La favolosa Atlantide io so dov'era: a Troia di Anacleto Verrecchia

La favolosa Atlantide io so dov'era: a Troia Lo scrive un archeologo tedesco, polemiche fra i colleghi La favolosa Atlantide io so dov'era: a Troia A Troia si veli più di ciuci che si logge nello guide, ma molto mono di quel che ci si aspetterebbe, * anche se gli esametri delVIliade muovono la fantasia del visitatore. L'archeologo tedesco Eberhard Zangger. invoco, vi ha vislo più di quel die si possa sognare: la favolosa Atlantide. Lo riferisce in un libro pubblicato da poco a Monaco, il cui titolo ò Atlantis Fiuf Legende wird entzijfcri (Verlag Drocmer Knaur). Si tratta di un bengala lanciato in aria per farsi pubblicità, come spesso capita anche in campo scientifico, o di qualche cosa di più serio? Di sicuro ò una miccia che da fuoco allo polveri. Alcuni, prosi dall'entusiasmo, hanno dichiarato che il libro ó «geniale o del tutto plausibile». Curtiss Runnels, archeologo di Boston, va più in là e dice che questo lavoro avrà «sul mondo accademico un effetto pari a quello delle scoperte di Schlieinanni:. Invece l'archeologo tedesco Manfrod Korfmann. che dal 1988 ha ripreso, grazie ai finanziamenti della DaimlerBonz, gli scavi a Troia, si stringo nelle spalle e si rifiuta di verificare «il bizzarro scenario» immaginato da Zanggcr. Nelle parole di Korfmann non c'è solo scetticismo, ma anche irritazione. E lo si può capire: mentre lui suda e scava nella terra, arriva un giovanotto poco più che trentenne e dice di aver risolto lutto a tavolino. Il libro di Zangger, infatti, è frutto più di letture che di scavi, più di filologia che di archeologia. La leggenda di Atlantide deriva unicamente da Platone, che ne parla prima nel Timeo e poi, più diffusamente, nel Criy.ia, un dialogo rimasto misteriosamente interrotto. Finora sì era sempre pensato che l'isola beata, una specie di Eldorado 0 di ombelico del mondo, fosse .semplicemente una invenzione del filosolo, cui non faceva coite difetto la fantasia. Lo studioso austriaco Franz Hochleitner, dopo aver passato in rassegna ben 2000 pubblicazioni, tira le somme e dice. «Fu un abbozzo utopistico, paragonabili.* a quello di Karl Marx». Ma Zangger è di diverso parere. Secondo lui, il racconto che Platone mette in bocca a Cri zia non sarebbe altro che un «ricordo deformato» dell'antica Troia. In altre parole, il filosofo avrebbe sfruttato e travisato un manoscritto di Solone, «parente e intimo amico» dei suoi antenati. Non risulta che in Grecia, a quell'epoca, esistessero archivi di famiglia: veniva tramandato tutto oralmente, come sostengono illustri grecisti. Ma Zangger non ha dubbi: il manoscritto di Solone esisteva realmente ed era in possesso della famiglia di Platone, cui era giunto attraverso sei o sette generazioni. Solonc, sempre secondo Zangger, l'avrebbe compilato durante un viaggio in Egitto, più precisamente a Sais. Qui, con l'aiuto di alcuni sacerdoti, avrebbe trascritto ciò che era inciso su una colonna: la storia di Atlantide. Anche nel Ti meo, un sacerdote egizio dice a Solone: «Le nostre scritture infatti riferiscono d'una immensa potenza, a cui un giorno la vo- | stra città pose termine». Nel lavoro di traduzione, però, Solone sarebbe incorso in gravi I errori, a cominciare dalla parola ! «isola». Il geroglifico corrispondente, dice Zangger, significava costa o striscia di sabbia ed era un simbolo molto diffuso per indicare regioni straniere lontane dalla valle del Nilo. Insomma, l'iscrizione sulla colonna alludeva non a un'isola in mezzo all'Atlantico, ma a Troia. E le Colonne d'Ercole, cui Platone fa esplicito