Il fratellastro boia e tesoriere di Saddam

Il fratellastro boia e tesoriere di Saddam IL RITRATTO Il fratellastro boia e tesoriere di Saddam Barzan amministra ifondi neri con cui si vanificano le sanzioni ANNI fa, in un palazzo di Baghdad, un ufficiale della guardia irachena era sotto tortura. Improvvisamente, la benda che gli copriva gli occhi scivolò giù e l'uomo riuscì a vedere i suoi aguzzini, mentre bevevano birra e mangiavano pizza. Ne riconobbe uno, Barzan Tikriti, fratellastro di Saddam Hussein, l'uomo che ha trasformato il Mukhabarat '.;> più potente agenzia di spionaggio irachena - in quella vera e propria «creatura del male» che è o<>gi. Attualmente, Barzan guida la missione permanente dell'Iraq alle Nazioni Unite a Ginevra e ne presiede la delegazione alla Commissione per i diritti umani. Dal suo ufficio in Svizzera, deve bloccare ogni tentativo di condannare ufficialmente l'Iraq per le sue violazioni dei diritti umani, organizza la guerra contro l'opposizione irachena e controlla un impero finanziario clandestino, che permette a Saddam di resistere a tutte le sanzioni. Negli ultimi tre mesi, mentre 11 dittatore ricostruiva Baghdad e sfidava le Nazioni Unite, l'opposizione irachena in esilio a Londra ha chiesto più volte l'espulsione di Barzan da Ginevra. Ricordando gli orrori del regime iracheno - ampiamente documentati, l'anno scorso, da un rapporto speciale dell'Orni molte petizioni hanno condannato il fatto che «a uno degli uomini-chiave del regime - prima nel ruolo di boia e, ora, in quello di contabile - sia consentita la più totale impunità, ben piantato com'è su un'immensa pila di miliardi di dollari e di franchi». La sua è la storia di un ragazzo poverissimo, asceso ai vertici della diplomazia. Barzan, di otto anni più giovane di Saddam, nasce nel 1943 da Sabha Tulfah, la madre del futuro dittatore, e da Ibrahim Hassan, un pastore brutale e illetterato, noto come «Hassan il bugiardo». Abbandona la scuola di Tikrit ad appena 12 anni e trova subito lavoro come «sikkin», vale a dire come guida sugli autobus dello zio Khairallah Tulfah, conosciuto nella zona come «Khairallah il ladro» e, poi, negli anni seguenti, addirittura come «Il ladro di Baghdad». Negli Anni 60, Barzan arriva a Baghdad e va a lavorare in un garage. Ma appena tre mesi dopo l'assunzione, il suo datore di lavoro chiede all'amico che glielo aveva presentato di portarselo via, perché «è un tipaccio. molto litigioso. E, perdipiù, non lavora mai». La conquista del potere da parte del partito Baath nel '63 segna l'inizio dell'ascesa di Saddam e la sua crescente dipendenza dall'entourage di parenti. Quando diventa capo degli apparati di sicurezza nel '68 in seguito a un secondo golpe, Barzan è già una delle sue guardie del corpo e si fa vedere spesso all'Awiyah di Baghdad, un club esclusivo dove l'ex contadino arriva a frequentare l'alta società irachena. Diventa presidente del club e non passa molto tempo che i soci non osano più portarvi mogli e figlie. Se gli piaceva una donna - racconta un testimone - uno dei suoi «gorilla» si avvicinava al tavolo e sussurrava: «Il signor Barzan vorrebbe ballare con sua moglie». Uno marito che rifiutò l'invito fu portato fuori dal locale e picchiato. Dal '71 al '73, Barzan viaggia in lungo e in largo per l'Est europeo - Ddr, Jugoslavia e Bulgaria - addestrandosi nel campo della sicurezza e dello spionaggio. La sua brutalità e crudeltà stupirono persino i suoi compagni. Un ufficiale dell'esercito che lo conobbe in Bulgaria lo ricorda con orrore: «Quel tipo non aveva alcun sentimento uma¬ no». Nel '77, Barzan viene nominato vicecapo del Mukhabarat, allora guidato da Sadoun Shakir, e - secondo le parole di un esiliato - «cominciò a elaborare alcune nuove idee su come trattare gli oppositori del regime». Fece costruire la cosiddetta «fattoria delle pecore», un tetro palazzo di cinque piani. Uno degli operai ha raccontato di aver visto le vasche di acido in cui venivano buttati prigionieri e cadaveri. L'anno dopo, Barzan organizzò un'«Unità veleni» nell'università di Baghdad, diretta da due medici di fama, Ala Khalidi e Muayad Ulnari - un esempio di come il regime riuscì a fare breccia nella borghesia, corrompendone alcuni dei membri più influenti. Nel '79, successe a Shakir e cominciò a massacrare gli oppositori sciiti. L'anno seguente, fece uccidere il leader religioso Mohammed Bakr Sadr, dopo che, personalmente, aveva provveduto a bruciargli la barba e a torturarlo con l'elettricità. Ma Barzan non trascurò nemmeno i curdi. Nell'83, secondo alcune testimonianze, diresse una maxi-retata di ottomila persone. Sono tutte