La Cgil condanna Bertinotti

La Cgil condanna Bertinotti Il direttivo ha censurato le sue dichiarazioni con 100 voti contro venti La Cgil condanna Bertinotti «Ha leso l'onore del sindacato» ROMA. Fausto Bertinotti è scuro in volto al termine del comitato direttivo della Cgil. Per la sua intervista a la Stampa è stato giudicato colpevole di leso onore nei confronti della confederazione. E con 100 voti contro 20 (4 le astensioni) è stato approvato un documento in cui si definiscono le sue dichiarazioni «un attacco all'onore della Cgil e dei suoi militanti più impegnati nella lotta contro fenomeni di degenerazione burocratica e di corruzione; fenomeni che la Cgil ha per prima denunciato e combattuto, con l'apporto indefesso del corpo sano dell'organizzazione, il quale costituisce la stragrande maggioranza dei suoi aderenti alla Cgil». Per questo la confederazione chiede scusa «ai compagni che si sono sentiti in Siustamente insultati e vilipesi a un dirìgente dell'organizzazione». E non è tutto: «Il comitato direttivo constata che è particolarmente grave che il compagno Bertinotti, pur non riprendendo e tantomeno non documentando i)'.:s-lima delle accuse rivolte indiscriminatamente ai sindacalisti (k-Da Cgil di corruzione personale, di arricchimento, di connubio con il padrone e con lo Stato, di mediazioni inquinate dalle tangenti, di vocazione autoritaria e di rifiuto di affrontare la questione morale e la lotta alla burocratizzazione, non abbia trovato il coraggio morale di smentire pubblicamente queste accuse, limitandosi a sfuggire ad ogni confronto di merito, sulle singole calunnie da lui rivolte alla Cgil». Bertinotti replica affermando che «siamo di fronte a un testo di un oscurantismo come raramente è dato leggere: nessuno può credere che sia stato scrìtto ai nostri giorni. Io non saprei nemmeno scrìverle cose simili. Si mostra la volontà di chiudere la discussione e di segnare chi è stato protagonista di una battaglia politica di un connotato così negativo, da togliergli sostanzialmente l'efficacia della parola». Gli fanno eco i venti che han¬ no votato contro la condanna (Alfonso, Belloni, Bonadonna, Conferda, Cremaschi, Grippa, Franco, Galeazzi, Grisolia, Lattanti, Leone, Lucchesi, Montagna Patta, Peci, Pedo, Perini, Rinaldi, Sai, Tosini) i quali, in una dichiarazione, la definiscono «atto illiberale e di censura personale che liquida con un giudizio sommario una scelta di battaglia politica. E' la prima volta che ciò accade nella Cgil ed è un grave errore politico, in quanto rischia di presentare la Cgil come un'organizzazione che di fronte a problemi, dissensi, difficoltà, si chiude in se stessa». I venti aggiungono che «solo la libera espressione delle opinioni garantisce la vita feconda e democratica delle organizzazioni». Il segretario generale Bruno Trentin non apre bocca e lascia l'incombenza di un commento a Ottaviano Del Turco, secondo il quale la condanna «è stata la conclusione inevitabile di una discussione che si è sviluppata in modo molto serrato, chiaro e franco». Del Turco respinge le accuse di oscurantismo e sottolinea che questo è un si alla condanna morale, ma anche un no alle dimissioni: «Noi - dice - non siamo abituati a trasformare problemi cosi complessi in questioni amministrative. Non fa parte del costume della Cgil». Guglielmo Epifani, responsabile dell'organizzazione, aggiunge: «E' stata una discussione serena. Bertinotti ha contraffatto la realtà della Cgil e il comitato direttivo non poteva che ristabilire la verità». Aveva dichiarato a «La Stampa»: «Corrotti anche nel sindacato» In alto: Fausto Bertinotti guida nella Cgil la corrente di minoranza. A sinistra Ottaviano Del Turco

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