«Ai privati Comit o Credit» di Valeria Sacchi

«Ai privati Comit o Credit» «Ai privati Comit o Credit» Bankitalia manda un segnale E si riparla di nozze Bnl-Imi MILANO. Comit e Credit verso la privatizzazione, Bnl unita all'Imi. Sono questi i segnali delle ultime ore. Che, va subito detto, potrebbero essere ribaltati fin da stamani. Ma certamente è uno scenario che trova, in mille fattori esterni, delle buone giustificazioni. Privatizzare una delle Bin o tutte e due significa trasmettere all'estero, ossia a quei mercati che da settimane si muovono in sintonia contro la lira senza staccare il piede dall'acceleratore, il segnale che il governo Amato è deciso a cambiar rotta. Unire la Banca Nazionale del Lavoro all'Imi significa risolvere i problemi di sottocapitalizzazione dell'istituto presieduto da Giampiero Cantoni, legati al buco dell'avventura irachena. Vuol dire chiudere col passato e con Atlantagate. Sulla necessità di privatizzare le Bin si sofferma tra l'altro un documento dell'ufficio studi di Bankitalia, trasmesso l'8 luglio al ministro dell'Industria Antonio Guarino, nell'ambito del progetto superholding. L'equipe di Pierluigi Ciocca, infatti, scrive nella nota a Guarino che la privatizzazione delle Bin, o almeno di una, si renderebbe necessaria per evitare alla superholding del Tesoro di trovarsi in contraddizione con la normativa antitrust, avendo in portafoglio, oltre al controllo di Comit e Credit, anche Bnl, Imi e Ina. A questo proposito, tuttavia, bisogna aggiungere che il successo di una eventuale privatizzazione delle Bin sarebbe comunque legato alle modalità dell'operazione. Se essa avvenisse attraverso aumenti di capitale che diluissero automaticamente la quota del controllo pubblico, per il collocamento non esisterebbero problemi. Più complicato, viceversa, sarebbe se la privatizzazione avvenisse con la vendita diretta sul mercato da parte di Iri, o della superholding di turno, di parte del pacchetto azionario. E veniamo a Bnl. Da tempo l'istituto ha bisogno di una ricapitalizzazione. Lo ha più volte ripetuto il presidente Cantoni, quantificando una prima necessità in non meno di 3000 miliardi. A dire la verità, il piano di Cantoni era più complesso. Esso prendeva in considerazione anche la possibilità di creare un polo Bnl-Comit, che portasse alla creazione di una superbanca europea in grado di fronteggiare il mercato unico ad armi pari, con non meno di 1500 sportelli e una massa amministrata superiore ai 250.000 miliardi. Un matrimonio che avrebbe però comportato, per far sparire i doppioni, drastici tagli occupazionali, che qualche studio aveva quantificato in non meno di 8000 unità. Proprio per scongiurare questo pericolo si era mosso il presidente dell'Iti, spingendo le sinergie tra Comit e Credit, d'accordo con l'amministratore delegato di Credit, Piero Barocci, e con i vertici Comit. E' vero che, oggi, Franco Nobili non si trova in posizione di particolare forza, ma al Tesoro c'è Barocci, ed è lui l'uomo da cui questo universo di banche pubbliche dipenderà. E quindi, ecco riprender forza il secondo scenano: l'accordo tra Bnl e l'istituto guidato da Luigi Amiti. Tuttavia la prudenza si impone, dai momento che una eventuale operazione Imi-Bnl dovrebbe disfare tutta quella faticosa trattativa che aveva già portato all'accordo di principio tra Imi e Cariplo. Fonti romane affermano che, mai e poi mai (sebbene la parola «mai» sia in questi tempi calamitosi più che mai relativa), la de consentirà all'Imi di cambiar rotta verso Bnl. Sono assolutamente contrari sia Arnaldo Forlani che il senatore Lucio Abis, capo dell'ufficio economico scudo-crociato. E poiché si suppone che il «pro- Stto holding», vale a dire il riItone assoluto dell'universo degli enti pubblici, dovrà pure avere un qualche assenso de, la battaglia sull'Imi si preannuncia durissima. Anche perché a capo della superholding del Tesoro dovrebbe andare Pellegrino Capaldo che, per quanto trasversale, è di fede democristiana. Come del resto il ministro del Tesoro, Piero Barocci. Tuttavia, sempre ieri, il presidente della Cassa di risparmio di Venezia, Giuliano Segre, di fede socialista, ha dichiarato che «l'Imi resterà nella superholding», e proseguirà nella politica di accordi commerciali e scambi azionari con banche ben radicate nel territorio, convenzioni che già valgono una rete di 600 sportelli, dall'Alpe all'Etna. La guerra è già in pieno svolgimento. Valeria Sacchi

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