Quel giuda di Frank Capra

Quel giuda di Frank Capra Una biografìa accusa: fu un reazionario, collaborò con l'Fbi Quel giuda di Frank Capra Rinnegò lo sceneggiatore ebreo I L 1935 avrebbe dovuto essere l'anno della verità per Frank Capra, il regista più pagato e influente di quegli anni. Mussolini 10 voleva per la regia di un film grandioso, per cui era pronto a offrire alla Columbia un milione di dollari, una cifra inaudita durante la Depressione. Ma quando 11 Duce disse che aveva intenzione di scrivere lui stesso il film • e che sarebbe stato la storia della propria vita - persino un produttore spregiudicato come Harry Colin non se la senti di accettare. Prendere i soldi da Mussolini era un conto, glorificarlo un altro. «Dopotutto - disse Cohn al regista - sono un ebreo. Quello si è messo con Hitler e in non voglio averci niente a che fare». L'intera vita di Frank Capra avrebbe seguito un altro corso se non fosse sfumata quell'occasione: rivelando a tutti quello che finora è rimasto seppellito soltanto nella sua coscienza tormentata. U regista del Sogno Americano, l'autore di tanti film dal cuore di zucchero che incoraggiavano le riforme democratiche del presidente Roosevelt, era in realtà un reazionario opportunista, un informatore delil'Fbi e un responsabile occulto di molte purghe del senatore McCarthy. Persino Katherine Hepburn, che lo riteneva «un Uberai, senza dubbio», dovrebbe ricredersi oggi leggendo l'eccellente, informatissima biografìa di Joseph McBride, uscita da Simon & Shu ster con il titolo Frank Capra, The catastrophe of success. 800 pagine di testimonianze che dimostrano come le sue favole inzuppate di buoni sentimenti nascessero per calcolo commerciale, per dare all'America della De - Eressione, ciò che chiedeva al otteghino. Storie Che dovevano il loro impegno civile non al regista, ma a sceneggiatori di sinistra come Robert Riskin e Sidney Buchman, che Capra rinnegò come amici e collaboratori alla prima brezza di caccia alle streghe. Riskin reagì con dignità: «Stai parlando del mio migliore amico», rispose a chi, spingendo la sua sedia a rotelle nel '55, gli ricordava che Capra non aveva trovato il coraggio di rivederlo nemmeno nell'imminenza della morte. Aveva scritto nove film di grande successo per quel figlio di braccianti siciliani, la cui madre, dopo tre Oscar, ancora chiedeva: «Quand'è che ti trovi un lavoro, Frankie?». Ma se in comune avevano un passato di miseria, questo ebreo russo che amava darsi arie di coltivato playboy possedeva qualcosa che a Capra mancava del tutto: la sensibilità verso l'ingiustizia sociale di chi è cresciuto in un ghetto ebraico, ed è orgoglioso delle proprie origini. Robert Riskin era la coscienza sociale di Frank Capra, in un momento in cui l'America aveva più di 12 milioni di disoccupati. Ogni giorno andando a lavorare il regista doveva scavalcare i mendicanti allineati sui marciapiedi di Gower Street. Il presidente Hcovrir aveva dichiarato nel '31 che la Depressione era «solo un incidente transitorio nella vita americana», ma erano rimasti in pochi a credergli. «Perché non facciamo un film sulle mascalzonate di oggi, fallimenti di banche e cose del genere?», chiese Capra a Riskin, ed ecco come nacque La follia della metropoli, storia di un banchiere disposto a sacrificare tutto il suo patrimonio e quello dei suoi riluttanti direttori, per salvare la banca dal fallimento e convincere i piccoli risparmiatori a tornare con fiducia. Viste col senno di poi le incantevoli satire della coppia Capra- Riskin, le loro ironiche avventure del cuore, non appaiono impegnate come allora, ma semmai piene di un idealismo sentimentale dai contorni confusi. Il signor Deeds del filosofico F arrivata la felicità regala 20 milioni di dollari ai disoccupati, ma ne ricava un mare di guai. L'eroe di Orizzonte perduto si ritira in un monastero tibetano che pare un hotel americano di lusso. Il nonnetto moralista di Veterna illusione persuade un magnate di Wall Street che ha appena fatto il colpo della sua vita a mandare tutto all'aria e mettersi a suonare l'ocarina. Che importa se nella realtà questo significa un crollo della Borsa e la rovina di migliaia di piccoli azionisi- Crime scriveva Graham G ree ne t. .mitilo cercare di analizzare l'idea dietro i film di Capra: non c'è nessuna idea, solo un senso di in soddifazione, una voglia di fuggi- re». Via