelle vedute veneziane per turisti, morto nel 1835. Questi, sul retro del foglio, segna addirittura l'indirizzo: «Il recapito all'Ospedaletto in calle del Peruchier al N. 5245 di mandar Giacomo Guardi». Il foglio, con un percorso relativamente breve nel tempo (e forse diretto), giunse alla collezione ottocentesca dei principi Barjatinskij, di lì al primo museo pubblico di Mosca, il Rumjancév, e infine nel 1924 al Puskin. Che dire del foglio mantegnesco? Seguiamone la storia attraverso i marchi di proprietà. Dopo una oscura vita presumibilmente nell'Italia del Nord (ma già il solo fatto di essere stato conservato- e l'ottima condizione denotano attenzione e rispetto) nel secondo '600 è in mano al milanese padre Sebastiano Resta, il grande collezionista ed esperto che lasciò all'Ambrosiana il famoso «Codice Resta». Il foglio emigra poi nell'Inghilterra settecentesca di Horace Walpole e di Uvedale Price, ed è certo ammirato come squisito esempio di stile «primitivo». Entra a far parte dell'album acquistato a Parigi nel 1906 dal principe Pavel Dolgorukov - in questi intricati percorsi sboccanti nella Russia imperiale ci imbattiamo in ogni momento nei grandi nomi tolstoiani - e approda infine al Rumjancev e al Puskin. II foglio è isolato sul bianco pannello come una gemma preziosa della mostra. L'ambiguità straordinaria di quell'asciutto nudo efebico, che fustiga con un ramo strappato (oscuro emblematismo) il piccolo drago avvinto ad un tronco d'albero, propone il raro equilibrio fra un ultimo respiro goticheggiante il mantello come un nastro intrecciato, il viluppo araldico di drago e di tronco - e il particolare classicismo nordico che corre da Mantegna fino al Bramantino. Detto questo, è però pur sempre vero che il visitatore che lo vorrà potrà seguire sul catalogo Fabbri, foglio a foglio, scheda a scheda, gli straordinari labirintici percorsi fra tempo e spazio, dai grandi centri italiani del '500, del '600, del '700 alla Russia fra '800 e '900; e li vedrà riconcentrati, quei percorsi, in questo ritorno in un'estremità della patria, dopo secoli. Ne trarrà comunque arricchimento, al di là dei preziosi privati-messaggi del Rosso Fiorentino e di Giulio Romano, di Perin del Vaga e del Parmigianino, del Cambiaso e del Veronese, dei Carracci e di Guido Reni, del Guercino e del Bernini, dei Tie- polo e dei Guardi; e ne trarrà anche un sottile senso di vertigine, di intrico spaziotemporale che trasforma ogni foglio in una sorta di avventuroso viaggiatore. Si incrociano, si incontrano, si allontanano di nuovo nella magica dimensione di un collezionismo, italiano ma poi soprattutto francese, inglese, russo, unito dalla venerazione e dal sogno della patria indiscussa «delle arti del disegno». L'ottima curatrice della mostra, Marina Maiskaya (che ricorda la presenza al Puskin dopo il 1948 anche di disegni italiani contemporanei: Modigliani, Carrà, De Chirico, Casorati, provenienti dal Museo della Nuova Arte Occidentale) apre la prefazione al catalogo con la testimonianza dell'Armenini, a Roma nel 1556, sulla vendita di un blocco di disegni di Perin del Vaga a Jacopo Strada: «Avvenimenti, simili a quello descritto dall'Armenini, dettero l'avviò ai "viaggi" dei disegni italiani nel tempo e nello spazio, attraverso secoli e Paesi». Perino, cardine dell'eredità raffaellesca nella grande decorazione del '500, è presente con uno stupendo studio a gessetto e acquerello per la cappella Pucci in Trinità dei Monti a Roma. Fa parte di una sequenza dedicata alla prima stagione del Manierismo, con Bandinelli, Giulio Romano, Rosso, l'altro allievo di Raffaello Luca Penni e tre eccezionali fogli del Parmigianino. Altra bellissima serie è quella dedicata al maturo Manierismo del Nord (Giulio Campi, Battista Franco, Lelio Orsi) oltre a fogli veneziani di grande qualità dello Schiavone e di Paolo Farinati, l'uno per una incisione l'altro per Palazzo Giullari a Verona. Poi di nuovo il percorso del tardo Manierismo piega versò il Centro Italia, con fogli bellissimi di Taddeo e Federico Zuccari e la sequènza toscana di Maso da San Friano, Naldini, l'Empoli, il Cigoli. Ho ammirato l'intelligenza critica e conoscitiva della Maiskaya nel riconoscere al Cerano un foglio attribuito a Polidoro da Caravaggio. E di nuovo per personali ricordi mi colpisce il massimo esempio di queste incredibili avventure e incroci di percorso. Fra i più fecondi disegnatori del '700 bolognese vi furono Ubaldo e Gaetano Gandolfi. Ubaldo dipinse nel 1775 per la cappella Avogadro della Motta nel Duomo di Vercelli il Ritrovamento della Croce. Del drointo sono oggi noti quattro disegni preparatori e uno schizzo: due in collezioni private milanesi, uno nell'illustre sede del Gabinetto dei Disegni degli Uffizi. Gli ultimi due hanno seguito impensabili percorsi: uno è finito nella Pinacoteca di Vantilo Sesia, forse per qualche tramite locale dalla pianura ai monti di Gaudenzio e di Tanzio; l'altro, tramite un collezionista russo di questo secolo, Aleksej Korostin, è arrivato al Puskin nel 1969. Marco Rosei Ubaldo Gandolfi: «Sant'Etera inginocchiata davanti alla croce». La mostra di Aosta testimonia quattro secoli: dal Mantegna a Giacomo Guardi morto nel 1835.