Ma questo sindacato sa chi rappresenta?

Ma questo sindacato sa chi rappresenta? I NOSTRI SOLDI Ma questo sindacato sa chi rappresenta? I SIA permesso di . esprimere tutta l'indignazione (almeno, una sua parte, per non incorrere nel turpiloquio) che mi ha preso nel leggere su "La Stampa" del 30 luglio l'articolo: "I puzzoni, una maggioranza silenziosa", dove si afferma, per bocca di sindacalisti "di chiara fama" (si dice così?), che "almeno il 70-80% degl'italiani non paga le tasse". Sono un lavoratore dipendente, e come me lo sono il 70 per cento (questo sì) dei lavoratori italiani, i quali com'è noto a tutti (e tanto più dovrebbe esserlo ai signori sindacalisti) le tasse non solo le pagano, ma ci pensano per loro, in anticipo, i rispettivi datori di lavoro, trattenendole dalle buste paga. Sono soldi, quindi, che nemmeno sfiorano le nostre tasche. E' vero che tra questo 70 per cento di lavoratori dipendenti sono numerosi (ma non moltissimi) quelli che svolgono altre attività retribuite (non parlo di quelli che curano il loro fazzoletto di terra in campagna, nei fine settimana). Ma, anche tra chi svolge una "seconda attività", di un certo tipo, c'è chi, alla vigilia della dichiarazione annuale dei redditi, riceve i cosiddetti "sostituti d'imposta" nei quali gli occasionali datori di lavoro indicano, fino all'ultimo centesimo, le somme corrisposte e che andranno denunciate, a scanso di controlli incrociati e loro conseguenze. Senza contare il versamento, durante l'anno, dell'Iva, relativa a quelle, saltuarie, prestazioni di lavoro. Allora, come si può affermare che il 70% degl'italiani non paga le tasse? Non solo è una falsa affermazione, non solo si feriscono, con essa, quei milioni di lavoratori che le tasse le pagano, ma si fornisce al "giaguaro" la scusa "morale" per alimentare, volendolo, il già pesante carico fiscale». Questa lettera (firmata, «con indignazione», dal signor F. B.) mi è giunta, via fax, da Bologna, non del tutto inattesa. Anch'io, ovviamente, avevo letto quelle dichiarazioni «sindacali» assolutamente sbalorditive, anche se alcune si riferivano ad altre categorie di contribuenti i quali, non avendo, a monte dei loro emolumenti, agenti così solerti del fisco quali i datori di lavoro, possono non essere, o, meglio, non hanno l'obbligo di essere tanto scrupolosi. Va detto, però, che oggi, fra registratori di cassa, libri contabili e così via, nemmeno i commercianti, gli artigiani, i liberi professionisti, possono essere tanto «puzzo ni» (come si esprimevano, as sai poco elegantemente, gl'intervistati). Comunque, se guardiamo alle cifre, dobbiamo prende re atto, infatti, che i lavora tori dipendenti sfiorano il 72% degli occupati (71,7 nella media 1991), per complessivi 15 milioni e mezzo di persone su 21 milioni 600 mila occupati circa. Ma, quando si parla di tasse, occorrerebbe, almeno ogni tanto, ricordarsi che ci sono le imposte dirette (sui redditi) e quelle indirette (sugli affari, la produzione, i consumi). Prima della riforma tributaria dell'inizio Anni Settanta, su 100 lire di entrate fiscali in senso stretto (contributi sociali, cioè, esclusi), 69 provenivano dalle imposte indirette e 31 lire dalle dirette. Dopo la riforma la proporzione si è capovolta: nel 1991 su 100 lire, 45 sono state incassate dal fisco con le imposte indirette (Iva e benzina innanzi tutto, rispettivamente con 73.155 e 33.681 miliardi) e 55 lire con le imposte dirette (Irpef su tutto, con quasi 123 mila miliardi). E, questo, tra l'altro, dimostra quanto sia migliorata, benché piena ancora di buchi, la «rete fiscale», ma ci dice anche che almeno le imposte indirette le pagano in buona parte anche gli evasori: quando fanno il pieno di benzina, quando saldano i conti per i quali viene rilasciato lo scontrino, quando sottoscrivono i Bot o riscuotono le cedole dei Btp e dei Cct. In conclusione: da vent'anni questa rubrica non perde occasione per tuonare (chiedo scusa, volevo scrivere «pigolare») contro gli evasori. Tanto più si sente in dovere di ospitare una voce di protesta quando l'accusa di «evasore» viene indiscriminatamente, e direi pesantemente, rivolta a coloro che le imposte le pagano, direi, almeno al 90%. Per vederci chiaro «Fino a ieri il calcolo dell'interesse effettivo di un mutuo o di un prestito (essendo noti capitale, numero, frequenza e importo delle rate) richiedeva l'uso, non sempre agevole, delle tavole finanziarie ed eventuali interpolazioni. Oggi, grazie all'informatica, questi calcoli sono possibili in pochi secondi. Mi chiedo se un'associazione consumatori o la Sip non possano istituire un servizio di piccola consulenza finanziaria», propone il signor Francesco Marino, di Torino. Giro volentieri la proposta a chi ne fosse interessato; non vorrei, però, che prevalessero i consigli di chi ritiene sia sempre pericoloso aiutare il pubblico a vederci chiaro. Mario Salvatorelli Bili

Persone citate: Francesco Marino, Mario Salvatorelli Bili

Luoghi citati: Bologna, Torino