Il Csm, tempio di battaglie e veleni

Il Csm, tempio di battaglie e veleni Negli uffici di Roma dovrebbe essere decisa la strategia antimafia, ma si pensa alle carriere Il Csm, tempio di battaglie e veleni Bufera a palazzo dopo la morte di Falcone e Borsellino Al GIUDICI ROMA DAL NOSTRO INVIATO Lana condizionata soffia a temperature polari nelle stanze vuo| te di Palazzo dei Marescialli quando sono le 9 di sera e anche il penultimo consigliere se ne va con la maglietta del week-end e il telefonino in mano. Resta il prò fessor Lombardi, abito scuro e sguardo risorgimentale, con una bellissima stampa della Divina Commedia alle spalle e una bottiglia di minerale sul tavolo. Fuori di qui Roma ribolle di caldo e di indifferenza. In piazza di Spagna c'è il defilé di moda e già la capitale impazzisce di traffico e di tassì introvabili. Eccoci al Consiglio superiore della magistratura, nei corridoi del vero palazzo dei veleni, il palazzo delle lacrime di coccodrillo, il ring della giustizia italiana, il tribunale di autoassoluzione e autopromozione di tutti i magi strati. E' qui che si decidono le carriere, gli incarichi, i trasferimenti, i destini, la vita dei giudici. Qui sono caduti sotto i colpi dei veti incrociati, degli scambi di favore, degli equilibri politici, delle invidie personali e professionali Giovanni Falcone e Giuseppe Ayala. Qui, giusto quattro anni fa, si apriva un procedimento contro Paolo Borsellino, colpevole di aver detto quello che lutti sapevano: che grazie alle scelle del Csm le indagini sulla mafia erano morte e sepolte. In queste stanze, attraverso questi corridoi adesso deserti le tragedie palermitane di questi f»iomi sono state tutte puntualmente annunciate Anche l'ultima di via D'Amelio: un consigliere ci ha rivelato che proprio di fronte alla bara di Giovanni Falcone, la moglie di Paolo borsellino ha afferrato il braccio di Giovanni Galloni, vicepresidente del Csm. e grosso modo gli ha detto. «Portatelo via da Palermo perché qui me lo ammazzano*. Ma non c'è bisogno di confidenze sussurrate in questi tempi in cui i cadaveri sono caldi e nessuno parla e chi lo fa chiede l'anonimato: il copione di questa follia è scritto, punto per punto, negli atti del Csm Basta prendere i verbali della seduta del 19 gennaio 1988: era previsto, annunciato e denunciato che scegliendo l'anziano Meli e bocciando il giovane Falcone per il ruolo di capo dell'ufficio Istruzione il pool antimafia sarebbe stalo sciolto. Lo aveva detto, per esempio, Giancarlo Caselli; ma anche Pietro Calogero (il pubblico mini stero padovano del «7 aprile» padovano), con un intervento molto breve e molto chiaro: la scelta di Meli «va contro il buon senso». Meli, invece, vinse per un solo voto di di l'I cn-il/,!: «Buona ani ministrazione - disse per esem pio un consigliere di Magistrato ra democratica, che con due voti su tre si pronunciò contro Falcone - è anzitutto quella che osserva le regole, che non si chiude in un'ottica di puro risultato». Bisognava rispettare l'anzianità di Meli, non proporsi di battere la mafia. Abbiamo chiesto a consiglieri passati e presenti del Csm se questo significhi fiancheggiamentj della mafia, se aver deliberatamente escluso l'uomo più adatto per il posto più difficile sia slato una consapevole opera di appoggio a Cosa nostra. Ma tutti hanno risposto di no. Non c'è malafede, c'è la burocrazia al potere, c'è l'inerzia delle «regole», c'è il dominio della difesa del corpo: c'è un governo della magistratura - ci ha spiegalo un consigliere della commissione nomine - tendente innanzitutto a garantire tutti, anche i pigri, eliminando le «punte» come Falcone. Il Csm è un ingranaggio governalo da due Ionizzazioni sovrapposte, non da una sola come le usi o la Rai: i membri togati sono espressi dalle quattro «correnti» della magistratura, i membri laici sono spartiti tra i diversi partiti politici. I togati sono sospettosi nei confronti dei laici, spesso visti come portatori di interessi politici. Un conflitto continuo, un litigio dietro l'altro: ogni decisione richiede infinite mediazioni che si risolvono quasi sempre nella scelta meno impegnativa. Falcone è isolato e bocciato nell'88; nel '90. quando si presenta candidalo al Csm, raccoglie appena 50 voti e non viene eletto; nel '92 quando si propone per dirigere la superprocura antimafia, e cioè l'estensione della pratica del pool a tutto il Paese, incontra un fuoco di sbarramento totale a Palazzo dei Marescialli. Eppure erano passati quattro anni dalla sua bocciatura che provocò polemiche e ripensamenti infiniti: e i coccodrilli, anche qui, avevano già versato le loro lacrime. Per capire meglio questa logica bisogna leggere cosa dice il consigliere Umberto Marconi nella re- lazione in cui sostiene la candidatura Meli e boccia quella di Falcone: è ai giudici umili, ai non protagonisti che «noi dobbiamo rispello... garantendo legalità ed equilibrio nelle procedure... anche in quelle di nomina per posti direttivi... perchè si possa dire che senza sussulti... noi assicuriamo a ciascuno il suo». A Palermo la mafia bombardava Palazzo di giustizia e il consigliere Cariti cosi motivava la sua scelta: «Mentre mi accingo a votare per Meli... non posso non constatare che in astratto il dottor Falcone, per la professionalità e l'eccezionale impegno, potrebbe essere l'uomo giusto al posto giusto, ma in concreto...». E' cambiato qualcosa dall'88 a oggi? No. Qualche mese fa è stato nominato il Procuratore della Repubblica di Roma, In corsa c'erano due pubblici ministeri di esperienza e di prestigio come \ Coiro e Volpali-il più titolato sarebbe stato probabilmente Coirò, ma essendo di Md, di sinistra, era improponibile per una poltrona tradizionalmente assegnata a un moderato. Volpari avrebbe spaccato il Csm in senso opposto. Si è scelto un terzo candidato, il dottor Mele, cottimo magistrato di Cassa/ione», ma che ha fatto il pubblico ministero per soli quattro anni, all'ini.