DAL RING AL PALLONE PAROLE DI SPORT di Gian Paolo Ormezzano

DAL RING AL PALLONE PAROLE DI SPORT DAL RING AL PALLONE PAROLE DI SPORT «Momenti di gloria», l'antologia di D'Orrico LO sport ha grossi debiti materiali e morali verso chi in esso crede e ad esso offre denari e sentimenti e attenzioni. Il debito che ha verso Antonio D'Orrico è di natura squisitamente etica, e fra l'altro non si può indicare come pagarlo bene (comprando il suo libro? troppo facile). Però è un grosso debito, visto che nella sua prefazione a Momenti di gloria, l'«antologia di sport e letteratura» che D'Orrico ha curato (Leonardo, pp. 506, L. 18.000), c'è - sintetizzata lì, poi elaborata nella rassegna di autori e testi, sempre bene motivati una documentatissima riabilitazione dello sport e come genere letterario e come assoluto naturale di vita. Di fronte infatti a chi parla dello sport come di una metafora della vita, D'Orrico - da chiamare autore anche se il suo libro è costruito con mattoni altrui - parla della vita come metafora dello sport. La vita cioè si ispirerebbe, per un certo suo divenire, alle vicende sportive, la vita sarebbe come un ring di pugilato, un campo da football, una corsia dell'atletica. Si ispirerbbe o si ispira? Per l'autore non ci sono dubbi, è presente indicativo, a costo di polemizzare con Ennio Flaiano, di stra-usare Giorgio Manganelli, di appoggiarsi pesantemente agli autori americani, dall'immancabile Ernest Hemingway al semiscoperto (per cose sportive) Norman Mailer, dagli inglesi ieratici ai francesi retorici. La scelta antologica è tutta conseguente al tema-base, vita come metafora dello sport, individuato in anteprima, fa sapere onestamente D'Orrico, dalla scrittrice americana Joyce Carol Oates. Così è comprensibile che non ci sia Pindaro (oh finalmente un'antologia di scritti sportivi senza Pindaro, che cosa bella, rivolu¬ zionaria e riposante insieme!). Anzi, di più: la raccolta non ha neanche un Greco e un Latino, e non c'è il Leopardi del giocatore di pallone. Tutta gran gente che però prende un momento, un gesto sportivo e lo spupazza e magari lo riduce, ancorandolo a piaceri o dolenzie dell'esistenza. Lo sportivo come il, come se, come quando. Lo sport comunque indebitato. Mentre quelli che scrivono per D'Orrico anzi per la Oates, che sempre sia lodata, offrono sport a tutto tondo, sport totale, sport autosufficiente, sport che apre e chiude i problemi, sport che riempie tutto. Salvo pochi casi, si capisce, in cui c'è un debole per la bellezza assoluta dell'immagine: esempio la poesia di Montale sul tuffatore, dove si passa alla vita, dove lo sport paga metafora così come si paga pegno: «Il tuffatore preso au ralenti disegna un arabesco ragniforme - e in quella cifra forse si identifica - la sua vita». Bello, splendido, ma con i tuffi non c'entra niente. Noi dello sport, ed anche del giornalismo sportivo, dovremmo fare un monumento a questo D'Orrico: e invece non sappiamo nemmeno dove gioca. Quasi cinquecento pagine di lettura bella e forte sullo sport, con racconti completi di varia autosufficiente umanità e con ritratti abbastanza fulminanti, in larga parte stranieri. Segnaliamo una perlina italiana che a suo tempo passò inosservata, «Il ballo dei pugilator» di Carlo Bizzolara, tratta dal libro «Temporale Rosy», da cui venne fuori un film sventurato. E per il calcio una cosa breve e durissima di Vittorio Sermonti, sull'odissea di un giocatore est-europeo che faceva contrabbando. E tante altre buone cose. Di solito antologie così sono fatte per sport, questa è per lo sport. Grazie. Gian Paolo Ormezzano