Sarajevo-Milano, «operazione orfani»

Sarajevo-Milano, «operazione orfani» Un C-130 dell'Aeronautica sbarca 49 bambini, sopravvissuti a due mesi di assedio e orrore Sarajevo-Milano, «operazione orfani» «Per lasciare la città abbiamo superato 17 blocchi» Resteranno in Italia fino alla fine della guerra MILANO. Il C-130 dell'areonautica militare atterra a Linate alle 18,22 e dal portellone esce per primo un bambinello di tre o quattro anni, con una maglietta viola e i capelli rasati a zero. Salta giù, vede i militari in azzurro e poi gli uomini della protezicne civile in tuta arancione. Fa sparire il sorriso, si volta e accenna a risalire sulla scaletta. Da dietro, altri piccoletti fanno ressa. Facce, spaventate, allegre, occhi spalancati. Eccoli i primi 49 bambini profughi, che toccano il suolo pacifico d'Europa. Arrivano tutti da un orfanotrofio di Sarajevo, hanno viaggiato per 34 ore. Si lasciano alle spalle due mesi di guerra, bombardamenti, spaventi, acqua razionata e settimane intere passate nelle cantine. Sono arrivati, primo contingente, ospiti del Comune di Milano, frutto di una decisione presa l'altro giorno al vertice centroeuropeo di Vienna - che mira ad aprire più canali possibili alle migliaia di profughi intrappolati nella Bosnia in fiamme. In serata arriveranno altri quaranta di bambini. Tutti destinati ad essere accolti nelle strutture della protezione civile a Milano, curati, rifocillati e poi spediti in una delle colonie del Comune a Igea Marina, sull'Adriatico, per un'estate appena normale. Rimarranno in Italia per almeno due mesi e comunque sino alla fine della guerra. Non sono bambini adottabili, il governo jugoslavo ha precisato che, se e quando la situazione si sarà normalizzata, torneranno tutti a Sarajevo. Qui, nello spiazzo dell'aeroporto militare si consuma un piccolo rito di abbracci tra militari e uomini della protezione civile, tra i sorrisi dei ragazzini e qualche pianto dei più piccoli, tra succhi di frutta, merendine, e ufficiali dell'aeronautica che passeggiano portando per mano i bambini. Davanti alla pancia scura del C-130, il sindaco Borghini con aria soddisfatta: «Siamo fierissi- mi di questa azione umanitaria, spero che altri Comuni rendano disponibili le proprie strutture». Emozionata, Majda Kazaz, 42 anni, console dell'«Ambasciata dei bambini», l'organizzazione umanitaria di Sarajevo che sta cercando di evacuare dai cento inferni della ex Jugoslavia il magggior numero di bambini. «Sono mesi che stiamo lavorando, è un momento magnifico. Ogni nostro piccolo gesto, salva delle vite umane». Dura mezz'ora l'accoglienza, il tempo di fare sparire una mezza dozzina di casse di succhi di frutta. «I bambini sembrano in buone condizioni», dice una pediatra della protezione civile. Magrolini, rapati, carnagione sbiancata dagli stenti, ma capaci anche di qualche corsetta e svelti nel chiacchierare tra loro. Guardano da sotto in su, dicono: «Il viaggio è stato super». Oppure: «Mai stato su un aeroplano». Oppure: «Molta paura a casa. Qui è bello». Una giovane donna con i capelli biondi, Lamila Lutvic, pediatra dell'orfanotrofio, racconta queste ultime ore di viaggio: «Siamo partiti da Sarajevo ieri mattina, alle nove, in pullman». Viaggio estenuante. Per coprire i 350 chilometri che separano la capitale della Bosnia da Spalato, hanno impegato un giorno e una notte. «Abbiamo dovuto superare 17 posti di blocco». I due pullman hanno viaggiato protetti da due blindati delle Nazioni Unite. «Alle 15 siamo arrivati all'aeroporto di Spalato. Ci sono stati altri problemi». Per due ore il C-130 italiano è rimasto immobile sulla pista. Il permesso al decollo è arrivato alle 17,07. Settantacinque minuti di volo. «I bambini erano molto nervosi. Avevano paura. Molti però si sono addormentati. In questi mesi hanno imparato a dormire anche durante i bombardamenti». Una ragazzina di 11 anni anni, capelli neri corti, chiede: «E' vero che ci portano al mare? Sì? Io non l'ho mai visto». Pino Corrias «Andremo davvero in una colonia al mare? Che bello! Ho undici anni ma non l'ho mai visto» Bambini bosniaci all'arrivo a Linate Sotto, il premier jugoslavo Panie (FOTO ANSA-EPA]

Persone citate: Borghini, Pino Corrias