Farouk è tornato in Sardegna ma ha ancora paura dei «ladri»

Farouk è tornato in Sardegna ma ha ancora paura dei «ladri» Si è scoperto che l'obiettivo dei rapitori era il padre, che si salvò con uno stratagemma Farouk è tornato in Sardegna ma ha ancora paura dei «ladri» CO«TA SMERALDA DAL NOSTRO INVIATO E' tornato nella casa sulla collina, ai suoi giocattoli, alla vita che ancora non aveva potuto riprendere, con tutta quella gente che lo reclamava, la fuga dalla Sardegna, l'interpretazione in tivù combinata, forse, a sua insaputa. Accompagnato dai genitori e dalla sorellina Nour-Marie, il piccolo Farouk Kassam è sbarcato ieri nel primo pomeriggio da un aereo proveniente da Nizza. Appariva un po' spaurito, perché ad attenderlo c'era nuovamente la polizia, e tanta eccitazione, come quella notte, quando era finalmente tornato libero. Poi, breve sosta alla caserma dei vigili del fuoco quindi l'arrivo nella villa di Pantigia, nascosta ad occhi indiscreti da spessi teli in plastica verde. Oggi Fateh Kassam, il padre, dovrebbe riprendere il lavoro all'hotel Luci di la Muntagna. Era stato chiaro lo sconosciuto «cittadino al di sopra di ogni sospetto», il personaggio colto, assatanato di denaro e convinto che per l'isola la separazione dalla Repubblica sia il futuro migliore, insomma il «cervello» della banda: «Prendete quel direttore d'albergo, Kassam. E' ricco. Eppoi, pagherà suo padre, che ora sta in Costa d'Avorio». Nessun dubbio, per l'ispiratore del rapimento: Adjab Ali Kassam avrebbe tirato fuori il denaro. Facoltoso, grande amico delì'Aga Khan, anzi suo consigliere spirituale e lui stesso ministro del culto ismailita. Era arrivato in Costa Smeralda nel 1961 e ci aveva vissuto per anni contribuendo a trasformare quelle terre aride e inutili nell'isola ad alta intensità di miliardari. Molti lo ricordano: sui cinquanta, di media statura, magro, il volto scavato, un fisico scattante, disinvolto, brillante. Buon amico di molti «vip», appariva sempre a suo agio. Se n'era andato anni più tardi, quando fra i capelli lisci e corvini era ormai passata una spruzzata di bianco. Ma sulla costa era rimasto un suo figlio, quello «senza una goccia di sangue arabo nelle vene», come ha dichiarato un giorno Fateh Kassam. Dunque, l'obiettivo della spedizione non era il piccolo Farouk, che aveva sette anni e mezzo, quando lo hanno preso lui, ma proprio «Fateh il duro», che dell albergo è anche qualcosa di più di un semplice direttore visto che proprio a lui è riconducibile «Sa Conca», la società proprietaria dell'albergo Luci di la Muntagna e della casa sulla colIma di Pantogia. Del resto i briganti erano consapevoli che la cattura di un bimbo avrebbe proposto una serie di problemi di ardua soluzione perché non è vero che sia più semplice tenere in ostaggio un bambino anziché un adulto. Ma non conoscevano l'uomo e così eran rimasti disorientati quando al momento dell'irruzione quello aveva detto: «Io sono soltanto un amico di famiglia, il padrone di casa non c'è». Tuttavia, se non c'era il padrone di casa, c'era il figlio del padrone di casa, al piano di sopra, e cominciarono così i sei interminabili mesi di detenzione per il piccolo Farouk. L'ostaggio era diventato lui, il bambino, e i criminali si preoccuparono soltanto di fiaccare la famiglia: volevano i soldi, all'inizio tutti e subito, poi si erano persuasi che senza una dimostrazione di ferocia avrebbero ottenuto poco o nulla. E con una «pattadese», un coltello a serramanico tagliente come un bisturi, mozzarono al piccolo prigioniero una parte di cartilagine dell'orecchio sinistro. Erano i giorni convulsi del sequestro, sullo sfondo del dramma che aveva come involontario protagonista il bambino si cominciarono a scorgere anche altre figure, prima sfumate e, via via, sempre più nette. Come i preti che portavano avanti le difficili trattative, scelti da quegli stessi banditi che, forse, quattro anni avanti avevano sequestrato anche l'imprenditore romano Giulio De Angei.s. Singolari personaggi di spalla, i sacerdoti, molto attivi anche se nel «Manuale di sopravvivenza in Barbagia» di Antonangelo Liori, divenuto il best seller dell'estate, almeno sulla Costa, si legge: «Devono farsi rigidamente gli affari propri e non possono mettere lingua nelle vicende private perché perderebbero immediatamente la stima dei loro parrocchiani e diverrebbero bersagli di attentati». E personaggio singolare è stato anche l'ex volpe del Supramonte, proprio Graziano Mesina, che impegnandosi per la liberazione del piccolo ha finito per riaccendere l'interesse della gente. E così diverrà una star della tivù: interpreterà se stesso in un serial tipo «Uccelli di rovo». Era in progetto anche un film ma pare che le difficoltà economiche siano insuperabili. Cosi, «Grazianeddu» deve accontentarsi dei memoriali sui rotocalchi e del piccolo schermo. Sembra uni. storia infinita, questa, e il fatto stesso che nessuno finora sia stato indiziato fa pensare a indagini lunghe e sofferte. «Indagini mirate», ripetono i carabinieri, e nelle gole della Barbagia i soldati della brigata Taurinense hanno messo i cairpi estivi e «controllano» il territorio ma, soprattutto, aspettano il cambio. Stamani per la Sardegna partono quelli della brigata meccanizzata Gorizia. Vincenzo TessanrJori Mesina diventa attore per Raiuno «Grazianeddu» porterà in televisione la sua storia di «re» del Supramonte Previsto un racconto a puntate In alto a destra il piccolo Farouk insieme al padre nella casa francese che li ha accolti subito dopo la liberazione. Qui accanto Graziano Mesina, l'ex ergastolano diventerà una stai' deHa tv

Luoghi citati: Costa D'avorio, Gorizia, Nizza, Sardegna