ANTONIO RICCI INCORNICIATO TONI NEGRI RINNEGOTI di Stefano Bartezzaghi

ANTONIO RICCI INCORNICIATO TONI NEGRI RINNEGOTI LA POSTA IN GIOCO ANTONIO RICCI INCORNICIATO TONI NEGRI RINNEGOTI "H "^TELL'anagramma che Mi fa passare da certi Wb nomi-e-cognomi a H certe singole parole HE la lunghezza dei noVB mi in gioco non è del «B tutto indifferente: è IH come minimo un in«m dice di difficoltà. <^lL IH Già vari anni fa Lidia Ferraris (Torino) aveva trovato un buon Toni Negri = rinnègoti, nove lettere. A dieci lettere troviamo i già visti Mario Monti = ammonitori (di Massacesi) o matrimonio; e poi Leila Costa = scollatela (Massacesi) o costellala (Siro Stramaccia, Baveno, No). Sempre a dieci lettere, Massacesi ha anche trovato l'anagramma Ennio Peres = pensiernne: notevole perché Peres è un anagrammista, e sta anzi preparando una raccolta di anagrammi su nomi-e-cognomi. Inserirà anche il pensierone, probabilmente. Ad anagrammi di dodici lettere sono arrivati, nell'ultima rubrica, Siro Stramaccia (Baveno, No) con Michele Serra = alchermesire, e Massimo Polveraccio (Tortona, Al) con Antonio Ricci = incorniciato. Tempo fa avevamo visto, sempre a dodici lettere, un Luciano Satta = anacolutista. Sono un po' in dubbio se aggiungere a questi esempi un anagramma di quindici lettere. Che sono tante per un anagramma, ma in compenso l'a¬ nagramma è proprio brutto: Valerio Magrelli = meraviglierolla, o anche rallegriamoveli. Come minimo ci servirà per parlare di Valerio Magrelli, che è un poeta, e della sua ultima raccolta poetica. Si intitola: Esercizi di tiptologia, Mondadori. Lecito chiedersi cosa la tiptologia sia, e il risvolto del libro, compiacente, ce lo spiega: si tratta della tecnica per interpretare i colpi degli spiriti, durante le sedute al tavolino a tre gambe; o anche il linguaggio dei carcerati, una specie di Morse, da muro a muro. Saranno possibili giochi di parole tiptologici? Lo stesso risvolto promette anagrammi. Ma diciamoci che siamo abituati alle promesse marinaresche dei risvolti editoriali: è già abbastanza perverso leggerli. E la vitaccia che conduciamo, questa valle di lacrime, ci ha anche abituati a diffidare fortemente degli anagrammi poetici (dei poeti e dei teorici della poesia). Ne aveva parlato per primo Ferdinand de Saussure (1857-1913), che cercava messaggi nascosti nei versi dei poeti antichi. Il quaderno di Saussure Però, sia detto a sua lode, subito dopo aver adottato il nome di anagramma si era accorto che non era un nome preciso, che non andava bene, e lo ha sostituito con ipogramma e altri nomi ancora. Per andare proprio sul sicuro, poi, aveva seppellito le sue ricerche in un quaderno di appunti destinato a rimanere inedito. Si sa che i caveaux delle banche svizzere non sono più sicuri e discreti come una volta, e i quaderni di appunti sono saltati fuori. La frittata era fatta: e da molti anni ormai poeti e critici di poesia parlano di anagrammi a sproposito. Siamo rassegnati, e dunque siamo nella posizione ideale per avere delle buone sorprese. Nel libro di Valerio Magrelli (sia detto a sua lode) gli anagrammi ci sono, e sono anagrammi veri: solo che quando Magrelli fa un anagramma non ci mette vicino un cartello indicatore per segnalarlo. Lo butta lì come se non fosse un anagramma. Forse è stanco anche lui di quelli che dicono: «qui c'è un anagramma», dove l'anagramma non c'è. Facendo così il gioco cambia: in enigmistica, con il cartello segnalatore che indica la presenza dell'anagramma, il solutore deve applicare le regole note a parole che gli tocca indovinare. Fuori dall'enigmistica, e senza cartelli segnala¬ tori, il lettore deve indovinare innanzitutto la presenza del gioco. E' quello che è successo con un certo quadrato palindromo in lingua quechua di cui ci siamo occupati anni fa, con il cosidetto «indovinello veronese», con gli pseudonimi anagrammati (l'ultimo, il libro di Ciriaco Tonin, anagramma del nome del presumibile autore: Antonio Ricci). E' successo anche con i ritratti di Lorenzo Lotto di cui ci siamo occupati in una recente rubri¬ ca, e che sembrano contenere rebus. Abbiamo visto che venivano ritenuti «enigmatici» dalla critica, e forse sono invece «enigmistici». Mi sembra che tenendo in mente quest'ultima distinzione si può fare un po' di ordine. E' «enigmatico» ciò che è dotato di «carisma e sintomatico mistero» (come le facce di quelli che portano gli occhiali da sole, secondo Franco Battiato). E' «enigmistico» ciò che è stato nascosto secondo regole determinate. Così su due piedi non so se sia più enigmatica o enigmistica quell'opera di Giulio Paolini che riproduce perfettamente un ritratto di Lorenzo Lotto, e si intitola: «Giovane che guarda Lorenzo Lotto». Scrivere a Stefano Bartezzaghi, «La posta in gir co», via Marenco 32, 10126 Torino. Stefano Bartezzaghi AnagVaglievelperli, ultSlogd O lti di mi ue ale reelli

Luoghi citati: Baveno, Torino