scomparse, senza dubbio assassinate. L'arrivo di Barzan a Ginevra risale all'83, allorché un dissidio in famiglia con Saddam causò la sua partenza dall'Iraq e la nomina, un anno più tardi, alle Nazioni Unite. Qui si fece conoscere da Sahib Hakim, segretario generale dell'«Organizzazionc per i diritti umani in Iraq» Idi opposizione), spedendogli le sue guardie del corpo ogni volta che andava alla Commissione per avvertirlo: «Ti faremo a pezzi». All'Orni - racconta l'attivista dell'opposizione Ahmad Chalabi - «Barzan ò riuscito a eclissare la questione dei diritti umani. Ha nascosto il genocidio perpetrato da Saddam e ha prevenuto ogni tentativo di sollevare la questione, ricorrendo a corruzione e a trattative sotto banco. Inoltre, ha persuaso il presidente dell'Associazione araba per i diritti umani a mettere la sordina alle critiche all'Iraq». •E' la brutta copia di suo fratello», sostiene un ex membro del Baath che lo ha conosciuto prima di fuggire all'estero. «Ha sempre cercato di copiare Saddam - come cammina, come parla». Ma il Barzan di oggi non è come quello di qualche anno fa: è più abile, più preparato. Ha contrastato il boicottaggio all'Iraq tessendo una rete che si estende attraverso Giordania, Yemen, Parigi, Ginevra, Roma, Marocco, Tunisia, Sudan e forse anche Libia: una rete che Jules Kroll - che ha indagato sui fondi I iracheni clandestini - ha defìniI to «estesa e pericolosa come non mai». Questo denaro occulto ha origine da una quantità di fonti diverse, ma in primo luogo dalla tangente del 5 per cento sui ricavi petroliferi che Saddam ha sempre trattenuto: circa 28 miliardi di dollari in totale (oltre 32 mila miliardi di lire). Poi ci sono gli investimenti, le commissioni e le grosse somme dovute e mai pagate a società come la «Fincantieri» e la «Mediterranean Enterprises Development Projects» («Medp»). Il caso «Fincantieri» risale al '79, quando l'Iraq ordinò un'intera flotta navale che non potè essere consegnata a causa della guerra Iran-Iraq. Alla fine del conflitto, nell'88, Baghdad richiese le sue navi, sostenendo di averle pagate un miliardo e 820 milioni di dollari nell'82. L'Italia ribatté di aver ricevuto solo 441 milioni. Risultò che il dena- ro era stato versato a una società di investimenti chiamata «Kapital Beratung». Ma la ditta era già stata liquidata - e il denaro trasferito su un conto di Barzan, secondo quanto sostenne un iracheno coinvolto nella transazione. «Perché l'Iraq avrebbe dovuto pagare all'Italia navi che si sapeva che non sarebbero state consegnate? - si chiede un uomo d'affari iracheno -. I fondi erano già stati prelevati da Barzan e investiti in titoli di grandi società europee. La marea rifluiva nell'82, gu iraniani passavano al contrattacco e il regime temeva di cadere». La «Medp», costituita con un capitale di 2 miliardi, investiva in industrie militari e ad alta tecnologia dal Brasile alla Corea del Nord. Il suo presidente, Saia al-Mehdi, fu accusato di malversazione di fondi della società e giustiziato per ordine di Barzan alla fine degli Anni 80. La «Medp» fu liquidata e parte del capitale fu versata su un conto di Barzan. Oggi, benché la maggior parte degli acquisti iracheni sia fatta in Giordania, viene finanziata attraverso società come la «Jaraco» di Ginevra - diretta da Esfandiar e Bahman Bakhtiar, due fratelli che sono come figli adottivi di Barzan e Saddam - e che riceverebbe il 50 per cento dei suoi fondi dallo stesso Barzan. Documenti in possesso dell'«Observer» dimostrano che imprese di commercio internazionale di materie prime come la «Marc Ridi» e la «Marimpex» di Amburgo cooperano con la «.Taraco» quando c'è da fare affari con Baghdad. «La "Jaraco" funziona come un'impresa di "ripulitura" per le società europee che riforniscono l'Iraq», dice una fonte che vuole restare anonima. I servizi segreti occidentali sostengono che «la "Jaraco" agisce come agente del suo mentore, Barzan». Quanto di tutto ciò è noto alla Svizzera? «E' perfettamente al corrente del modo in cui le sanzioni vengono aggirate attraverso Ginevra», dice ancora una fonte occidentale di «intelligence». «In Svizzera - spiega Chalabi • Barzan trova un'infrastruttura bancaria e legale che lo aiuta, e in più ha l'immunità diplomatica. La sua espulsione dal Paese è di primaria importanza». Copyright «The Ofcserver■• e per l'Italia «La Stampa» Neil'83, quando comandava i servizi segreti, ordinò una retata di ottomila curdi Sono scomparsi nel nulla Ritratto di famiglia di Saddam e, a fianco, il fratellastro e braccio destro del dittatore Barzan Tikriti (FOTOAT) I I Ginevra: Barzan accompagna il vicepremier Tareq Aziz (FOTOA^l