Solo sangue sul trono del Gattopardo

Solo sangue sul trono del Gattopardo Solo sangue sul trono del Gattopardo Muore chi tocca i clan di Palma di Montechiaro INCHIESTA LA PIOVRA AROMA EROPORTO di Fiumicino, nastri trasportatori dei bagagli, folla di turisti in transito e in partenza per le vacanze. Tra i tanti, una ragazza che aspetta le valigie che non arrivano: abbronzata, minigonna, occhiali scuri; ma non è una turista, bensì la dottoressa Giuseppina Agnello detta Giusy, dirigente del commissariato di Ps di Palma di Montechiaro, paese di mafia come nessun altro. Trasferita con ordine immediato e inatteso, per entrare a far parte della potenziata Dia, a Roma. E quindi alle prese con le valigie stipate in fretta, una sistemazione provvisoria in zona Tiburtina e la totale incertezza sul futuro. Che ne sarà del commissariato di Palma di Monte-chiaro? Lei non ne sa nulla. Forse sarà retto da un collega della vicina Licata, forse rimarrà scoperto. L'ultima notizia di questo avamposto statale in terra di mafia risaliva all'indomani dell'omicidio Borsellino e riferiva che i 39 agenti si erano «autoconsegnati» in protesta per le pessime condizioni di lavoro: l'edificio costruito sotto il livello del manto stradale è esposto a qualsiasi attacco e senza vetri blindati; il personale è scarsissimo, con pochissima possibilità di organizzare controllo sul territorio in un paese di 29 mila abitanti. Gli agenti avevano anche fatto notare che, se loro erano in 39 per tutta Palma, per scortare il solo Antonio Cava c'erano 83 agenti. Eppure dice la poliziotta Agnello, di cose ne avevamo fatte. Tutte negli ultimi mesi, sotto impulso di Borsellino e dei sostituti procuratori Principato, Carrara, Teresi; erano diventali tanti quelli che, dopo decenni di silenzio, avevano capilo che in quel paese selvatico e cupo stava uno dei centri più importanti di Cosa Nostra. «Che cosa posso dire? Che spero di continuare a fare le indagini che facevo a Palma». Inquietante, la storia di Palma di Montechiaro. Che fosse, oltre che il paese dei Tornasi di Lampedusa e del Gattopardo, anche un centro storico della mafia, lo si sapeva da sempre. Eppure era sempre rimasto sguarnito. Coj minciò a far parte della geografìa I italiana 5 anni fa, quando un giol vane cronista di Agrigento, Fran- co Castaldo, al trentesimo omicidio, scrisse che Palma era un paese di intoccabili, in cui il capomafia girava scortalo da una scorta armata legalizzala. Fu denunciato dai carabinieri di Licata per «turbativa dell'ordine pubblico». Oggi gli omicidi sono arrivati a 56 e Palma è conosciuta: se ne sono occupati trasmissioni tv e un libro bianco dell'ex Allo commissario Sica. Da sempre c'era una stazione dei carabinieri e venl'anni fa ci lavorava un maresciallo di nome Giuliano Guazzetti. Si racconta che Guazzetti, minacciato, ebbe l'appoggio dell'ai lora colonnello Dalla Chiesa, che andò a Palma a passeggiare sul corso con lui. Guazzetti è stalo ucciso il 4 aprile. Si sa che operavano a Palma i famigerati fratelli Ribisi, che nessun giudice voleva prendersi la responsabilità di mandare via. Del loro caso si era oc.mpato Rosario Livatino, il «giudi'.e ragazzino», ucciso nei settembre del '90. F due anni prima di lui, ucciso il giudice Saetta. E negli stessi anni con la cupa minaccia di vendette palmosi, trasferiti in tutta fretta il giudice Riggio, il giudice Saieva, due poliziotti. V. di Palma è il procuratore capo di Agrigento, Giuseppe Vajola, ma di mafia si occupava poco, tanto è vero che il Csm nell'aprile scorso decise di sostituirlo per «scarso impegno nella lotta alla mafia». Ma Vajola è sempre nel suo ufficio ad Agrigento. E' una ben strana situazione, quella di Palma di Montechiaro. Borsellino gli aveva dedicato molta atlenzionc. A sua firma, 16 arresti in aprile, in un'operazione denominata Gattopardo. Ed ora, dopo la sua morte, arrivano notizie d> un grande movimento investigativo che riguarda la zona e i suoi capi. Ci fu, per primo, un rappresentante di porte blindate, tale Pietro Ivano Nava di Abbialegrasso, che passava in macchina sul viadotto mentre uccidevano Livatino e riconobbe tra i killer due palmesi. Pochi giorni fa ha cì interinato in aula a Caltanissetta. Vive anche lui blindato. A suo tempo, Bossi lo voleva candidare nella Lega, con lo slogan che in Sicilia l'unico che aveva avuto il coraggio di parlare era un lombardo. Non se ne fece niente, e non è comunque vero. Oggi a parlare di mafia ci sono molti altri: un tedesco di nome Heiko Kshinna, che ha conosciuto i killer di Palma in carcere; un tale Leonardo Messina del paese agrigentino di San Cataldo, che sta raccontando una catena di delitti; un tale Salvatore Dominante di Gela, killer spaventato. E poi chilometri di intercettazioni telefoniche, colloqui, legami tra i catanesi di Nitto Santapaola e i canicattinesi del vecchio capomafia Antonio Ferro: indizi robusti su un asse attrezzato Palma-Germania da dove vanno e vengono killer su commissione; connessioni che provano che Cosa Nostra, proprio in queste lontane province, in paesi sconosciuti, sta mettendo in campo una nuova dirigenza. Che dire d'altro, di Palma di Montechiaro'' Che il Comune, dopo la documentazione di illeciti di ogni tipo, due anni fa era slato commissariato. Il mese scorso si è tornati a votare. Si sono presentati gli stessi uomini e hanno vinto: de, maggioranza assoluta. Il commissariato di polizia adesso aspetta il nuovo dirigente. Ma non se ne parlerà prima della fine delle ferie. Era stato inaugurato appena due anni fa dopo che ne parlavano da vent'anni e a dirigerlo avevano messo la dottoressa giovane con i blue-jeans e la pistola nella borsetta. Prima dirigente donna nell'Agrigentino, una dei «ragazzini in frontiera» come li chiamava Cossiga. Ora armeggia tra le valigie e i tassisti romani. L'aspettano due giorni di seminario. Poi chissà. «Mi dispiace andar via da Palma, perché negli ultimi mesi i risultati si vedevano. Mi dispiace andar via cosi». Giusy dovrebbe esser contenta perché viene a Roma, però si lamenta. Un lamento sommesso, in linea con la solitudine di Palma di Montechiaro. Enrico Dcaglk» Dal giudice Rosario Livatino al maresciallo Guazzetti fino ai sospetti sull'assassinio di Borsellino Giuseppina Agnello, dirigente del commissariato di Palma di Montechiaro trasferita alta sede centrale della Dia. a Roma: «Spero di poter continuare le mie indagini»