riferimento? L'autore risponde che gli achei non navigarono mai fino all'Atlantico e che il loro mondo era delimitato da un altro stretto, chiamato anch'esso «Colonne d'Ercole»: quello dei Dardanelli. L'antico grammatico Servio scrive: «Attraverso le Colonne d'Ercole noi viaggiamo verso il Mar Nero e verso la Spagna». Ma il vero problema è un altro. Platone fa dire a Cinzia che gli avvenimenti di Atlantide si riferiscono «a novemila anni fa». Come far combaciare un'epoca cosi remota con la caduta di Troia? Zangger scioglie, o almeno crede di sciogliere, anche questo enigma, che ha sempre sviato gli studiosi. A partire dal¬ la metà del terzo millennio avanti Cristo, dice, in Egitto erano in uso due calendari lunari e uno solare. Se, come è probabile, la storia di Atlantide incisa sulla colonna di Sais era calcolata secondo i cicli lunari, allora bisogna dividere 9000 per 12,37 e così abbiamo l'anno «1207 a.C». Il racconto di Platone sarebbe troppo preciso e ricco di particolari per far pensare a una invenzione. Ed ecco alcuni dati di fatto, che dovrebbero avvalorare l'identificazione di Atlantide con Troia. In Atlantide soffia un forte «vento del Nord», ma un tale vento soffia anche all'imboccatura del Mar Nero. La flotta di Atlantide contava «1200 navi» e quella di Troia U85. In Atlantide c'erano due sorgenti d'acqua, una calda e una fredda: esattamente come a Troia, stando a quello che dice Omero. Gli abitanti di Atlantide conoscevano l'ottone (oricalco). Bene, dice Zangger, nell'antichità questa lega veniva prodotta in un solo luogo, precisamente a Edremit, 80 km a Sud - Est di Troia. Secondo Platone, il centro di Atlantide aveva un diametro di «cinque stadi», vale a dire 900 metri. Esattamente come Troia. I Le coincidenze non si fermano ui. Anche le catastrofi naturali, cui parlavano i sacerdoti egizi e che avrebbero provocato la scomparsa di Atlantide, trovano riscontro negli avvenimenti in area greca. Nel 1204 a.C, Tirinto fu scossa da un terremoto e ricoperta da una slavina di fango. Su per giù nella stessa epoca Pilo e Micene furono distrutte da incendi o da scosse telluriche, mentre a Troia ci furono gravi inondazioni. Per avvalorare la sua tesi del manoscritto, l'autore ricorre anche all'analisi stilistica del racconto di Platone e vi trova forti divergenze dallo stile delle altre opere del filosofo. E' proprio come se fosse stato scritto da un'altra mano. Quanto alle rassomiglianze topografiche, c'è ancora da ag- Sungere che il palazzo principadi Atlantide si trovava, coma la residenza reale di Troia, su una collina circondata da pianura. Questa, a sua volta, era circondata da monti che digradavano verso il mare. Tutto sembra che quadri, dunque, anche perché il libro è ben congegnato. Ma davvero Zangger è riuscito a spostare dall'Atlantico alla Troade l'«isola beata», che secondo Platone era «più grande della Libia e dell'Asia unite insieme»? Lo studioso tedesco ha individuato molte coincidenze, a volte perfino sorprendenti, ma ha anche tralasciato molte discordanze. Un solo esempio: come far quadrare le dimensioni di Atlantide con quelle di Troia? E' vero che Schliemann parla di una città di 100.000 abitanti, ma è probabile che egli fosse abbagliato dall'oro che aveva trovato. Molto più realistico il Korfmann, che parla di «un nido di pirati» con circa 5000 anime. La discussione è aperta. Ma se il libro è fondato, come pensano alcuni archeologi, l'umanità sarà defraudata anche del sogno della favolosa Atlantide. Anacleto Verrecchia Scivi a Troia. Sopra Heinrich Schliemann In alto a destra: la moglie col tesoro di Priapo