In banca l'ultimo dossier di Odessa

In banca l'ultimo dossier di Odessa SAN PAOLO Il cassiere dell'organizzazione è morto povero, nascondeva 12 miliardi di oro e gioielli In banca l'ultimo dossier di Odessa Scoperto in Brasile il tesoro dei nazisti fuggiti SAN PAOLO NOSTRO SERVIZIO Quando Albert Blume morì, nel dicembre del 1983, i vicini di casa dovettero fare una colletta per pagare il suo funerale in un cimitero per poveri del vecchio e degradato centro di San Paolo. Ma come ò stato scoperto alcuni anni dopo, l'anziano tedesco di 74 anni, morto di setticemia e di un'ulcera mal curata dopo una vita miserabile, aveva in banca una cassetta di sicurezza intestata a suo nome dal contenuto sorprendente: 212 chili di oro, gioielli e pietre preziose. Albert Blume, figlio di un generale prussiano comandante di una divisione delle SS, era infatti il custode di uno dei tesori di Odessa, l'organizzazione segreta che alla fine della seconda guerra mondiale ha fatto espatriare in America Latina centinaia di gerarchi ed ufficiali del Terzo Reich. Questa, almeno, è la conclusione cui è giunto il cacciatore di nazisti Ben Abraham, un ebreo polacco sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz e trasferitosi in Erasile dopo la guerra. «La rete di Odessa era attiva anche in questo Paese - dice ed il denaro affidato a Blume serviva ai nazisti per mantenersi, per corrompere i funzionari della dogana e dell'ufficio immigrazione, per comprare documenti falsi». Il contenuto della cassetta di sicurezza • il cui valore si aggira sui dodici miliardi di lire - è ora al centro di una intricata disputa giudi- ziaria, con sette diversi sedicenti parenti di Blume che si dicono unici eredi legittimi. Ma in mancanza di prove, è stato annunciato che il tesoro sarà quasi certamente donato all'Università di San Paolo. Albert Blume arrivò in Brasile nel 1938, un anno prima dell'inizio della guerra, con in tasca una lettera di assunzione di una ditta di import-export con la Germania ed un documento ufficiale del governo del Reich che lo qualificava come «giornalista corrispondente», una delle coperture più usate per la rete di spie montata dai nazisti in tutto il mondo. Da allora e fino alla sua morte, Blume ha vissuto modestamente a San Paolo, guadagnandosi la vita riparando caldaie industriali ed abitando in pensioni e camere d'affitto nelle zone più povere del centro della città, tra ladruncoli e prostitute a buon mercato. Nessuno sa esattamente quando gli sia stato affidato il tesoro di Odessa, quanto denaro abbia utilizzato per le attività dell'organizzazione, a chi rispondesse o quali grandi gerarchi nazisti abbia aiutato a ricominciare una nuova vita in America Latina. «Molto probabilmente l'oro ed i gioielli affidati a Blume venivano dai saccheggi compiuti dai nazisti durante la guerra», dice Abraham, che ha seguito le tracce del custode del tesoro negli archivi ufficiali di Berlino ed ha avuto accesso alle decine di migliaia di documenti raccolti nell'Istituto Simon Wisenthal di Vienna. «Odessa era un'organizzazio¬ ne segreta con una divisione interna rigidissima - aggiunge Abraham - i membri si conoscevano tra loro solo quando era indispensabile. Ma Blume era l'uomo a cui era stato affidato il denaro, e quindi è possibile che abbia avuto contatti diretti anche con Josef Mengele, 1' "angelo della morte" di Auschwitz». Mengele, responsabile per l'uccisione di almeno 400 mila ebrei nel più famigerato dei campi di sterminio nazisti, fuggì in Argentina subito dopo la guerra, ed in seguito ha vissuto a lungo in Brasile, dove pare sia morto nel 1979 (questa, almeno, è la conclusione degli esami del Dna effettuati su una salma esumata vicino a San Paolo nel 1985, ma alcuni esperti isreaeliani continuano a sostenere che l'identificazione non sia attendibile). Come pure hanno vissuto indisturbati nel paese Franz Wagner, vice-comandante del campo di sterminio di Sorbidor, in Polonia, e secondo alcuni documenti della polizia politica brasiliana, forse persino Martin Bormann, che per le autorità tedesche sarebbe invece morto nel 1945. Interrogativi che rimarranno probabilmente senza risposta, così come i tanti perché sulla vita miserabile condotta da Albert Blume quando aveva una fortuna a sua disposizione. Fedeltà ai folli ideali della sua giovinezza o, chissà, il semplice timore della vendetta dei suoi vecchi compagni di Odessa. Gianluca Bevilacqua