BOGART, IDENTIKIT PER UN MITO di Lietta Tornabuoni

BOGART, IDENTIKIT PER UN MITO BOGART, IDENTIKIT PER UN MITO Un giornalista cerca Fuomo dietro la maschera TTORE monocorde, personalità schizofrenica? Sono le accuse classiche sempre rivolte alle star assolute e inimitabili, ma per fortuna il libro di Jonathan Coe dà molto di più: una biografia.^ Sintetica .eppure completa fGrémese,pp'.l92, L. 55.000), scritta con chiara semplicità, nutrita di informazioni, testimonianze, aneddoti; e 176 illustrazioni biografiche, meravigliose fotografie d'epoca che consentono di identificare le componenti segniche del mito Bogart, di catalogare i dati esteriori, visuali, del suo fascino. La sigaretta, per dire: pendula all'angolo destro della bocca, fumante tra indice e medio della mano destra piegata a metà, perenne compagna della solitudine. La faccia accidentata, sempre tesa verso l'alto nelle fotografie o nei film per correggere la poca statura (allo stesso scopo, scarpe con tacchi alti cinque-otto centimetri), quasi sempre illuminata da spot cen- trati su naso-labbra o su fronte-occhi per drammatizzarla e smagrire le guance. Il cappello di feltro scuro, leggendario. L'anello d'oro con pietre nei colori americani (rubino rosso, diamante bianco, zaffiro blu) lasciatogli dal padre morto nel 1934, il secondo anello formato da una catenella d'oro portata come fède' nuziale durante tutti e quattro i matrimoni, tutti con attrici. La composta calotta dei capelli scuri, raramente scompigliati (una volta, per forza, nel Tesoro della Sierra Madre, un'altra volta per recitare in Tramonto la parte del romantico stalliere dell'ereditiera Bette Davis minata da un male incurabile), e nel 1947 così rarefatti da costringerlo a portare il parrucchino in Dark Passage come in altri film. Le barche, grande passione: dal primo yacht «Sluggy», battezzato col nomignolo della moglie Mayo Methot, all'ultimo panfilo da regata «Santana» comprato per la felicità con la moglie Lauren Bacali. E i vestiti-sigla, naturalmen¬ te. L'impermeabile da detective con cintura e spalline. Il completo grigio gessato (bretelle, fazzoletto bianco affacciato al taschino, fiore all'occhiello) da gangster, da signore, da investigatore ricco, da ultimo giorno a Parigi occupata dai nazi. Lo smoking bianco di Casablanca. La non rara cravatta a farfalla, le cravatte 'dal, nòdo piccolo e alto. Persino il cilindro e il frac della giovinezza, perché Bogart cominciò in teatro come giovanotto mondano; e gli indumenti casual della maturità, giubbetti, giacche a vento, pullover con le maniche rimboccate, camicie aperte sul collo, gambali, giacche di tweed perfette come nel Colosso d'argilla di Mark Robson, ultimo suo film prima di morire il 14 gennaio 1957. Immagini eloquenti, toccanti, bellissime. ÀI confronto, il testo biografico dell'album di Jonathan Coe è meno nuovo, ma ricco di dettagli interessanti. Fu Spencer Tracy a inventare il nomignolo Bogie, quando lui e Bogart agli inizi recitava¬ no in Up the River di John Ford. Bogart odiava l'idea di uccidere gli animali (quindi, gran liti con il cacciatore John Huston durante la lavorazione de La regina d'Africa), aveva antipatia per Billy Wilder e anche per Ava Gardner, sosteneva che «un attore deve lavorare sempre e comunque»,_aveva come migliore amico'lo'scrittore Louis TBromfield, disprèzzava la cronista hollywoodiana Hedda Hopper che al tempo della «caccia ai rossi» parlava della Mgm come della Metro Goldwyn Mosca. James Cagney garantiva: «Quando si tratta di fare a botte, Bogart ha la stessa forza di Shirley Tempie». Howard Hawks ironizzava: «Bogie s'era innamorato del personaggio che la Bacali interpretava in "Avere e non avere", così lei è stata costretta a recitarlo per il resto della sua vita». E Raymond Chandler sentenziava: «Bogart è sempre bravo a interpretare Bogart». Lietta Tornabuoni / lumplirey lionati con Laureti Bacali (a sinistra) e Marilyn Monroe (a destra)

Luoghi citati: Africa, Mosca, Parigi