Nella dc il colpo di coda di Andreotti

Nella dc il colpo di coda di Andreotti La sortita di Scotti rischia di spaccare il grande centro, lunedì Consiglio nazionale di fuoco Nella dc il colpo di coda di Andreotti Per Forlani i giochi si fanno più difficili ROMA. «Vedrai, tra otto giorni abbiamo in mano il partito». Seduto su un divano di Montecitorio l'andreottiano Giacomo Augello commenta con l'amico di corrente Giuseppe Sinesio la sortita di Vincenzo Scotti e Claudio Vitalone che all'improvviso si sono rimangiati l'impegno di dimettersi da parlamentari. Augello e Sinesio sono tra quelli che in queste settimane hanno dato voce ai risentimento e alla voglia di rivincita andreottiana: tutti e due sono stati trombati nelle ultime elezioni per la Camera, così come il loro capo è stato silurato prima nella corsa per il Quirinale e dopo nell'aspirazione di tornare alla Farnesina; ed entrambi, come il divo Giulio, imputano le loro disgrazie al triumvirato che finora ha governato il partito, il ForlaniDe Mita-Gava. Dice Augello: «E' l'ora della rivincita, già sono pronti gli organigrammi. Scotti ha fatto tutto in accordo con Andreotti. Per cacciare Forlani c'era bisogno di un candidato e Vincenzo fa al caso di Giulio». Sinesio, però, ha qualche dubbio. «Guarda - spiega al suo interlocutore - che la de non può far niente contro la Chiesa». «Che vuoi dire? - gli domanda Augello -, che Scotti è divorziato? Non c'è problema: ci va Andreotti a parlare con il Papa, lui può farlo». Un dialogo quasi surreale che basta e avanza, però, per capire 10 stato d'animo del divo Giulio e delle sue truppe: per tre anni gli andreottiani hanno fatto il bello e il cattivo tempo nel governo, nel partito e negli enti di Stato; poi, nel giro di due mesi sono stati cacciati da tutto, quasi che fossero degli appestati. E mentre pezzi di potere gli venivano portati via, Giulio e i suoi, rosi dalla rabbia,, hanno cominciato a meditare la vendetta. Ecco perché ieri a Montecitorio quando Scotti, che ha nelle sue Vene per un terzo sangue andreottiano, ha fatto la sua sortita, seguito a ruota da Vitalone, che a parere di tutti non muoverebbe neanche un capello senza 11 consenso di Andreotti, tutti hanno pensato che il vero regista dell operazione fosse proprio lui, il solito «Belzebù» della politica italiana. Malgrado Paolo Cirino Pomicino abbia attraversalo in lungo e in largo il transatlantico di Montecitorio mettendo le mani avanti («Non vorrei che come sempre avviene quando una cosa non si capisce viene imputata ad Andreotti»), non c'è stato de che parlando della mossa di Scotti non abbia fatto un riferimento, più o meno velato, all'ex presidente del Consiglio. «Andreotti è ostile a Forlani - ha ammesso Franco Marini - e questa è una mossa contro il segretario». «Diffìcile non parlare di iui» ha confidato Gianni Prandini. <>Ha chiamato tutta la gente su cui può contare a raccolta: da Scotti a Marinino e forse a Prandini» è stata l'analisi di Vito Riggio. «Qui c'è un disegno politico ha spiegato Bodrato • ma è il disegno di un pazzo, di uh arteriosclerotico: la storia doH'inrc,- patibilitè poteva anche dare materia per fare un golpe nel partito, ma i gesti di Scotti e Vitalone rapppresentano quasi un suicidio per tutto il partito». Così, ancora un* volta, è ricomparsa l'ombra di Andreotti sulla politica italiana. E probabilmente quest'immagine non è frutto dell'immaginazione collettiva. L'ex-presidente del Consiglio in queste settimane ha lavorato molto. Negli ultimi tre giorni poi la sua attività è stata intensissima: lunedì sera è rimasto nel suo studio fino a tarda notte e molti dei suoi fedelissimi giurano che in quella giornata Andreotti abbia contattato tutti gli amici che ha nella de. Martedì, invece, ha fatto il «checkup» della sua corrente a Roma per capire chi dei suoi gli è rimasto fedele dopo la diaspora di Vittorio Sbardella. Sempre in questi giorni si è mosso freneticamente anche il luogotenente del capo, Cirino Pomicino. La villa sull'Appia Antica deU'ex-ministro del Bilancio è tornata ad ospitare le cene democristiane, rinnovando i fasti dei grandi incontri conviviali che prepararono nella stessa casa la rovina della segreterìa De Mita. Ospiti, oggi come allora, de che contano: dallo stesso Scotti a Calogero Mannino, ad un forlaniano scontento come Gianni Prandini che dell'attuale segretario ama ripetere: «Dal 5 aprile non si è più capito che cosa Arnaldo vuoi fare da grande». Infine nelle ultime settimane Andreotti ha cominciato a criticare apertamente Forlani. Sulla sua bocca sono comparsi giudizi fin troppo netti: «Questa storia dell'incompatibilità tra l'incarico di ministro e quello di parlamentare è stata davvero affrettata, si rischia di creare una divaricazione pericolosa tra eletti del popolo e governanti»; «Arnaldo va troppo dietro a De Mita»; «Io so che all'ordine del giorno del prossimo Cn c'è la questione della segreterìa...». Già, «la questione della segreterìa». Forse il gesto di Scotti e Vitalone alla fine avrà come prima conseguenza quella di rimettere in discussione, rendere incandescente il Consiglio nazionale della de previsto per lunedì prossimo. Un appuntamento che era diventato quasi di «routine» dopo la decisione di Forlani di rimangiarsi le dimissioni da segretario. Ora, invece, i giochi si sono di nuovo aperti e nessuno sa realmente come finirà. La sortita di Scotti, infatti, rischia di dividere il grande centro doroteo, cioè della corrente su cui poggiava la segreterìa Forlani. «Per questo ha spiegato per tutta la giornata di ieri Paolo De Mese, un altro fedelissimo di Andreotti - nel prossimo Cn si dovranno discutere le dimissioni di Forlani. Arnaldo non può fare quello che vuole da solo, quasi che le sue dimissioni fossero solo un suo problema personale. Altrimenti a casa ci andrà lui con i suoi amici Gava e De Mita». Augusto MnoM L'ex presidente del Consiglio ha mobilitato i fedelissimi e gli scontenti per preparare la vendetta Nella foto grande il ministro dimissionario Vincenzo Scotti A sin. Giulio Andreotti li segretario della de Arnaldo Forlani (a sinistra) Qui sotto Vittorio Sbardella

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