-, io della carriera Ou ilche mesi fa si è deciso di non prendere nessun provvedi¬ mento contro Pasquale Barreca, il presidente di sezione della corte d'appello di Palermo che con decisione legittima, ma assai discutibile, aveva consentito il ricovero in ospedale (da dove è poi evaso Pietro Vemengo, il «killer dei cento delitti») di parecchi boss reclusi. Ci ha detto un altro consigliere del Csm: «Una decisione che mi ripugna: se avessi seguito l'impulso avrei votato perché fosse caccialo dalla magistratura. Ma noi non possiamo sindacare sulle sentenze. Su Barreca si doveva solo decidere se era incompatibile con l'ambiente: non lo era e allora ho votato anch'io per lui». E cosi qualche giorno fa Barreca ha .annullato una sentenza di condanna del super-boss Nitto Sanlapaola. Eccoci dunque davanti al professor Giorgio Lombardi, uno dei membri laici del Csm, cioè un non magistrato. Lombardi insegna diritto costituzionale all'università di Torino. Professore, come può succedere tutto questo? Lombardi non vuole fare dichiarazioni, ma si fa capire benissimo scandendo queste parole: «La verità è che al Csm è affidata la garanzia dei percorsi professionali del magistrato, non il controllo dell'operato della magistratura. La Costituzione dice che i giudici sono sottoposti unicamente alla legge. Tra la volontà astratta del legislatore e la traduzione concreta negli atti c'è solo l'intelligenza del giudice, gli unici spazi di controllo sono quelli dei diversi gradi di giudizio». Insomma, il Csm è un gigantesco ufficio del personale, che deve occuparsi anche dei permessi per l'allattamento delle giovani uditrici madri, ma non di come si fa giustizia. Al Csm i 7 mila e 500 giudici chiedono la garanzia che la loro carriera, dai 26 ai 70 anni, si svolga naturalmente, secondo la giusta progressione di grado. Come diceva Marcone perché ciascuno ottenga «il suo». Ed essendo composto da membri eletti, che non possono essere rieletti, ma devono garantire alla corrente il mantenimento del seggio, si favoriscono tutti e non si punisce nessuno. Il paradosso però è che il Csm scegliendo i capi degli uffici (come nel caso Meli-Falcone) determina la politica giudiziaria di cui è responsabile il governo. Per questo il ministro Martelli ha chiesto alla Corte Costituzionale di risolvere il conflitto sostenendo che la valutazione delle capacità organizzative e direttive di capo spettano a lui e non soltanto - per via burocratica - al Csm. E alla Corte ha vinto il primo round. Andiamo dal professor Massimo Brutti, ora senatore del pds, fino al '90 membro laico targato pei. Fu uno dei sostenitori di Falcone, e conferma che il Csm è un organismo collegiale, complesso, all'interno del quale si svolge una lotta politica dura. Nella bocciatura di Falcone, dice Brutti, «prevalsero miopia e corporativismi. Non voglio dire altro». E poi aggiunge: «Mi dà l'angoscia pensare che in quei giorni sarebbe bastato convincere due persone in più per nominare Falcone. Sarebbe cambiato tutto». Questa angoscia ora pesa come un macigno sulla coscienza collettiva del Csm. Eppure, solo qualche settimana fa, dopo la strage di Capaci, sono volati insulti feroci tra i socialisti (favorevoli a Falcone per la superprocura) e i pds, contrari. Ora i pds rinfacciano ai socialisti di bocciare la candidatura di Agostino Cordova, procuratore di Palmi, perché ha messo sotto accusa i nessi calabresi tra alcune cosche mafiose e alcuni socialisti. Volano gli stracci, il superprocuratore non c'è e la mafia fa le stragi. Siccome i membri del Csm non vogliono parlare chiediamo al professor Giuseppe Di Federico, bolognese, docente di organizzazione giuridica, studioso del Consiglio, di farci una sintesi dei problemi: «Il Csm è nato per proteggere l'indipendenza della magistratura e garantire i cittadini sulla professionalità dei magistrati. E invece ha garantito tutti i giudici, non ne ha mai vagliato le capacità professionali, ò venuto meno ai compiti che gli erano stati assegnati dalla Costituzione». Un esempio? I curricula di ciascun giudice vengono compilati dagli altri giudici dello stesso distretto. Ne ahhiamn visti alcuni, nessun magistrato vi appare mai meno che «integerrimo», tottimo». Dice Di Federico: «Quando si dice che tutti "sono bravi" diventa difficile scegliere, il criterio dominante diventa l'anzianità, lo scambio di favori tra le correnti domina tutto, ognuno viene accontentato nei suoi desideri». Ciascuno, come auspicava Marcone, ottiene «il suo». Martedì il Csm riapre il caso Palermo: chi sarà la sua prossima vittima? ma* inietti I consiglieri in difesa «Dobbiamo rispettare le regole dei partiti e della burocrazia»