Com'era bella la nostra dittatura

Com'era bella la nostra dittatura Hanno un nemico giurato: l'Ovest «ricco e colonizzatore» che ha distrutto il loro mondo Com'era bella la nostra dittatura A Berlino, fra i nostalgici del comunismo DELL'EST LA TENTAZIONE DELL'OBLIO IBERLINO L nostalgico della Germania comunista può sembrare un controsenso e però esiste, e conta su alcune simpatie importanti perfino in Germania Ovest. La sua roccaforte è Berlino Est ma il movimento dei nostalgici recluta con un certo successo anche fuori Berlino, nei Lander dell'ex Ddr. II nostalgico soffre pene che non aveva immaginato - il giorno in cui festeggiò la caduta del muro - ed oraè graniticamente convinto che la Germania occidentale sia all'origine di tutte queste sue pene, di tutte le sue grandi difficoltà di adattamento. I vocaboli con cui è descrìtta la Germania Ovest sono attinti invariabilmente dal lessico familiare del comunismo, che come per miracolo ridiventa «salonfàhig», bene accetto nei salotti: i tedeschi dell'Ovest hanno «colonizzato» i cugini orientali e sono «sfruttatori capitalisti», profittatori, distruttori sfacciati di esistenze. Sono anche insopportabilmente «freddi», sprovvisti di «calore umano», «insensibili ai valori», incapaci di «familiarità, amicizie autentiche». Il lessico totalitario ha sempre avuto questo risvolto intimistico-domestico: quando il legame sociale è spezzato gli individui non si consociano ma si affratellano nel calduccio di microgruppi che sono le famiglie, le parrocchie. O le nicchie, come si diceva in Ddr. L'abitudine al collettivo è la più dura a morire, in tutto l'Est, e non bisogna appartenere alla nomenklatura per sentirne, oggi, la mancanza. Nei giorni scorsi, gli studenti e Erefessoli dell'università Humoldt a Berlino Est hanno nominato un nuovo rettore. «Hanno scelto una professoressa di sociologia, Marlis Durkop, perché non appariva fredda come gli altri candidati,'ma piena di comprensione, di capacità di immedesimarsi», scrive Kurt Rouman sulla «Frankfurter Allgenjeine». E conclude, ironizzando: «I Wessi (gli occidentali) sono gelidi, non pensano che all'efficienza. Gli Ossi (gli orientali) sono cordiali, difendono i valori umani». Gli stessi difensori dei valori umani hanno difeso fino all'ultimo il vecchio rettore, Heiner Fink, costretto a dimettersi perché compromesso con la polizia politica del regime, la Stasi. Il nostalgico non è necessariamente un comunista - spesso ha anzi esecrato il regime, che per una vita lo ha immurato - e di solito non è neppure presentabile in società, perché il suo arrancare è penoso a vedersi. Ma i suoi nuovi rappresentanti sì che sono comunisti, e se non comunisti collaboratori. 11 movimento dei nostalgici è un'invenzione di Gregor Gysi (capo del partito comunista ribattezzato pds, partito democratico della sinistra), di Peter-Michael Diestcl (sospettato di collaborazione con la Stasi, democristiano ai tempi di Honecker) e di intellettuali compagni di strada come Stephen Heym. Il movimento ha già creato una rete di Comitati della Giustizia, in tutta la Germania, con lo scopo di rappresentare gli interessi «gravemente lesi» del collettivo-Ddr. Per fame parte non son chieste speciali convinzioni: importante è creare un Fronte - dicono i dirìgenti dei Comitati • e avere un nemico in comune. - Il-Fronte è un tetto che accoglie tutte le famiglie. E' un fronte popolare, egemonizzato magari dai comunisti ma «solo perché questi ultimi sono bravi nell'organizzazione». La leggenda non è nuova, e chi ha memoria ricorda che i regimi comunisti son nati nello stesso modo. Altro vantaggio: i capi dei Comitati verbalizzano facilmente quel che i sofferenti non sanno dire. A differenza del nostalgico di base, il capo nostalgico è salonfàhig. Anzi è un leone dei salotti. Di Gysi si dice che non solo è intelligente ma anche seducente, se non sexy. Di Diestel pure. Anche questo non è nuovo. Il «Salonbolschewik» è una figura nota, nella storia tedesca fra le due guerre; e sempre ha ripetuto, con Brecht: «Sprofonda nella sozzura - abbraccia il boia • ma cambia il mondo - perché il mondo ne ha bisogno». Nelle ultime elezioni comunali, a Est di Berlino, il pds di Gysi ha raccolto il 32 per cento dei voti. Niente male, per un partito che ha distrutto la Ddr e ha lasciato le sue città, e le strade, le case, i monumenti, nell'identico stato in cui erano dopo la guerra. Chi ha visitato Dresda o Halle o Bielefeld avrà visto di cosa son stati capa¬ ci gli uomini che oggi invocano «giustizia». Ma chi ha voglia di guardare in faccia la realtà, e la storia di assoggettamenti e delazioni, di vigliaccherìe e illegalità, che è stata la Ddr? «La forza del movimento è nel totale distacco dalla realtà e risponde al desiderio, d'altronde ricorrente nella storia tedesca del ventesimo secolo, di dimenticare», mi dice David Gi 11, che ha partecipato alla liberazione dell'89 e adesso lavora negli uffici di Joachim Gauck, il plenipotenziario che riordina gli archivi della Stasi e li rende accessibili al pubblico. «Quasi tutti i dirigenti dei Comitati sono ostili alle epurazioni, favorevoli all'immediata chiusura degli archivi, solidali con chi c stato allontanato dai posti di comando perché smascherato come agente segreto». Quanto alle simpatie riscosse in Germania occidentale, il motivo è spesso chiaro: anche a Ovest c'è cattiva coscienza - a causa del sostegno dato cosi lungamente alla Dar e del fastidio regolarmente manifestato verso il dissenso in Polonia, o Cecoslovacchia - e «chi ha cattiva coscienza è tentato non meno fortemente dall'oblio». E Gill conclude: «Lo si è visto all'indomani del nazismo e la scommessa di Gauck è appunto di evitare che gli errori si ripetano, compulsivamente. La sua ambizione è di pensare i due totalitarismi insieme, non fosse altro perché la Ddr li ha vissuti uno dopo l'altro, senza interruzione. Una società diventa responsabile se tiene viva la memoria, non se l'imbavaglia. Se l'imbavaglia, non avremo regolato i conti né col nazismo né col comunismo: la nazione intera sarà colpevole, e non resterà neppure una traccia delle resistenze». Proprio questo caratterizza il nuovo movimento di Gysi e Diestel: questo rifiuto di paragonare i due sistemi totalitari, questa memoria emiplegica che ricorda, sì, gli orrori dei nazisti, ma non sembra rammentare nulla dell'esperienza comunista. Colpevolizzata in blocco, la nazione finisce con l'essere scagionata in blocco, e tutta insieme diventerà un collettivo di vittime: collettivo che per forza di cose, in ex Ddr, sarà portato a imputare le presenti difficoltà non già ai responsabili effettivi del disastro comunista ma all'arrogante, colonizzatore tedesco occidentale. Di qui a dire che questo avviene perché in Germania Ovest sopravvive il nazismo, il passo è breve. D'altronde anche questa incriminazione figura nel lessico ereditato dalla Dar.: a Est lo Stato antifascista per eccellenza - incarnazione della «Germania migliore» - a Ovest i veri eredi di Hitler, i «tedeschi cattivi». La favola è durata quasi mezzo secolo, e c'è voluta la caduta del muro perché i parlamentari della ex Ddr, nell'89, riconoscessero di essere anch'essi, in quanto tedeschi, responsabili del genocidio contro gli ebrei. E' su questa base che i fondatori dei Comitati fabbricano la seconda favola: quella della propria persecuzione, da parte della sempiterna Germania cattiva. E' il caso di Stephen Heym, schiaffeggialo qualche giorno fa, nel ristorante d'un albergo di Colonia, da un ex prigioniero della Ddr fuggito in America. L'emigrato aveva pesantemente insultato lo scrittore, dopo averlo riconosciuto, e da questi era stato redarguito con ferocia: «Neil? guerra contro i fascisti avrei potuto sparare anche contro suo padre. Sarebbe una cattiva azione ma oggi non avrei problemi, con lei». Una-reazione spazientita da vecchio stalinista - chi è stato nelle carceri comuniste deve essere stato un fascista - e che ha mandato in bestia l'emigrato. E' seguito il ceffone, e subito i Comitati di Giustizia hanno protestato. «In Germania si tornano a picchiare gli scrittori», ha annunciato Gysi, dimentico di com'erano trattati i dissidenti dal partito che ha sempre