HOTEL OMERTA'

HOTEL OMERTA' HOTEL OMERTA' Tanti crimini e misfatti senza autori «I custodi del silenzio» di Giuseppe Bonura E. una delle migliori e più efficaci / strutture intorno * a cui organizzare una narrazione quella di fare centro del racconto un luogo particolarmente significativo: soprattutto un palazzo, un'osteria, un albergo, dove i personaggi più diversi possono ragionevolmente e verosimilmente giungere, intrecciare i loro destini, pronunciare le loro confessioni, vivere storie decisive, nel bene come nel male. Giuseppe Bonura, ne I custodi del silenzio, ricorre a un vecchio e nobile albergo, sulla costa adriatica, con un gran parco, uno strapiombo su irti scogli, ima spiaggia di faticoso raggiungimento, una tradizione di eleganza, di raffinata ospitalità. Ne è padrone un vecchio albergatore che non arretra di fronte a nessuna menzogna, a nessun inganno, a nessuna prevaricazione, pur di difendere la quiete e i più o meno onesti piaceri dei suoi clienti in villeggiatura. Ma nell'albergo, in realtà, sotto l'impeccabile ordine all'esterno, si raccolgono i fili di una serie di vicende cupe, atroci, feroci, frutto di un'irrimediabile corruzione. All'inizio, c'è l'uccisione di un ragazzo, spinto nello strapiombo dal deputato Benfi, che ne era stato l'amante e che ne è perseguitato con ossessive richieste di ritornare con lui. Poco prima di giungere all'albergo, il ragazzo era stato spogliato di tutte le sue cose, documenti compresi, da una banda di piccoli scippatori, e così l'identità ne rimane a lungo ignota. Naturalmente, non può che essere stata una disgrazia, perché né delitto né suicidio sono parole che possono venire a turbare gli ospiti dell'albergo; e così il proprietario soffoca con durezza e recisamente ogni sospetto in contrario, anche quando l'investigatore privato Paladini gli racconta di aver visto una mano che spingeva il ragazzo nel baratro. Né il commissario Varga, che è amico dell'albergatore, intende andare a fondo nelle indagini, accontentandosi di procedere ai più formali adempimenti di legge. Intorno a questo evento tragico a poco a poco vengono fuori tanti altri eventi ugualmente penosi e atroci e ugualmente rimasti nascosti, soffocati. C'è stato il suicidio, subito trasformato in disgrazia, del figlio di un attore, impegnato come animatore delle serate, quando il ragazzo ha saputo dall'amante del padre, l'arredatrice Linda, che l'uomo si è servito di lei inconsapevolmente per filmare i loro rapporti sessuali e venderne le cassette. C'è stato l'omicidio, sia pure preterintenzionale, della moglie di un potente industriale, uccisa dall'amante, un fotografo, nel maneggiare una pistola della col¬ lezione di armi della donna; e la morte di Flora viene addirittura dichiarata dal medico come causata da infarto, a malgrado del foro della pallottola nel mezzo della fronte. Intorno, ci sono personaggi che si fanno di volta in volta complici della doppia can cellazione delle vittime e degli stessi colpevoli, le prime negate come tali, i secondi spogliati della loro cólpa, quindi impediti di pentimento e di riscatto, per quanto cerchino ogni tanto, anche in modo clamoroso, di confessare quello che hanno commesso. C'è il conte Micoli, gran giocatore, ricchissimo, con una vecchia madre che non si decide a morire, buon giocatore di tennis, ma disposto ad acquistare quello che un antiquario, che gli fa anche da autista, gli porta, dopo averlo ricevuto da una piccola banda di ladri e rapinatori, che è al suo servizio (e, bruciando le fotografie che ritraggono l'onorevole Benfi con il ragazzo ucciso, cancella coscientemente il delitto e il colpevole, insieme con la vittima). C'è il commissario Varga, che non vuole grane e, poi, ha anch'egli il vizio del gioco, che soddisfa con il proprietario dell'albergo e col conte. C'è Benfi con la moglie, che sa tutto dell'omosessualità del marito e accetta, anzi, di partecipare con lui a orge in cui tutti si fanno fotografare durante i rapporti sessuali; e i rimorsi del deputato non vanno oltre qualche incubo notturno e la telefonata anonima alla madre del ragazzo ucciso per avvertirla che il figlio è morto. La parte del bene, in confronto, è senza armi, ambigua, anche. L'investigatore Paladini è nell'albergo per sorvegliare una splendida ragazza, Wilda, che è l'amante di un industriale di suini che ha l'intenzione di sposarla, ma pretende di accertarsi della moralità della ragazza; ed è colui che ha visto la mano dell'assassino. Ma nessuno gli può credere, proprio perché l'albergo non è luogo dove possano accadere delitti. E' l'unico che creda nella giustizia, sia pure con profonda sfiducia nella possibilità di ottenerla. Ma anch'egli ha, dietro di sé, un'ombra: la moglie terrorista che, incaricata di uccidere un senatore, non ci riesce, ne diventa l'amante, durante una colluttazione con la moglie dell'uomo, disgustata dalla pretesa della donna di assistere ai rapporti col marito le dà una spinta e la donna cade dalla finestra. In questa atmosfera, anche i motivi francamente comici o grotteschi, come l'amore vano di un sassofonista per Milda, che, segretamente, gli preferisce il figlio ventenne Carlo, oppure l'industriale di suini, finiscono con l'avere qualche risvolto tragico. Il vecchio amante di Milda, per esempio, si uccide con la moto dopo che la ragazza lo ha lasciato. C'è, sì, nel romanzo, una nota divertita, ma acre, di umorismo. Ma il tono di fondo è dato dalla domanda che è sottesa al romanzo: che cosa si può fare in un mondo dove vittime e colpevoli sono stati insieme cancellati, per evitare che mai possa più parlarsi di giustizia. Anche la moglie di Paladini, Lia, ha visto annullato dall'amante senatore il gesto di violenza e di disgusto compiuto: eppure l'investigatore, ossessionato dal problema della giustizia, l'ha sposata. Di speranza non rimane, allora, che la conclusione: Dionisi, l'agente che dipende da Verga, va da Paladini e gli si offre come collaboratore nel tentativo di offrire qualche giustizia agli uomini delusi. Il messaggio di Bonura non va al di là: è tutto quanto può offrire un'opera ironica e aspra, tragica e amara, raccontata con rara intensità e sapienza di stile. Giorgio Bàrberi Squarotti Giuseppe Bonura I custodi del silenzio Rizzoli pp. 307. L. 30.000 Una villeggiatura oltre il bene e il male dove si «annullano» vittime e colpevoli