C'è un Dream Team anche per l'Italia
C'è un Dream Team anche per l'Italia La Nazionale di pallavolo, campione d'Europa e del Mondo, insegue il titolo che le manca C'è un Dream Team anche per l'Italia Un intoppo: male ai piedi per le scarpe da cerimonia BABC1LLOHA DAL NOSTRO INVIATO L'Italia della pallavolo comincia la corsa all'oro con le vesciche ai piedi. Colpa delle scarpe dure. «I ragazzi hanno provato la divisa per la cerimonia inaugurale ma non sono più abituati ad indossare altro che le scarpe da ginnastica. Sono come i contadini di una volta, che sapevano camminare soltanto con gli zoccoli», racconta Velasco, compiaciuto di questa tendenza al «casual» che esclude un'inclinazione all'imborghesimento. Il Dream Team nostrano si vede piuttosto compreso nel ruolo di ambasciatore dello sport azzurro che funziona. Ma e soltanto una questione di cicli fortunati. «Ora siamo la faccia vincente, domani potremmo tornare nel sottoscala, com'era una volta», si schermisce il et, perché la grande paura della pallavolo, in fondo, è di restare ingabbiata in un modello che non vuole essere. «Noi non insegniamo nulla a nessuno, siamo solidali con chi non è qui», aggiunge Velasco. E il pensiero corre al basket, il riferimento costante degli anni difficili, «quando si veniva soltanto per partecipare ed erano loro a lottare per la medaglia». Barcellona e l'Olimpiade della svolta, della possibile «grandeur». In tre anni gli azzurri sono diventati i campioni d'Euro¬ pa e del Mondo. Hanno vinto moltissimo e perso poco e se «Sport Illustrateci» classifica l'Italia solo terza dopo Cuba e la Csi, non è detto che gli entusiasmi debbano gelarsi. Anche in America sbagliano le previsioni: hanno dato Lamberti medaglia d'oro sui 200 stile libero e lui non si è neppure qualificato per la prova. «La mia previsione è molto più semplice - dice Velasco -, siamo insieme ad altre cinque squadre che compongono il torneo più incerto nella storia della pallavolo: noi, Csi, Cuba, Stati Uniti, Brasile e Olanda, chiunque può vincere o arrivare almeno in semifinale. Un equilibrio che una volta si vedeva soltanto nel calcio. Noi abbiamo vissuto nella dittatura dell'Unione Sovietica, poi in quella degli Stati Uniti a Los Angeles e a Seul. Finalmente siamo diventati uno sport più maturo, senza egemonie e con un po' di suspense». Ma l'egemonia dell'Italia? «Non esiste. Più che la squadra dei sogni siamo una squadra che ha un sogno e c'è una bella differenza rispetto alla Nazionale di basket americana. Negli ultimi anni abbiamo vinto molto, ma sempre soffrendo: non c'è un abisso tra noi e le altre. E' bastato qualche piccolo problema per farci superare dall'I!ras agli Europei dell'anno scorso». Il pericolo è che l'intoppo si ripeta. La Nazionale apre domenica il proprio torneo contro la Francia e non avrà problemi fino al termine delle qualificazioni: l'ultima partita contro gli Usa, che hanno portato una squadra di esperienza e mirano al terzo oro consecutivo, dovrebbe decidere soltanto la posizione nel girone. Poi verranno i guai. Dai quarti si va ad eliminazione diretta e agli azzurri toccherà subito una squadra terribile, Brasile, Olanda, Urss o Cuba, la composizione dell'altro gruppo non lascia spazio alla fantasia. «Bisogna risolvere un problema alla volta - sostiene Velasco -, altrimenti vengono emicrania e ansia. Sappiamo che per vincere l'oro dobbiamo essere i più bravi». Parla, il et, della maturità: in due anni una dimensione nuova, con l'arrivo degli sponsor e dei contratti miliardari. E racconta di quando nell'84 vedeva le Olimpiadi in tv a Pianella Vallesina, giovane emigrato nelle Marche dall'Argentina, con una laurea in tasca e un passato di opposizione ai colonnelli: gli sembrava incredibile poterle vivere da protagonista. «Nell'88 ci speravo già un po' di più. Allenavo la Panini, ero campione d'Italia. Andai a Seul come spettatore, ma sentendomi nel giro giusto. Los Angeles la vissi da tecnico della A2». il salto di qualità di Velasco rispecchia quello dell'Italia, che ora pensa in grande mentre 4 anni fa era «soltanto ispirata da De Coubertin», come ricorda Zorzi, alfiere di un gruppo che con le responsabilità si e inamidato nelle dichiarazioni. Non è più la pattuglia gioviale di Brasile '90, del titolo mondiale. Ma forse è giusto così. Resta da vedere se saprà assorbire bene la concorrenza interna, le rivalità di dodici uomini che più o meno si equivalgono. Per domenica Velasco ha già annunciato che vuol mandare in campo Cantagalli e Braca, per restituirli alla tensione agonistica dopo una lunga solata. Dovrebbe 'uscire Bernardi, uno del nucleo storico. Per non parlare di Tofoli: negli ultimi due allenamenti ha giocato Vullo in regia e di solito nelle vigilie Velasco prova il sestetto titolare. Il cambiamento è nell'aria. ndrea cchetto to Bruna. capitano zurro mpirà anni novembre ampione ropeo ll'89 mondiale l'90, gna altro ro a rcellona. Velasco ha già annunciato che vuol mandare in campo Cantagalli e Braca, per restituirli alla tensione agonistica dopo una lunga solata. Dovrebbe 'uscire Bernardi, uno del nucleo storico. Per non parlare di Tofoli: Andrea Lucchetto visto da Bruna. Il capitano azzurro compirà 30 anni a novembre Campione europeo nell'89 e mondiale nel'90, sogna un altro oro a Barcellona.
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