«Emanuela, ti hanno mandato verso la morte»

«Emanuela, ti hanno mandato verso la morte» Cagliari, i genitori e il fidanzato della poliziotta uccisa accusano: «Non era addestrata» «Emanuela, ti hanno mandato verso la morte» CAGLIARI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La prima donna in divisa caduta nella battaglia di Palermo aveva un sorriso dolce, da adolescente ancora ingenua. La raccontano tante fotografie, una in particolare sembra restituirne a tutto tondo il ritratto. In tuta grigia antisommossa, Emanuela Loi cercò di assumere una posa marziale: scarponi ai piedi, gambe allargate, braccia incrociate dietro la schiena, basco appoggiato in maniera sbarazzina su una cascata di capelli biondi e arricciati. Ma l'espressione del viso rovinava quasi senza volerlo quel quadro militaresco: occhi e bocca ridenti, di un'allegria contagiosa. «Ditemi che non è vero, che Emanuela è viva, che sta tornando a casa. Figlia mia, non tornerai più?», ha pianto per tutta la notte la madre Alberta Lai, 63 anni, nel salotto della modesta casa di Sestu, a una decina di chilometri da Cagliari Per ore ha accarezzato un'istantanea della ragazza, fragile, minuta, apparentemente indifesa nonostante il pistolonc e la mitraglietta che si portava dietro. Le armi non hanno consentito domenica pomeriggio alla ragazza di difendersi, di proteggere ii magistrato Paolo Borsellino nell'inferno di via D'Amelio. La notizia del massacro di Palermo è arrivata in casa Loi in diretta tv. «Ho saltato da un canale all'altro, in attesa dei nomi dei morti», racconta tra i singhiozzi il padre della giovane, Virgilio Loi, 67 anni, pensionato delle Ferrovie. Un'angoscia crescente con lo scorrere dei minuti: «Quando uccisero Falcone - aggiunge - Emanuela ci chiamò subito per tranquillizzarci. Stavolta la telefonata non arrivava. Sapevamo che faceva la scorta a Borsellino, ma speravamo che non fosse lì». L'elenco dei caduti ha distrutto la speranza: «Emanuela Loi...». «Glielo dicevo sempre: figlia mia, hanno ammazzato Falcone, uccideranno anche Borsellino, torna a casa, stai meglio qui», si sovrappone il lamento della mamma della giovane: «L'ultima volta è stato venerdì, al telefono. Era ripartita per Palermo tre giorni prima, dopo un periodo di riposo». E dai microfoni della tv la donna ha implorato: «Bisogna fare giustizia per mia figlia. Scorta mai più a nessuno - ha detto aggiungendo un pensiero per i colleghi della ragazza -: vittime innocenti, sacrificali dalla logica spietata di criminali pronti a qualsiasi strage pur di colpire chi della lotta alla mafia ha fatto una ragione di vita». Tornare a casa era il sogno di Emanuela. Ottenuto cinque anni fa il diploma magistrale, aveva scelto la polizia, un lavoro, non certo una vocazione. Uno zio, Antonio Loi, ispettore in servizio all'ufficio stranieri della questura, l'aveva assecondata, aiutata a sbrigare le pratiche. Poi, nel 1988 il corso a Genova. Dodici mesi dopo, l'assegnazione f> Palermo. Sempre con un'idea fissa, il trasferimento ìa Sardegna. «Aveva presentato domanda, le era stata respinta», spiega il fidanzato, Andrea Biancu, 27 anni, impiegato di banca. «Volevamo sposarci. Emanuela - riprende - non stava bene a Palerno. Preferiva non lavorare la notte. Non credo a chi dice che entrare nelle scorte, neanche due mesi fa, sia stata una sua scelta. Ma le andava bene: accumulava ore di straordinario e poteva spesso fare un salto a Seste. Era consapevole dei rischi, ma la sentivo convinta del ruolo, anche se non aveva una preparazione specifica e l'esperienza necessaria. Non è vero, come hanno detto, che fosse una tiratrice scelta o che avesse frequentato corsi di specializzazione. Era una ragazza dolcissima, altruista, un carattere d'oro. E pensare che era stata persino capopattuglia della scorta del questore di Palermo La Barbera». E' stata mandata allo sbaraglio? «Questa è una parola forte, non lo credo. Ma non era preparata. E ora non tornerà più. E' tutto finito». Con i genitori e i fratelli della giovane (Marcello, 27 anni, autista e Claudia, 26 anni, parrucchiera) rientrati precipitosamente dalle vacanze in Trentino, Andrea Biancu è partito ieri mattina in aereo verso Palermo. Con loro funzionari di polizia. Si sono lasciati dietro un paese triste, tre giorni di lutto, bandiera a mezz'asta sul municipio, tanti amici e conoscenti che hanno inutilmente cercato, insieme con l'arcivescovo di Cagliari Ottorino Pietro Alberti e con il parroco di Sestu don Onofrio Serra, di lenire il grande dolore. Corrado Grandesso Sopra. Antonio Vullo, 32 anni, l'unico superstite Nella foto grande, Emanuela Loi con il padre Virgilio In alto Eddie Walter Cosina. 31 armi, di Trieste