Libero l'autista di Cavaliere
Libero l'autista di CavalleroDopo 27 anni di carcere, Rovoletto potrà dormire a casa Libero l'autista di Cavallero Il passato? «Non parliamone più» Lavora in una ditta di pompe funebri Una festa alla buona, in famiglia: un prosciutto crudo affettato per 1 occasione, una bottiglia di vino. E anche Adriano Rovoletto, 57 anni, quello della banda Cavallero, ha ottenuto la libertà condizionale, dopo quasi 27 anni scontati, e 1400 giorni di semilibertà. A un mese dalla liberazione del «capo», Pietro Cavallero. I giudici del Tribunale di Sorve- {;lianza di Torino hanno emesso a sentenza, «serena e unanime»: Rovoletto non dovrà più dormire in carcere, firmerà dai carabinieri una volta la settimana, non uscirà di casa dalle 22 alle 7. Alto, massiccio, emozionato: «Vi ringrazio tutti. Non sapete quanto sono felice». Alla dottoressa Brambilla, il giudice che si occupa del suo caso, ha detto: «La trovo proprio in forma. Non assomiglia proprio ai miei clienti». Da quando è in semilibertà lavora in una ditta di pompe funebri, a Torino. Pietro Cavallero, Sante Notarili cola, Adriano Rovoletto. La banda Cavallero. Famosi, famigerati. Esordirono il 22 gennaio 1964, una rapina in piazza Rivoli. Colpirono «m'impiegata, Giovanna Flecchia. Se la cavò. Alla Consolata c'è ancora appeso il suo «ex voto», per grazia ricevuta. Dopo, cinque anni di terrore. Armi e auto potenti, l'autista era lui, Rovoletto. Il 16 gennaio 1967, due rapine in meno di un'ora: a Cirio, e uccisero il medico Gajottino. Poi ad Alpignano, distante 10 chilometri. Un autista della Mobile, il più bravo, provò a rifare il percorso. Ma Rovoletto era stato più veloce. Poi Milano, rapina in largo Zandonai. Con- loro c'era anche la mascotte, Donato Lopez, 17 anni. Quattro morti e 19 feriti. La banda si divise, vennero catturati tutti. Al processo i giornali si scatenarono: «Quattro belve in assise», e giù con la storia di Cavallero «dai denti di lupo», «quello con le mani piccole», cioè Notamicola, e «quello grosso», Rovoletto. Nel 1972 la Cassazione confermò la sentenza, ergastolo per tutti e tre gli imputati: «Sono responsabili di 5 omicidi, di 45 ferimenti e di 23 rapine: il loro comportamento prima, durante e dopo il delitto non merita attenuanti». Cavallero e Notarnicola impassibili, Rovoletto disperato. Come sempre, lui che nella banda era «il gregario», il più semplice, bonaccione. Figlio di operaio della Fiat Ferriere, conobbe «il capo» nella bottega del falegname Nicola Cavallero. Poi 10 assunsero alla Fiat, ma si licenziò: «Non riesco a stare al chiuso, mi viene il mal di testa». Nel 1956 venne sorpreso con due valigie rubate dall'auto di un rappresentante. Nelle valigie ci sono 50 scarpe, tutte sinistre. 11 capo della Mobile gli fa una paternale: «Non sei neanche ca- Ci ce di fare il ladro, cercati un voro onesto». Sembrava pentito, se la cavò con una piccola condanna. Aveva una bella voce, cantava l'«Ave Maria» ai matrimoni. Si sposò, ebbe un figlio, Robertino. Il matrimonio andò a rotoli. Fece il camionista in una ditta che trasportava vini. La ditta fu chiusa per sofisticazioni. Ritrovò Pietro, il figlio del vecchio principale. Misero su una ditta a Settimo, la «Rovoletto penne a sfera». Ma era la copertura per le rapine. Lui rubava le auto in zona Mirafiori, preferibilmente «1100». L'amico pensa¬ va alle armi. Iniziava cosi, la loro storia. Oggi Cavallero lavora con i malati di Aids al Sermig. Notarnicola in carcere si era politicizzato, negli anni del terrorismo: oggi è in semilibertà, vive a Bologna. Lopez è a Torino, gestisce un distributore di benzina. E anche per Rovoletto adesso è davvero quasi finita. Dice: «Sono storie chiuse. Per il bene di tutti, non parliamone mai più».
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