Ammainate la bandiera rossa

Ammainate la bandiera rossa Il cinema affronta la caduta del comunismo con tre film che saranno girati tra Testate e l'inverno Ammainate la bandiera rossa Maselli: viaggio fra le ceneri di un 'idea ROMA. La fine del comunismo, la crisi di valori clic- ne è conseguita, le incertezze: tra la fine dell'estate e l'inizio dell'inverno sono tre i registi che si preparano ad affrontare questo tema. Lo avevano già fatto, prima di loro, da prospettive diversissime, Nanni Moretti (con «Palombella rossa» e «La cosa») e Alessandro Benvenuti («Zitti e Mosca»). Ettore Scola sceglie la prospettiva dei rapporti privati c racconta la «Storia» della morte del comunismo attraverso la storia di una coppia; Francesco Maselli propone, seguendo i ripensamenti di un ex militante oggi ottantenne, -un viaggio lungo 45 anni, tutto al negati vo, all'interno del partito comunista italiano». Costa Gavras in «Piccola Apocalisse» descrive personaggi un tempo socialmente e politicamente impegnati, alle prese con il «crollo dei muri e dei regimi». \MANSANTE, spettinato, ™ appassionato, Francesco Maselli, mentre racconta, muovendosi irrequieto tra gli oggetti strani e bellissimi della sua casa, il significato, lo spirito, la trama del nuovo film, «Bandiera rossa», che si appresta a girare a partire dal prossimo novembre. Dopo aver dedicato gli Anni 80 a un cinema intimista, femminile, d'amore, il regista che ha esordito nel '49 con il documentario «Bagnnja, paese italico», torna a fare un film politico, che riprende il discorso lasciato aperto nel '75, ai tempi de «Il sospetto», protagonista Gian Maria Volontè. Spiega Maselli: «Il punto di partenza di questo nuovo lavoro è proprio quello, e il mio protagonista è idealmente lo stesso: un militante a suo modo eroico ed oscuro che gli spettatori ritroveranno oggi, all'età di ottant'anni, al termine di una lunga e faticosa carriera all'interno del pei». Ritorno all'impegno, quindi, ma anche desiderio di raccontare una vicenda vissuta con «grande, scoperta passionalità». Dice il regista: «Dopo undici anni di silenzio avevo ripreso facendo un cinema in cui prevalevano le storie, le emozioni, le persone; prima era diverso, partivo sempre da qualcosa che avevo in mente di vo- ler dire. Poi ho vissuto questo travaglio della scomparsa del pei, la grande amarezza del settembre '91 ad Arco: cose che mi hanno scombussolato nel profondo. Posso dire che il desiderio di questo nuovo lavoro si è manifestato proprio come era successo per "Storia d'amore": con lo stesso impulso perentorio, con un empito primario. Insomma, mi è venuto naturale parlare del pei: ci sto dentro dal '44, e ho voluto ripercorrerne la storia in tutta la sua drammaticità». Non avrà il volto di Volontè, questo signore anziano che rivede tutta la sua vita durante la lunga convalescenza seguita ad un infarto: Maselli ha intenzione di affidare la parte ad un attore straniero molto noto di cui per il momento non dice il nome. «La storia inizia nel '91: ospite nella casa della figlia, in un piccolo paese della provincia italiana, il protagonista assiste in televisione alla cerimonia del dicembre scorso, quella in cui è stata ammainata la bandiera rossa sul Cremlino. Da quel momento parte, e va avanti per diversi giorni e diverse notti, un ripensamento politico ed esistenziale che porta l'uomo a rivalutare e rivivere tutti gli errori di questo pei italiano: dalle corruzioni alle persecuzioni, alle manie puri¬ tane. Con pochissima pietas, viene analizzata quella "pedagogia democratica di massa" che ha guidato per tanto tempo le azioni del partito». Il primo dei tredici flash back che compongono il tessuto del film è datato agosto '43: «11 protagonista si trova sulla nave che lo porta da Ventotene ad Anzio; insieme con lui viaggiano, anche loro appena liberati, i massimi membri della direzione, Longo, Scoccimarro, Secchia. Per tutto il viaggio sono chiusi in riunione e solo al termine si rivolgono al militante, per dargli ordini secchi e preci¬ si. Quando l'uomo osa chiedere chiarimenti sulla "linea", viene raggiunto da