Politici e massaie uniti nella lotta per Gianfranco «Che» Funari di Curzio Maltese

Politici e massaie uniti nella lotta per Gianfranco «Che» Funari Politici e massaie uniti nella lotta per Gianfranco «Che» Funari OGGI saluto piduisti, ex piduisti e figli di puttana» (Gianfranco Funari, «Mezzogiorno Italiano», giovedì 16 luglio). Un fantasma s'aggira per le reti. Il fantasma di Gianfranco Funari. Dicono che si sia rifugiato in Francia, come i fratelli Rosselli. In montagna. Lasciando incustodita la Bentley nel giardino della villa. Forse, tornerà per «vuotare il sacco». Oppure per firmare con la Raitre del coraggioso Guglielmi, in lotta con i vertici dell'azienda (si fa per dire: Pedullà e Pasquun'liiì. Per lui intanto si sono mossi e commossi repubblicani, radicali e seguaci di Orlando. L'Unità ha rispolverato toni duri, d'altri tempi. Il sentore Libertini di Rifondazione ha parlato di «soppressione di uno dei rari spazi di libertà». Il manifesto gli ha dedico il giorno stesso due articoli, uno militante, sul genere «io lo conoscevo bene». Lo stato dell'iniòrmazione tv è tale che le opposizioni guardano ormai al simpatico ex croupier come a un Cronkite italiano, un Woodword-Bernstein all'amatriciana, una primula rossa catodica (Gianfranco «Che» Funari). Non mancherà neppure l'appoggio di Martelli e Mario Segni, ospiti prediletti di «Mezzogiorno Italiano». Insomma, eccoci qua a parlare finalmente di unità delle sinistre. Dalle masse alle massai. Il simbolo: quercia Valleverde o prosciutto di Par- mas Valli ma su sole nascente? Scherzi ed esagerazioni a parte, la saracinesca calata da Berlusconi sull'edicola Cu Marcisca è un brutto segnale. Il definitivo, anzi, che anche in tv «la festa è finita». La stagione passata è stata una delle più sorprendenti della storia tv. La migliore? No, la p'ù libera. Al di fuori dall'informazione inamidata dei tg, si sono sviluppate strane «zone franche», gestite in genere da capipopolo un po' mitomani, ma confusamente pronte a ospitare l'Italia reale. Oitre a Funari, a caso: l'allegria iconoclasta di «Blob», le piazzate di «Samarcanda», il ghigno di «Avanzi», gli sberleffi di «Stri¬ scia», il Costanzo anti-maiia, brani di «Profondo Nord», l'eversivo Chiambretti. Un palinsesto alternativo, a volte carnascialesco, figlio del caos e della lunga vacanza del Potere tra picconate, crisi, voti frastagliati, arresti, tangentopoli. Funari era uno dei tribuni eletti dal popolo dei telecomandi nel corso della sommossa. Con rischi di culto della personalità e deliri d'onnipotenza (gli spot «civili») Quando uno per attaccare Costanzo tira fuori il «saluto ai piduisti», in casa di Berlusconi, significa che è arrivato al capolinea. Il fax inviato ad Arcore era a quel punto inutile. Non sarà l'ultimo «caso». Oltre il deserto estivo s'intravede la grande restaurazione d'autunno. Il governo c'è e ci guarda. Propone la galera per i cronisti giudiziari. Figurarsi se risparmiare la tv, dove la censura è da sempre la norma. Certo, Funari martire della libertà, chi l'avrebbe immaginato. Ha capito tutto quel Chiocchi, giornalista di Raitre, che s'è offerto come conduttore: «Perché Funari sì e io no?». A tv-Weimar tutto è ancora possibile, per un po'. Se Guglielmi sceglie me, giuro che comincio salutando il moralizzatore Pasquarelli e i suoi amici «consulenti», pagati con centinaia di milioni per pensare programmi fantasma. E gli spedisco pure un fax a casa. Così, per spregio. Curzio Maltese Gianfranco Funari

Luoghi citati: Arcore, Francia, Italia