servito. E il quotidiano del suo partito, «Neues Deutschland»: «Quanto tempo dovremo aspettare prima che il Reichstag tomi a bruciare?», fìngendo anch'esso di ignorare quel che gli storici ormai sanno e cioè che l'incendio del Reichstag facilitò l'ascesa di Hitler ma non fu orchestrato dai nazisti, come i comunisti hanno sempre sostenuto. Ma la verità storica non interessa il Fronte dei nuovi Dannati dell'Est. Interessante, dal suo punto di vista, è creare un'atmosfera che ricordi i tempi di Weimar, la debolezza nonché l'inutilità delle istituzioni democratiche. «Mi sento come nel Terzo Reich», ha detto Heym. E Fink, l'ex rettore, paragona le inchieste sul proprio passato di collaboratore alla p'irsecuzione degli ebrei: «Mi dom.. «do se il mio no¬ me debba essere da ora in poi Heiner "Stasi" Fink - ha dichiarato in una conferenza stampa dei Comitati - come quando gli ebrei dovevano aggiungere, al proprio nome, l'appellativo Sarah o Israel». Restano da capire i motivi del nostalgico di base, e il perché dei successi di Gysi. I tedeschi dell'Est, non c'è dubbio, soffrono pene reali, e siccome hanno l'impressione di non essere ascoltati ricorrono ai demagoghi, come accade spesso a Est (la Slovacchia presenta molte similitudini con l'ex Ddr). Cosa può fruttare prendersela con le nomenklature e i comunisti, che tutti dicono morti e sconfitti? Cosa si può guadagnare da un esame di se stessi, delle proprie responsabilità? M aglio dunque prendersela con i vivi e i vegeti, magari, iniettando loro una buona dose di cattiva coscienza. Se il tuo destino ineluttabile è di essere vittima e minorenne, meglio continuare a prendersela con l'Altro: con lo straniero o con i ricchi capitalisti dell'Ovest, a seconda dell'estremismo che scegli. Meglio credere alle menzogne, se promettono guadagni. E le menzogne tornano a fiorire, in epoca di crisi. «Ai miei tempi non c'erano banane nei negozi ma in Ddr si viveva meglio che in Rft», scrìve Erich Honecker. Menzogne cui la classe politica in Germania Ovest non sa replicare, perché essa stessa, inconsapevolmente, ha permesso che fiorissero. «L'errore della classe politica a Bonn è stato di accettare l'idea che dal totalitarismo si possa uscire con risarcimenti, con riparazioni - sostiene 10 scrittore Klaus Hartung - e di non insistere invece sulla liberazione che è stato l'89. Errore fatale, perché l'idea del risarcimento accentua nella gente la sensazione di aver subito-dna perdita, e di vivere una catastrofe di cui responsabili sono i tedeschi occidentali, che non riparano a sufficienza». La Germania Ovest è cosi gelida, ingenerosa, frantumata nei suoi inani partiti. La stessa Commissione Gauck - la stessa democrazia - cos'altro fa se non dilaniare i collettivi, le famiglie, e farti vedere nel marito, nel vicino di casa, nel migliore amico, 11 possibile traditore, la spia? La democrazia comincia con l'estraniamento, e «precisamente questo linguaggio dell'estraniamento manca in Germania», conclude Hartung. Manca soprattutto negli spauriti, e i movimenti unitari - che vogliono incarnare tutta la società e non più modestamente le sue parti scommettono su questa paura. Anche Hitler diceva che «non esistono partiti, ma solo il popolo tedesco». Anche i comunisti parlavano così. Gli uni e gli altri promettevano calore, familiarità, contro il grigiore della democrazia e il gelo del contratto sociale. Così il padre diveniva padrino, la famiglia un carcere e il figlio un tutelato della Stasi. L'errore dei politici di Bonn è stato credere di poter estirpare il totalitarismo soltanto con i risarcimenti Il movimento è guidato da intellettuali leader dell'ex pc e collaboratori della Stasi «m tu** ! H! L'errore dè stato creestirpare soltanto cIl cancelliere tedesco Helmut Kohl A fianco una marcia di protesta a Berlino [FOTO iPA) Un momento della festa a Berlino per l'uirficazrone della Germania dopo la caduta del Muro A fianco, l'ex presidente Ddr Erich Honecker Sopra Gregor Gysi del partito democratico della sinistra Il cancelliere tedesco Helmut Kohl A fianco una marcia di protesta a Berlino [FOTO iPA)