Indiana UGHI

Indiana UGHIla memoria. Il musicista e l'avventura sulle montagne: dal Piccolo Cervino al Macchu Picchu Indiana UGHI DTO Ughi: uno che, in verità, si chiama Bruto. Uno col sorriso torbido da pirata padano e con lo charme indifferente dell'uomo che porta lo smoking proprio perché la gente si aspetta che lo indossi, come fa un frate con il saio o una puttana di Iannacci con le calze cun la rigga nera. Ma c'è un segreto: sotto quel candido sparato batte un coccodrillino Lacoste. Pulsa di voglia di avventura, di oceani, di montagne, di mondi non inamidati, di spazi senza violini, battimani e pubblici a cui piegare umilmente la schiena. Il maestro è malato di scalate, di natura incontaminata, di nevi eterne, di popoli primitivi, di cannibali, di fatica e di sudori che lavino la mente e sciolgano le incrostazioni del corpo. Sopporta sempre meno, soprattutto quando incomincia ad annusare il profumo dell'estate e delle vacanze, l'agiografìa del neonato che strilla come tutti i bambini in culla, ma che al suono di un violino s'azzittisce e sorride beato come se si trovasse in presenza della Madonna. Gli sta stretta la storia del piccolo genio che a cinque anni dà già concerti ed affascina le folle, l'immagine di una fami- f;lia che lo alleva nel mito e nel'amore per la musica, interrogandosi, a Busto Arsizio, se è giusto tirare su un figlio così. E se Paganini e Mozart, gli altri prodigi del bemolle infantile, non sono in effetti diventati due poveri disadattati. E poi quella lista di maestri che hanno plasmato quella creta sempre più perfetta, gli arenghi popolati di professionisti sempre più celebri, i teatri sempre più osannanti e quel suo straordinario Stradivari Van Houten Kreutzer che non abbandona mai, costruito nel 1701 e appartenuto a quel Rodolphe Kreutzer, cui Beethoven dedicò la celebre Sonata... Tutte cose vere, sacrosante. Nessuna esagerazione inventata per la stampa allo scopo di crear passato e spessore ad un personaggio che non ne ha affatto bisogno. Ma uno che si chiama Brutus e che, in cima all'albero genealogico, possiede un nonno affamato di romanità, al punto da chiamare Tigli e nipoti Ursus, Caius, Marius, Julius ed Augustus, ha il diritto di svelare, almeno una volta l'anno, il suo vero volto e di trasformarsi in Indiana Jones. Quando succede, Uto torna ad essere Bruto: getta al vento diminutivo e violini, e si tuffa nel vuoto senza paracadute. E atterra dove? Salvo per miracolo, naturalmente... Amazzonia, Tibet, Laddak, Macchu Picchu, tra i Parsi dell'India, sul Gange, in mezzo ai picchi dell'Himalaya, sul Piccolo Cervino: scelga lei.. Incominciamo allora dall'inferno verde, dal Brasile ocra del Rio delle Amazzoni, del sogno di Fitzcarral- do di portare Caruso a cantare nel teatro della foresta. La favola della musica, d'accordo. Ma una volta che arrivi a Manaus la voglia del fiume ti f)rende subito alla gola. Risalirti, conquistarlo, annegare tra i colori fangosi delle onde e quelli carnosi della foresta. Con le aquile che ti planano sopra, nel sole spezzato degli alberi. Ti senti libero, a tu per tu con il creato. E con Jorge Amado. Erano quindici anni fa, nel '77... Per cui si prende una canoa... E si va. Prima, però, c'è bisogno di una fìrmetta. Non hai ancora toccato una pagaia, che improvvisamente arriva un tipo azzimato, in stretta tenuta coloniale. E' gentile. Burocratico, ma gentile. Ti canta stancamente la nenia dei misteri gaudiosi della giungla nera e ti avverte che sono fatti tuoi, se proprio non puoi fare a meno di ficcarti nei guai. A un patto: il governo non vuole poi saperne niente di indios cattivi, di frecce al curaro e di incidenti vari. Per cui, prego, si accomodi in ufficio, ci sarebbe da riempire un modulo, sa, per lo scarico di responsabilità... E poi, finalmente, ai remi. Ma è davvero così pericoloso? Non ci sono i soliti salesiani, àncore di salvezza in tutto il mondo? Sì e no. La nostra guida, padre Calieri, si fa male. Non può muoversi. Ed allora avanti da soli. Un'avventura di cielo ed acqua straordinari. Ma lo stupore più intenso è l'approdo a Mocambo, un villaggio fluviale senza elettricità, falcidiato