Baghdad, proclami di guerra e agguato a un casco blu di E. St.

Baghdad, proclami di guerra e agguato a un casco blu GOLFO Dopo l'esecimone di 42 «pescecani», i commercianti terrorizzati bloccano gli scambi con Amman, penuria in vista Baghdad, proclami di guerra e agguato a un casco blu A 2 anni dall'invasione il regime alza il tono: ci riprenderemo quello che è nostro BAGHDAD. Un aggressore rimasto sconosciuto ha sparato ieri contro un soldato delle Nazioni Unite di guardia davanti a un albergo di Baghdad, senza però colpirlo. Lo si è appreso da fonti diplomatiche arabe in Kuwait. Il militare, di nazionalità cecoslovacca, era di guardia di fronte all'albergo «Palestina» dove risiedono alcuni esperti dell'Onu attualmente in Iraq per svolgervi ispezioni. L'episodio si inquadra nel clima di tensione maturato nelle ultime settimane nella capitale irachena fra le autorità e il personale delle Nazioni Unite, dopo il braccio di ferro per l'ispezione al ministero dell'Agricoltura dove si riteneva fossero custoditi piani segreti degli armamenti iracheni. Da Amman, uomini d'affari giordani hanno fatto sapere che i commercianti iracheni, terrorizzati dall'esecuzione di 42 loro colleghi accusati dal governo di speculare sui prezzi dei beni di prima necessità, hanno bloccato quasi tutte le importazioni di merci nel Paese. Secondo le fonti, il traffico nella zona franca di Zarqa, 50 chilometri a Sud di Amman, dove abitualmente transitano grossi quantitativi di viveri e altri generi di prima necessità non sottoposti all'embargo Onu all'Iraq, è ormai praticamente inesistente. «I commercianti iracheni ci hanno detto che anche se potessero ottenere le merci gratuitamente non sono pronti a rischiare la vita o l'incarcerazione», ha riferito un esportatore giordano. «Ciò po¬ trebbe provocare una penuria alimentare in Iraq a breve scadenza». Sulle fucilazioni di commercianti, è stata avanzata l'ipotesi che false accuse siano state loro rivolte per poter legalmente confiscare i loro magazzini a beneficio dell'entourage di Saddam. A Baghdad nel secondo anniversario dell'invasione del Kuwait la stampa contina a martellare sul tema dell'Emirato che «un giorno tornerà ai suoi veri proprietari», che sono gli iracheni. Il governativo «al-Joumhouriya» scrive che «l'invasione del 2 agosto aveva corretto un errore storico». L'organo delle forze armate «al-Qaddissiya» sostiene che «il Kuwait, come confermano la storia e la geo¬ grafia, sa bene di essere stato e di essere ancora una provincia irachena, in quanto estensione naturale della provincia di Bassora». L'ex Primo ministro Saadoun Hammadi in un'intervista pubblicata da «al-Thawra», organo del partito Baath al potere, ha detto che «Gran Bretagna e Stati Uniti conoscono bene la verità sul Kuwait e sulla sua appartenenza alla nazione madre, l'Iraq», e ha definito i membri della famiglia al-Sabah - fondatrice dell'Emirato e tuttora al potere - «agenti di Washington e di Londra, utilizzati per creare una situazione di confronto con l'Iraq dopo che questo era apparso in tutta la sua potenza militare all'indomani della guerra con l'Iran». Il quotidiano «ai-Iraq» sostiene invece che «l'aggressione contro l'Iraq era mirata a danneggiare i progressi iracheni sia sul piano dell'istruzione sia su quello dello sviluppo e non nell'interesse dei regnanti imposti sul Kuwait». La crisi con l'Emirato, prosegue il giornale, «non è stata causata da ragioni economiche o da contrasti sulle frontiere, ma ha rappresentato il rifiuto di un'ingiusta realtà imposta all'Iraq dalle potenze imperialiste, in particolare la Gran Bretagna, che voleva indebolire la posizione geografica dell Iraq sottraendole il suo unico sbocco al mare che passa proprio attraverso il Kuwait». Nonostante ciò, scive ancora «ai-Iraq», «il Kuwait continuerà a vivere nella coscienza e nel cuore di ogni iracheno, la coscienza e la terra del Kuwait resteranno iracheni». [e. st.]

Persone citate: Saadoun Hammadi