Ritomo dall'Hiroshima del Kurdistan di Foto Epa

Ritomo dall'Hiroshima del Kurdistan IL VIAGGIO NELLA CITTA' MARTIRE «Allentate le sanzioni, il popolo soffre un doppio embargo, internazionale e di Saddam» Ritomo dall'Hiroshima del Kurdistan Danielle Mitterrand scrive al Segretario dell'Orni Danielle Mitterrand, moglie del Presidente francese, e Bernard Kouchner, ministro della Sanità, sono sfuggiti il 6 luglio ad un attentato in Iraq. Ora hanno indirizzato al Segretario generale dell'Onu, BoutrosGhali, una «lettera aperta» sulla situazione dei curdi. Il 01 torniamo da una città fantasma dove i sopravvissuti stanno implorando il nostro aiuto. Come Hiroshima, come Dresda, è una città distrutta dagli uomini, in due riprese, più radicalmente di un terremoto. Il 16 marzo 1988 Saddam Hussein ordinò il bombardamento chimico di Halabja: più di 5 mila persone morirono e altre migliaia portano ancora oggi le conseguenze di quel bombardamento. All'epoca, il mondo si indignò a malapena. Poi, tutte le case di questa città che contava 80 mila abitanti furono, una per una, distrutte metodicamente con la dinamite dagli artificieri di Saddam Hussein. I contorni delle strade e delle piazze hanno cessato di esistere. Tra queste rovine terrificanti si aggirano ancora oggi dei bambini che il gas giallo ha reso ciechi. Se Halabja non è la sola città martire del Kurdistan iracheno, si tratta certamente della più importante e della più «simbolica». Durante l'operazione «Anfal», tra il 1975 e il 1990, circa 5 mila tra città e villaggi curdi sono stati distrutti dalle truppe speciali di Saddam Hussein. Centinaia di migliaia di curdi sono stati deportati. Molti di loro sono scomparsi. Signor segretario generale, lei è un giurista, «Anfal» non le sembra un tentativo di genocidio? Un crimine contro l'umanità? Che cosa si farà se la macchina di morte si rimetterà in moto? E' trascorso poco tempo, un anno appena, ma tutto sembra già così lontano, da quando la comunità internazionale si è mobilitata sotto la bandiera blu dell'organizzazione di cui Lei ha la responsabilità. Si trattava, allora, di liberare un territorio petrolifero indipendente invaso dalle truppe di un capo di governo pericoloso per il suo popolo e per i suoi vicini: Saddam Hussein. Di risoluzione in risoluzione, il Consiglio di sicurezza ha ordinato una politica di forza che la maggioranza dell'opinione pubblica mondiale ha approvato. La guerra lampo è stata vinta da un'armata mondiale di particolare potenza. Il territorio del Kuwait è stato liberato. Ma in Iraq, tutto è ritornato come prima, cioè nell'oppressione. Tra l'indifferenza dei più, il commercio internazionale avrebbe tranquillamente ripreso i suoi diritti se i curdi, un popolo dimenticato dalla Storia, non avessero, nel Nord dell'Iraq, rotto quel silenzio. Nuovamente minacciati dai bombardamenti, hanno rivisto la morte gialla di Halabja e, presi dal panico, si sono riversati verso le frontiere. Altrove, in particolare presso gli sciiti del Sud dell'Iraq, la situazione non era migliore. Ma, là, non c'erano cineprese a filmare. E' stato quell'esodo televisivo dei curdi a provocare un rimorso e un sussulto. L'opinione pubblica mondiale ha manifestato la sua indignazione. Il Consiglio di sicurezza ha votato la famosa risoluzione 688 che imponeva al regime di Baghdad la protezione dei curdi iracheni. E' stato un sussulto della morale internazionale quello che il Suo predecessore, Perez de Cuéllar, ha orchestrato. E a partire da quella risoluzione molti di noi hanno pensato che un nuovo ordine internazionale stava nascendo, basato sui diritti dell'Uomo. L'operazione «Provide Comfort» ha salvato i curdi iracheni che restavano in vita. Per quanto tempo? Il fatto è, signor segretario generale delle Nazioni Unite, che i curdi ci hanno presi in parola. Essi hanno avanzato sulla strada della democrazia. In un ambiente che non aveva né cultura né abitudini democratiche, hanno votato ed eletto democraticamente un Parlamento e un governo regionale. Non domandano l'indipendenza; reclamano la «democrazia per l'Iraq e l'autonomia per il Kurdistan iracheno». L'Onu può ignorare tutto ciò? Siamo contro l'autodeterminazione? I curdi iracheni subiscono un doppio embargo: al Nord, sulla frontiera; e al Sud, da parte di Saddam Hussein. A Halabja e altrove nel Nord-Est dell'Iraq, i bisogni della popolazione sono immensi. Non è possibile attenuare l'embargo per le popolazioni irachene che stanno soffrendo? Come potranno gli abitanti del Kurdistan iracheno ricostruire le loro case se la fabbrica di cemento di Souleymanieh non può funzionare per mancanza di pezzi di ricambio? Come assicurare la sopravvivenza della popolazione se la raffineria di zucchero è bloccata? Come aiutare i tentativi democratici se il petrolio non può essere raffinato sul posto e quindi i camion non possono muoversi e gli ospedali non possono funzionare? Signor segretario generale, noi Le suggeriamo di attenuare l'embargo per le derrate essenziali. I funzionari dell'Onu e delle organizzazioni umanitarie internazionali potrebbero controllarne la distribuzione. Cominciando dal Kurdistan iracheno, questo metodo potrebbe gradualmente estendersi a tutte le regioni irachene in pericolo, perché tutte le popolazioni irachene stanno soffrendo. Noi ci siami presi le nostre responsabilità. Nella regione di Halbja, in nome della fondazione France-Liberté, noi abbiamo, tra l'altro, inaugurato delle scuole per i bambini dei sopravvissuti. L'azione umanitaria è indispensabile. Ma non potrà purtroppo più continuare se, ogni volta, bisognerà chiedere al carnefice il permesso di assistere le vittime. In queste condizioni, le organizzazioni umanitarie internazionali dovranno ritirarsi ad una ad una. Le stesse organizzazioni legate all'Orni dovranno chiedere il permesso di agire alle autorità di Baghdad. Come può la comunità internazionale che Lei rappresenta abbassarsi a supplicare l'uomo che ha gasato i bambini di Halabja? Siamo ancora a questo punto cinquantanni dopo Auschwitz? Noi ci siamo riletti la risoluzione 688. Essa non aveva possibilità di equivoci. Esigeva da Saddam Hussein il rispetto dei diritti dell'Uomo. Esigeva di poter raggiungere le popolazioni in pericolo. Cosa è cambiato da allora visto che le intimidazioni contro i caschi blu e gli uomini delle organizzazioni umanitarie si stanno moltiplicando? Quando gli ultimi aerei della protezione internazionale avranno lasciato il Kurdistan iracheno ci sarà un ritorno alla barbarie. Ci appelliamo a Lei, in nome di questo popolo martire. Lei dispone di tutti gli strumenti per fare in modo che la democrazia non sia ulteriormente penalizzata nel Nord dell'Iraq. Bisogna aiutare tutti i popoli dell'Iraq, i curdi, gli sciiti e gli altri. E' la credibilità delle Nazioni Unite ad essere in gioco. Danielle Mitterrand e Bernard Kouchner Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» Danielle Mitterrand in un campo profughi curdo [FOTO EPA]