Damilano battuto con onore di Giorgio Barberis

Damilano battuto con onore Nella 20 km di marcia trionfa lo spagnolo Plaza, il cuneese lascia il bronzo a De Benedictis Damilano battuto con onore Ha saputo reagire a una crisi nel finale BARCELLONA DAL NOSTRO INVIATO In una giornata inaugurale ricca di sorprese, è avvenuto il passaggio delle consegne: Maurizio Damilano, per dodici anni sinonimo della marcia in Italia e all'estero, è finito a ridosso del podio sul quale è salito invece Giovanni De Benedictis, ormai maturo per raccogliere la pesante eredità di una disciplina che negli anni ha proposto grandissimi campioni come Frigerio, Dordoni, Pamich fino a Damilano, capace di vincere l'alloro olimpico a soli 23 anni, a Mosca, eppoi di restare al vertice per oltre un decennio dimostrando di non essere fenomeno passeggero ma eccezionale interprete di questa disciplina. Probabilmente il più grande, vista l'epoca che brucia gli atleti con il terribile ripetersi di avvenimenti in cui si è sempre chiamati a dare il massimo. Sul podio, quel podio che Damilano, e tutti noi con lui, ha pensato di poter scalare per l'ennesima volta con un'avvio di gara splendido, è salito così un'uomo di casa, Daniel Plaza, barcellonese ma senz'altro meno amato del suo concittadino Valentin Massana, per il quale gli spettaori del Montjuich si sono disperati ed hanno fischiato a lungo quando, a un paio di chilometri dalla fine mentre era secondo e in piena rimonta, i giudici hanno decretata la squalifica. A quel punto Damilano era già dietro a inseguire. Il mal di fegato l'aveva messo ko, inaspettatamente, tra l'ottavo e il decimo chilometro. E soltanto un campione grande poteva stringere i denti come ha fatto Maurizio, tirare avanti cercando di limitare i danni, mentre i due spagnoli e il canadese Le- blanc erano sempre più lontani ed anche De Benedictis lo superava per non farsi poi più riprendere. Vittoria inattesa di Plaza, dunque, con il temuto Shennikov lontano e dramma del cinese Mingcai Li che, dopo 12 km, improvvisamente barcollava e stramazzava a terra, per essere poi portato via in barella in stato di completa disidratazione. E sorprendente risultato nell'altra finale, quella del peso, dove lo svizzero Guenthoer è rimasto fuori dal podio e il titolo è andato allo statunitense Stulce, nome decisamente nuovo, che ha preceduto il connazionale Doehring e il russo Likho. Due azzurri, Zerbini e Andrei, sono rimasti d'un pelo fuòri dalla' finale: bravissimi nelle qualificazioni del mattino, non si sono ripetuti nei primi tre lanci del pomeriggio, finendo rispettivamente nono e undicesimo. Gli italiani, comunque, possono andare soddisfatti della loro prima giornata che fortunatamente non ricorda quella Mondiale di Tokyo, esaltata dall'oro di Damilano ma tristemente premonitrice nelle altre gare delle delusioni che si sarebbero poi susseguite nei giorni. Antibo, il cavallo di razza su cui non si può fare a meno di puntare, ha mostrato tutta la sua rabbia e la sua voglia di cancellare le amarezze dell'ultimo anno. Caparbio è andato in testa a sollecitare l'andatura nella sua batteria dei diecimila, costringendo gli avversari a inseguirlo («Non volevo un ritmo troppo lento, ma piuttosto che gli altri si stancassero visto che io sono preparatissimo e il susseguirsi di turni, anche tirati, non mi spaventa»). Poi, quando ormai il gruppetto di testa si era ridotto a sette elementi, quanti cioè si qualificavano direttamente per la finale, e Skah lo ha affiancato chiedendogli perchè mai si affannasse tanto a giochi ormai fatti, si è lasciato passare ed ha concluso a fianco del marocchino, preannunciando così una «marcatura» della finale. «Gli avversari non li sottovaluto - ha quindi spiegato dopo il traguardo il siciliano - ma ciò che mi preoccupa maggiormente sono caldo e umidità. Perchè ho corso con là maglietta bianca? Beh, perchè è quella che mi porta fortuna». Incredibile e ineguagliabile Antibo. Puntare su di lui per lunedì è quasi un obbligo, un gesto di stima e di fiducia che gli spetta. Anche se Skah è avversario temibilissimo, anche lui «bruciato» - e in maniera ben differente dall'azzurro dalla finale dello scorso anno a Tokyo dove fu soltanto terzo. Bene anche la Brunet, di cui diciamo altrove, mentre tra le vittime illustri di giornata c'è da segnalare Christine Wachtel, da anni tra le migliori interpreti degli 800 (fuori anche la Trabaldo, che tuttavia si è difesa bene correndo sui suoi limiti) e l'ecatombe dei saltatori in alto, da Paklin a Moegenburg, da Grant a Saunders. Giorgio Barberis Ottimo esordio di Totò Antibo nelle batterie dei diecimila Nella foto grande una batteria dei 100 donne vinta dalla Ashford A sinistra Ben Johnson a destra Tbtò Antibo

Luoghi citati: Barcellona, Italia, Mosca, Tokyo