dalle malattie. C'è un medico italiano, Giorgio Parintinis. un comasco che da anni vive volontariamente ai margini della civiltà. Ci accoglie. E con lui il capo tribù. Grandi feste, sorrisi e doni. Poi, al calare della notte, il regalo più grande: una confessione collettiva, tra lo stor mire delle fronde, i fuochi accesi che stagliano l'umiltà primitiva di un popolo in ginocchio e le stelle che ti guardano come gli occhi di Dio. Ci sono altri flash di memoria, immagini che tornano di continuo e che la salvano dal quotidiano esercizio della vita? Una Città del sole andina, ad esempio: una sorta di repubblica socialista e teocratica, quasi lo specchio dell'Utopia di Tommaso Moro, ai confine col Paraguay. Dove gli indios si amministrano senza uso del denaro. Solo col baratto. Felici, uniti esclusivamente dall'odio delle tradizioni meritocratiche importate dagli spagnoli. E poi? Lima, Cuzco, il diesel puzzolente della Cordini ioni, gli autobus scassati, seppelliti di gente colorata e di animali, quel vivere sempre senza ossigeno, dai tre ai cinquemila metri, guardando dall'alto gli Stati della Terra, infischiandosene dei confini: Perù, Bolivia, Colombia, Cile... Quelle piccole chiese barocche nascoste in mille pueblitos sperduti, gli affreschi murali, il soroche, il mal di montagna, che si calma solo con il tè di coca, quel mangiare poco e bere tanto. Quel dormir contratto perché, la notte, il cuore incomincia a battere la sua tormentosa tachicardia alpestre. Pensi: sui treni di quota ci son persino le bombole ad ossigeno... Ma c'è tempo per pensare, c'ó l'attesa che dilata l'immaginazione, i ricordi... C'è il Neruda di Las Salturas. delle nebbie abbarbicate ai tronchi e alle foglie della foresta, che diradano all'improvviso sotto il calore lucente del sole, quando il Macchu Picchu si accende come in un sogno ed appaiono le visioni fantastiche delle rovine dell'ultima città incaica. E poi la meraviglia del Titicaca, dei mercati, delle musiche... Non mi dica che non si è lasciato attirare almeno una volta, che non ha mai preso un archetto in mano... Ho provato per gioco. Per avvicinarmi a quelle genti, al loro spirito. Usano strumenti a fiato ed una specie di viola da gamba. Ciò che è incredibile sono le voci dei cori, una polifonia triste, malinconica, struggente, che sa d'antico e di moderno allo stesso tempo e che ti piglia in gola... Ma c'è una riflessione da fare. I gesuiti hanno marchiato queste genti con una specie di folklore umano privo di spiritualità trascendente. Nell'India metafisica, ad esempio, il corpo e la terra hanno altre dimensioni, lontane dalla logica greca, l'esistenza non è dramma, ma continuazione, non si spegne mai... Prendiamo il Laddak. Quei monasteri di silenzi e di pace esposti ai venti ed alle culture di Cina, Pakistan e Tibet. Fermiamoci a Lamaiuru, vicino a Lhe, dove i monaci coltivano e [tregano, in un ciclo continuo: à le stagioni della natura e della vita non si fermano mai, immutabili nel tempo e nello spazio. Sempre identificabili tra loro. Si attraversa l'Himalaya, si sopravvive ai suoi precipizi di due, tremila metri e ci si accorge che la vita è anche là in fondo. E' come fare un bagno alle sorgenti dell'Indo... O nelle acque del Gange o del Brahmaputra... A Benares, la città sacra dell'induismo, gli anziani vanno a morire perché lì esiste la certezza assoluta dell'unione con B ranni a. Scendono nel fiume, tra le file del saluto estremo, e poi si lasciano andare. Il passaggio è indolore. Pieno di felicita, lo stesso che si trova in La città della gioia di Lapierre. Altri squarci indiani? Bombay: i parsi zoroastriani, immigrati dalla Persia cinquecento anni fa. Una comunità facoltosa, più di centomila. Lasciano i morti agli avvoltoi perché non contaminino la terra. Un pranzo in un palazzo da mille ed una favola, con elefanti, suoni di sitar, giochi d'acqua, luci: avevo invitato una ragazza. Ma si è presentata con il padre e la sorella. Tutto rovinato... E poi: Amritzar, il tempio dei Sikh in cui è stata uccisa Indirà Ghandi. Tutti in processione, dondolando il capo nei loro protervi turbanti rossi, belli, alti, nobili, principeschi, più