sguardi di indignato stupore: la logica militare e la mentalità gerarchica del partito clandestino non prevedevano certo quel tipo di richieste». Autore del massimo impegno cinematografico e ideologico, capo attivissimo dell'Anac, l'associazione che raccoglie gli auton italiani, «di formazione ingraiana», sempre sulle barricate, anche ora che, dopo la morte del pei, non ha aderito al pds ma si sente vicino alle posizione di Rifondazione, Francesco Maselli spiega di voler prendere le distanze, con «Bandiera rossa», soprattutto da un certo tipo di mentalità: «La fine del film, che si sviluppa nell'arco di 40 anni, coincide con l'undicesimo congresso del partito, Suello che segnò la sconfitta egli ingraiani. E' in quell'occasione che per la prima volta si è rivelata quella cultura scettica e pragmatica che ha poi portato alla svolta. Il mio protagonista e i compagni che la pensano come lui s'interrogano in quell'occasione sull'opportunità di restare o meno dentro il partito. Decidono di restare, almeno fino a quando ci si continuerà a chiamare comunisti...». Come ne «Il posto delle fragole» di Bergman, il protagonista di «Bandiera rossa» è sempre vecchio, anche nei flash back che riguardano il suo passato 5invanite: «Ci saranno scene elle occupazioni delle terre; si rivivrà quello che io chiamo l'equivoco Berlinguer", cioè il fenomeno per cui i cosiddetti "berlingueriani" si sono poi comportati in modo esattamente opposto a quell'insegnamento; si vedrà come Ingrao sia sempre riuscito a mantenersi nroRCttuale e laico, anche quando tutti gli altri erano contauiati dalla "religione del partito». E' tutta negativa, quindi, la prospettiva di questa nuova opera di Francesco Maselli7 «L'esame del protagonista si conclude con la consapevolezza di essersi trovato al centro di un grandissimo errore. Però negli ultimi fotogrammi del film c'è un risvolto curioso che, forse, apre ad un possibile futuro...». Molto più sorridente, e possibilista, e convinta che il cambiamento sia necessario e positivo è l'angolazione di racconto scelta da Ettore Scola, oggi membro del partito democratico della sinistra. La crisi della coppia Mario-Maria, raccontata in chiave di commedia, in parallelo con i grandi rivolgimenti politici e sociali, con le rivoluzioni ideologiche nell'Est e nel Centro dell'Europa, viene evidenziata dall'entrata in scena di un certo Mario. «In forzata collusione con questo sopravvenuto Mario, Mario e Maria cercano di orientarsi verso un mutamento; un mutamento che, seppure tormentoso e difficile, arriva a suscitare in loro una rinnovata tensione civile, morale e anche una nuova capacità di amare». Così la crisi di un equilibrio affettivo costruito negli anni serve, proprio come accade per certi equilibri politici, a promuovere la rinascita del rapporto, in senso più totale, più profondo di prima. «Come era già successo in "Una giornata particolare" e in "C'eravamo tanto amati" - dice Scola - il pubblico e il privato sono perennemente, legati da un rapporto dialettico». Prodotto dalla Mass Film in collaborazione con lo Studio L, scritto dal regista insieme con la figlia Silvia, interpretato anche dal giovane Giulio Scarpati, «Mario, Maria, Mario» sarà girato a partire dalla fine d'agosto. A Roma, ma anche a Parigi e a Varsavia, Costa Gavras ha ambientato «Piccola Apocalisse»: l'ispirazione viene dal libro dello scrittore Tadeus Konwicki, ma l'azione è stata spostata dal regista greco dalla Polonia degli Anni Ottanta all'Italia e alla Polonia di oggi. «Il crollo dei muri e dei regimi ha portato la coda finale delle comete dei sogni e delle grandi utopie. Il mio film cercherà di raccontare questo momento attraverso personaggi che nel '68 avevavo vissuto con idealismo e che oggi soffrono la mancanza di un sogno». Fulvia Caprera Impegnati nell'impresa anche Scola e Costa-Gavras Nella foto grande Francesco Maselli e qui sopra il protagonista del «Sospetto» Gian Maria Volontè. Sotto, il regista Costa-Gavras e in alto a destra Ettore Scola e l'attore Giulio Scarpati ggcapo attivissimo dell'Anac, l'associazione che raccoglie gli