«Andrei anch'io tra gli operai per difendere quella firma» di Alberto Papuzzi

«Andrei anch'io tra gli operai per difendere quella firma» VITTORIO FOA IL SI' SOFFERTO DI UN GRANDE «Andrei anch'io tra gli operai per difendere quella firma» U ROMA N sindacalista in pensione e il caso Trentin. Soltanto che il pensionato è Vittorio Foa, ottantadue anni, deputato alla Costituente, dirigente della Cgil, una vita a sinistra, con Di Vittorio e Novella, Togliatti e Nenni. A Bruno Trentin è legato da un'amicizia che risale agli anni duri del sindacato. Nonostante l'amicizia, spesso si sono trovati in contrapposizione, per esempio ai tempi dell'autunno caldo. Questa volta, invece, Foa è solidale con Trentin. «E' una vicenda - dice - che io penso non si debba drammatizzare». Ma lei, Foa, avrebbe firmato questo accordo? Avrei firmato anch'io. Senz'altro. Pur sapendo che è un accordo cattivo. Come sono sempre cattivi per i lavoratori gli impegni di tregua sindacale. Allora perché firmare? Per l'unità sindacale e, soprattutto, per dare segnali visibili sulla linea di un risanamento economico e finanziario. Avrebbe anche dato le dimissioni? Effettivamente c'è stato un travalicamento del mandato ricevuto. Penso che avrei messo il mio incarico a disposizione dei miei elettori. I mandati non vanno osservati? I mandati vanno certamente osservati, salvo in caso di estrema necessità. Questo è un caso di estrema necessità? Ci troviamo in un quadro politico in cui l'irresponsabilità è dominante. I governi Andreotti, i governi quadripartito ci hanno portato al dissesto economico. Aver accettato una tregua salariale è da parte del sindacato un forte e importante segnale di rinnovamento. Che cosa ci guadagna il sindacato? Acquista i titoli per richiedere un'effettiva politica dei redditi senza sperequazioni. II governo Amato meritava questo atto di fiducia? La Cgil si è trovata di fronte a un I presidente del Consiglio che ha detto: io non farò come Craxi nell'84, non farò cioè un accordo separato. Se non ci state tutti, io me ne vado. Con tale presa di posizione, il soggetto lavoro diventa decisivo ai fini di una politica di risanamento. E la Confindustria meritava il credito del sindacato? La mia impressione è che la Confindustria abbia seguito una politica vendicativa, cercando di utilizzare la situazione di emergenza economica e di incertezza politica per vincolare stabilmente l'iniziativa sindacale. E questo è deplorevole: quando si fa un accordo bisogna farlo senza prendere per il collo l'avversario. Quali garanzie ha in mano il sindacato? Il sindacato ha conseguito l'autorità morale per rivendicare una seria politica dei redditi. Le garanzie sono da conquistare. Questo è un problema aperto. Ma un sindacato che rinuncia alla contrattazione non fa harakiri? Intanto si tratta di una sospensione temporanea e poi bisogna vedere che cosa vuol dire tregua. Vuol dire che le forze imprenditoriali faranno quel che vogliono? Io non credo. Siamo in una fase di ristrutturazione che ha dei riflessi sui sistemi retributivi: questi sistemi retributivi saranno negoziati o no? Ecco il problema da chiarire. Trentin è stato capace di rappresentare la base. Le dimissioni significano una frattura col passato? E' una frattura che penso non resista al tempo. Rientrerà con le prime brezze autunnali. Gli autorevoli sindacalisti della maggioranza che nella direzione della Cgil hanno votato contro Trentin io li conosco bene, sono persone serie e responsabili, e sono convinto che il processo di unità sarà più forte delle divisioni. Quindi pensa che Trentin debba restare? Io credo che la direzione di Trentin sia indispensabile per la Cgil e credo che ciò sia universalmente riconosciuto. Ma Trentin non ha finito per essere ambiguo, firmando e dimettendosi? Nell'esperienza sindacale mi sono convinto - e l'ho anche scritto - che può esserci un'ambiguità positiva: quando faccio una scelta non è detto che l'alternativa scartata scompaia del tutto. Ciò vuol dire rispettare le posizioni degli altri. Perciò Trentin firma, ma paga. Si tenga conto che ha dato le dimissioni prima di firmare. Avrebbe potuto, a quel punto, non firmare: invece lo ha fatto, come atto di grande responsabilità, che io confronto con l'irresponsabilità che quoti- dianamente ci circonda. Però Occhetto ha detto che Trentin è stato ricattato dal governo, svalutando la sua scelta... Occhetto è il segretario del partito cui io appartengo, ma ha tutto il diritto di pensarla diversamente da me. E perché Occhetto ridimensiona Trentin? Io penso che non abbia apprezzato tutta la gravità della situazione economico-finanziaria. Trentin è l'ultimo dei dirigenti sindacali che ha lavorato con Di Vittorio. Era più semplice fare il sindacalista allora? Io, Lama e Trentin siamo i tre sindacalisti, ancora vivi, che hanno lavorato di più con Di Vittorio. Allora erano diverse le difficoltà che dovevamo affrontare, trovandoci di fronte a governi e imprese fortemente aggressivi. I nuovi sindacalisti che identità hanno? La generazione dei prossimi dirigenti sindacali avrà come punto di riferimento non una calda fedeltà a delle idee ma la capacità di vivere i cambiamenti e affermarne i valori. Questa vicenda non allontana il sindacato dalla gen¬ te, dalla base? Sono persuaso che se oggi ci fosse un referendum per sapere se il sindacato è utile, necessario eccetera, la grande maggioranza della gente si pronuncerebbe a favore del sindacato e anche a favore dell'unità sindacale. E' chiaro che il sindacato è tante cose: è uno strumento di lotta, di garanzia, di tutela, di cooperazione. Dipende dalle circostanze. Ma di lotta lo è ancora? E' indubbio che da qualche tempo in qua la componente lotta è diminuita in favore della cooperazione. Ma non è un fatto strut¬ turale, sono le circostanze storiche che ci determinano, come sempre. La componente conflittuale si è fortemente attenuta ma questo non significa la sua scomparsa e le imprese farebbero bene a non farsi delle illusioni. Che cosa vuol dire oggi essere di sinistra? Ci sono molte risposte. Io ne dò una: essere di sinistra significa pensare non solo a se stessi e all'oggi ma agli altri e al domani. Di fronte al dissesto economico essere di sinistra non significa difendere gli interessi di questo o quel gruppo e neanche difendere gli interessi della propria organizzazione; ma si è di sinistra se si vuole che la situazione economica venga risanata, perché chi paga il dissesto sono sempre i più deboli. Ma lei Foa andrebbe nelle fabbriche a spiegare perché era necessario firmare l'accordo? Il vero guaio di questo accordo è il fatto di averlo firmato il 31 luglio, con fabbriche aziende uffici chiusi. Sarebbe necessario discuterlo subito. Io so che andare a spiegarlo nel mio ambiente sarebbe difficile. Ma so che sarebbe il mio dovere. Del resto questo è il significato del gesto di Bruno Trentin. Alberto Papuzzi Ora i lavoratori hanno recuperato l'autorità morale per chiedere equità In basso Bruno Trentin Accanto da sinistra Pietro Nenni e Palmiro Togliatti Nella foto a sinistra Vittorio Foa, uno dei capi storici della Cgil, già deputato della Costituente

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