belli di qualsiasi europeo. E ancora il Taj Mahal, Accra, quei tramonti di fuoco, la folla, i rumori.. Esiste un luogo al mondo da vedere almeno una volta nella vita? E' un'isola: Virgin Gorda, che significa vergine grassa, con i seni opulenti, chiamata così perché a Colombo, dopo anni di astinenza al sesso, parve di trovare la terra promessa. Pensi: tutto quel mare infinito e laggiù, sull'orizzonte riarso, rocce e collinette a mettere insieme, come un miraggio emerso dalle onde, le forme vellutate di una donna che ti guarda improvvisa... Questa è una affascinante curiosità. Ma non ha risposto alla domanda. E allora non resta che l'Himalaya. Non ci arrivi da naufrago. Sei tu, uomo intero, che affronti la natura in continuo mutamento. Non rimani immobile giorni e giorni ad aspettare un alito di vento. Picchi, vette, sentieri, orridi, visioni, ululati nella notte, voli inattesi, le stelle vicine, la pioggia, la neve, la nuvola repentina che ti oscura il cielo e ti rende cieco di nebbia perché si appiccica alla tua pelle, be', queste sono altre cose... Ma la roccia, il tirarsi su con le mani, quelle sue dita così preziose... Magari ti ferisci, strisci, vedi un po' di sangue. Ma tutto finisce lì. Sono vacanze senza violino, c'è sempre tempo per guarire. E poi l'alpinismo, soprattutto lo sci-alpinismo, è l'altra parte della mia vita. Come per Mila. Marmolada, Tofane, Gran Sasso... Mi manca solo il Cervino. Anche se i ricordi - del Piccolo Cervino, però - non sono tra i più belli. E' la prima volta che Ughi si agita sulla sedia del piccolo camerino dell'Auditorium torinese. Guarda in giro. Sembra che la voglia di parlare si sia improvvisamente dissolta. Qualcuno bussa. Entra una ragazza intensa, gli occhi subito impensieriti: c'è un estraneo. Lo saluta affettuosamente, ma forse non come vorrebbe. Poi si siede e cerca di non esserci più. Come un piccolo fantasma gentile. Uto e le donne, lo scapolo d'oro, il bel tenebroso, le compa- f;ne di strada. Il maestro annuia tutte le domande a venire con un sorriso virtuoso. Tra parentesi, come mai niente mogli? Le dicevo... Plateau Rosa, Zermatt, il Piccolo Cervino. Ero con un'amica di Roma (sornione). Ho mangiato senza digerire. Siamo stati presi dalla bufera. Venti sotto zero. Il vento che fischiava, niente orizzonte, tutto bianco, aghi nella faccia. Paura. E' la fine? Muoversi per non finire congelati. Neve dappertutto. Il terrore di girare in tondo. Di un crepaccio, di un burrone. Poi, inattesa, una sagoma scura. Una capanna. La salvezza. Ed il tentativo, riuscito, di cambiar discorso. Ma le donneMovimenti sulla sedia, accenni di fastidio. Frasi bloccate: soggetto, verbo, complemento. Le visioni dei mondo da cui siamo partiti si stanno riducendo ad un telegramma di saluti. C'è il dolce fantasma che attende immobile nella sua poltroncina. L'ultimo viaggio che Ughi sta per intraprendere è verso una trattoria toscana di via Lagrange. L'avventura del pirata finisce tra polli e capretti alla griglia. Forse c'è ancora tempo per alcuni spicciali intimi. Allora lasciamo stare le donne. Ma almeno ci regali una frase celebre per chiudere. Le va Paganini? «Se non studio un giorno me ne accorgo io. Se non ne studio due, se ne accorgono gli altri». Sorride, si alza, mette la giacca sulla spalla per non deturpare la Lacoste, apre la porta, libera dall'assedio la sua giovane senza nome, poi si ferma all'improvviso, ha un ultimo sussulto di curiosità. Che ne dice del Giappone, di quelle isole su su, a Nord, che non ricordo mai come si chiamano? Vero, che non è una brutta idea? Proprio per niente, caro Indiana Ughi... Piero Sorla Quindici anni fa inAmazzonia con una canoa come i primitivi Salire sull'Himalaya senza violino: picchi, vette, visioni ululati nella notte la nuvola improvvisa che oscura il cielo Lungo la Cordigliera autobus scassati pieni di animali e gente colorata guardando dall'alto gli Stati della Terra con i maestri: Beltrami e Ferraresi A destra: il musicista quando aveva sei anni Nella foto sopra: Ughi nella sua casa di Busto Arsizio In alto il monastero di Lhasa (capitale del Tibet). quartier generale del Dalai Lama