Autobomba di A. R.
Autobomba Autobomba Sistema usato fin dal '63 PALERMO. Non Palermo come Beirut, semmai Beirut come Palermo dove infatti morte e terrore sono stati sparsi già tre decenni fa, il 30 giugno del 1963 con la strage nella borgata Ciaculli dove nell'esplosione di una «Giulietta» imbottita di tritolo morirono sette tutori dell'ordine richiamati sul posto da una telefonata anonima. Era una trappola. Seguì un'estate d'inferno, come tante altre dopo, mentre Beirut non ancora sconvolta da un'altra spietata guerriglia scatenata principalmente dai trafficanti di droga era una pacifica capitale mediterranea per vacanze milionarie. Anche a Palermo, come a Beirut, il massimo potenziale di violenza sin da allora si è accompagnato alla maggiore diffusione degli stupefacenti. I terroristi libanesi perfezionarono poi la tecnica e utilizzarono i radiocomandi per provocare gli scoppi da una certa distanza, facendo saltare in aria nell'attimo voluto auto lasciate in sosta nel punto esatto dal quale sarebbe dovuta passare la vittima designata. Questo sistema, ormai chiamato «libanese», non potè essere sfruttato nella strage di Capaci il 23 maggio scorso perché una vettura abbandonata in sosta nell'autostrada probabilmente avrebbe suscitato sospetti, richiamato l'attenzione: i mafiosi, allora, a Capaci preferirono piazzare il tritolo seppellendolo per farlo esplodere ugualmente con un radiocomando azionato a un centinaio di metri di distanza. Paolo. Boreellino è il terzo alto magistrato di Palermo assassinato dalla mafia in un agguato con l'esplosivo. Prima di lui il 29 luglio del 1983 il capo suo e di Giovanni Falcone, Rocco Chinnici, il consigliere istruttore del Tribunale a capo del «pool» dei giudici istruttori antimafia (morirono anche i tre carabinieri della scorta e il portinaio dello stabile dove la vittima designata abitava in via Pipitone Federico, nel centro della città); quindi il 23 maggio scorso Falcone, la moglie e tre agenti della scorta (altri cinque rimasero feriti). E nel 1985 un altro giudice scomodo, ora parlamentare della «Rete», Carlo Palermo, sfuggì per poco alla morte sul litorale di Pizzolungo, a Trapani, rimanendo ferito con cinque guardie di Finanza della scorta, ma trovarono un'orribile morte uria giovane madre, Barbara Rizzo Asta, e i suoi due figli gemelli, Giuseppe e Salvatore, di sei anni diretti a scuola: la loro «Golf» fu dilaniata da un'autobomba che danneggiò soltanto le due vetture blindate con il giudice e i militari, [a. r.]
Persone citate: Carlo Palermo, Falcone, Giovanni Falcone, Rizzo Asta, Rocco Chinnici
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