Cio, no alla Jugoslavia

Cio, no alla Jugoslavia Cio, no alla Jugoslavia Vietate le squadre, sì ai singoli Serbia minaccia il blocco totale BARCELLONA. Ieri finalmente il Comitato Olimpico Internazionale ha potuto ufficializzare, dopo la decisione dell'Onu e quindi della Spagna, la presenza ai Giochi di atleti serbomontenegrini, bosniaci e macedoni a titolo individuale. Gli stessi non possono prendere parte a sfilate e cerimonie evocanti i loro Paesi. Sempre il Ciò ha automaticamente dovuto (e voluto?) vietare a quel che resta della Jugoslavia la presenza come squadra. In chiave pratica, questo dovrebbe significare la partenza immediata per Barcellona, dove i Giochi vengono inaugurati sabato ma già domani avranno un prologo calcistico, di macedoni e bosniaci (famosa ormai Mirseba Buric, la podista che si è allenata a Sarajevo schivando i micidiali colpi dei cecchini), nonché di squadre premiate, in pallanuoto e pallamano e basket femminile, dall'assenza della Jugoslavia. E' il caso delle cestiste azzurre, che sono felicemente arrivate ieri sera a Barcellona. Ma morto un caos ne nasce un altro: da Belgrado, infatti, c'è chi fa sapere che Serbia e Montenegro non intendono assolutamente accettare la dissoluzione anche sportiva della Jugoslavia e l'embargo decretato alla nuova nazione che le due repubbliche ormai costituiscono. E dunque, pei- orgoglio o per ripicca, Serbia e Montenegro sono intenzionate a vietare ai loro atleti la partecipazione individuale alle Olimpiadi. Sempre da Belgrado, c'è chi fa sapere invece che il premier Panie ha detto che la decisione del Comitato internazionale gli pare bella e giusta. Il veto governativo, se non contrastato dal Coni jugoslavo, da ieri riunito, potrebbe significare un pesante intervento sportivo del Ciò, con una squalifica - da scontare chissà quando e chissà come - allo sport di una nazione che non c'è più o a una che non c'è ancora. Il sì alle Nazioni Unite e quindi al Ciò potrebbe invece significare addirittura un interessante cedimento politico di Belgrado. Il Ciò ha dato altro tempo al Coni jugoslavo, ma stamane inderogabilmente, cosi almeno è stato detto a Barcellona • dovrà sapere. E intanto si chiarirà anche se staffette e doppi nella canoa, nel canottaggio e nel tennis sono da considerare squadre o no: Carrard, direttore generale del Ciò, ha detto che questo appare davvero un bel problema... Ieri il Ciò ha fatto anche il punto sul doping, con un intervento di De Merode, il belga che presiede la commissione medica. I controlli passeranno dai primi tre atleti classificati ai primi quattro, più un paio di sorteggi per finale, più interventi post-gara a discrezione dei giudici. Sono in programma anche prelievi persino in allenamento, senza il preavviso di un giorno, sinora utile forse più all'atleta per «lavarsi» che per farsi trovare. E il prelievo di sangue, per individuare prodotti sofisticati, per combattere l'uso ormai risaputo dell'eritropietina, che aumenta i globuli rossi e che sfugge alle verifiche ufficiali di adesso? De Merode lo vorrebbe subito, ma si è detto disposto ad aspettare il 1994, cioè i Giochi invernali di Lillehammer, Norvegia. «Anche perché - ha spiegato - siamo a duemila prelievi di questo tipo, e contiamo di arrivare a diecimila per avere una casistica capace di resistere ad assalti legali cavillosi». La federazione internazionale degli sport invernali fa già prelievi di sangue, ancorché non sistematici, per iniziativa sua, e dunque l'innovazione è molto relativa. Secondo De Merode, non ci sono ostacoli di natura etica e religiosa a tali prelievi. Ma sembra che al Ciò non tutti siano d'accordo sull'introduzione di un prelievo che, in caso di interpretazione estensiva della ricerca, porterebbe imbarazzanti e addirittura tragiche notizie sulla sieropositività di molti atleti, specie provenienti dall'Africa, dove ci sono gli struzzi che nascondono la testa nella sabbia. (g, p. o.)

Persone citate: Carrard, De Merode