in autobus per l'America come Clark Gable e Claudette Colbert in Accadde una notte. Questa sembrerebbe la visione contraddittoria che Capra aveva dell'America: da un lato faceva sua la filosofìa repubblicana dei ricchi, dall'altro vagheggiava la semplicità conformista delle piccole città. E ciò confondeva la critica. Persino la sua seconda moglie Lu ammetteva in un'intervista: «Come faccio a sapere se sono sempre d'accordo con mio marito? Un giorno è repubblicano e un altro democratico». Così erano andate le cose per questo siciliano di Bisacquino sbarcato in America a sei anni, che si era arricchito in un momento in cui tutti si impoverivano. Il pubblico aveva finito per identificarlo con gli eroi delle sue commedie, gente buona e generosa, e forse per questo Capra volle sempre mantenere un profilo modesto. Gary Cooper diceva che «a vederlo sul set, nessuno avrebbe detto che era il regista». Trattava gli attori con comprensione, sempre pronto a scusarli, vestiva dimesso e si rasava di rado, in un'epoca in cui i registi portavano stivali da equitazione e parlavano alla troupe col megafono. Time, che gli dedicò ia copertina nel 1938, scrisse che aveva lanciato a Hollywood la moda di avere un'automobile piccola, una casetta sulla spiaggia e una moglie alla volta. Se cerchiamo di capire la complessità del suo carattere aura verso le sue poche amicizie, ci accorgiamo che Capra doveva essere un uomo fortemente competitivo, sospettoso, adombrato dall'antisemitismo. Almeno nei rapporti con Riskin e il produttore Harry Cohn, ai quali lo legava pur sempre la consapevolezza di correre dei grossi rischi insieme. Qualunque film, in un momento come quello, era una corsa sul filo del rasoio. Capra tremava nel 1933 quando pensava ai rischi che comportava il delizioso, indimenticabile Signora per un giorno. Telefonò in piena notte a Cohn per dirgli: «Harry, ti rendi conto che stai investendo 300 mila dollari in un film la cui eroina ha settantanni?)). Ma il tocco magico di Riskin (che mancava al remake Angeli con la pistola) diede alla metafora della mendicante Apple Annie l'eleganza e l'ironia di una favola a lieto fine. Se quella vecchietta era riuscita a rendere buoni e generosi per un giorno persino gangster e politici corrotti, doveva esserci speranza anche per il resto del Paese zoppicante e straccione. A dispetto di tanti colpi di fortuna, però, i rapporti tra Robert Riskin e Frank Capra erano destinati inesorabilmente a compromettersi, quando l'uno sarebbe andato a seguire la guerra civile in Spagna, e l'altro, che simpatizzava per Franco, avrebbe trovato un nuovo autore d'ingegno in Sidney Buchman. E pare davvero una beffa che quest ultimo fosse segretamente iscritto al partito comunista. Buchman era così preso dall'idea di portare sullo schermo una denuncia della corruzione politica americana - con Mr. Smith va a Washington - che ingenuamente cerco di coinvolgere nel proprio entusiasmo anche il regista. «Ma vattene al diavolo tu, col tuo soggetto!», gli gridò Capra, durante un confronto che si concluse con le parole: «Sei un comunista?». «E tu sei un fascista?». Buchman finirà sulla lista nera della commissione per le attività antiamericane, e Capra pagherà, con l'ammissione della propria viltà, l'angoscia di avere lavorato tutta la vita con sceneggiatori in odore di sinistra. In- Suisito ufficialmente ma in moo discreto, si difende facendo i nomi di tre colleghi che sono già sulla lista nera di McCarthy. Ma come Ronald Reagan nello stesso periodo, collabora segretamente con l'Fbi come informatore, chiedendo che gli sia risparmiata l'umiliazione di una pubblica udienza. E chiede protezione. Non ne avrà quanta ne avrebbe voluta. E non è una coincidenza che rimanga senza lavoro per tutto il periodo della caccia alle streghe. Né è una coincidenza che dopo, il suo. ritorno alla regia nel '59 con Un uomo da vendere, cominci a soffrire di spaventosi mali di testa che lo tormenteranno per più di dieci anni. «Sono le pene di Giuda», lo udì sua moglie dire a se stesso, in una notte d'insonia: «Tu baro, compromesso, venduto». Livia Manera Mussolini gli propose un film. Lo bloccò il produttore Clarkc Gable e Claudette Colbert in «Accadde una notte». A destra: James Stewart, protagonista di ••Mr. Smith va a Washington» Capra alla macchina da presa. Disse Gary Cooper: «Eragentilissimo con gli attori».