Craxi: le cifre non si toccano

Craxi: le cifre non si toccano Craxi: le cifre non si toccano Ma Benvenuto ha già proposto uno «sconto» sulla prima casa ROMA. Il governo Amato ha minacciato, o quasi, di dimettersi nel caso che le Camere stravolgano il suo decreto-legge con tagli e tasse per 30.000 miliardi. Il segretario del psi Bettino Craxi ha deciso di appoggiarlo con tutte le sue forze e afferma che «la manovra economica non deve essere smontata in Parlamento». A 48 ore dal nuovo allarmante rialzo del tasso di sconto, sono in molti a dire che questa volta occorre fare sul serio. Però alla Camera lo «smontaggio» del decreto è già nei progetti di molti deputati. Lo stesso segretario generale del ministero delle Finanze, Giorgio Benvenuto, ha gettato in campo l'idea di un piccolo «sconto prima casa» sull'imposta straordinaria immobiliare. «E' un contributo al dibattito» dice. Una riduzione del 10% dell'imposta per le sole «abitazioni principali» (quelle dove il proprietario vive) costerebbe relativamente poco: 242 miliardi di gettito su 5660. Una del 20%, il doppio. Che qualcosa sulla prima casa si possa fare lo pensa anche il presidente della commissione Finanze, che ha in esame il decreto, Manfredo Manfredi (de). In un modo o nell'altro, è lo stesso governo che cerca di escogitare qualche modifica capace di rabbonire il Parlamento, perché il decreto sia approvato prima delle ferie estive. Delle possibili modifiche traccia i limiti il ministro del Bilancio, Franco Reviglio: sono accettabili gli emendamenti che conservino il gettito complessivo di 30 mila miliardi, non alimentino l'inflazione e conseguano un gettito certo. La minaccia delle dimissioni, fatta dai tre ministri finanziari, risale a mercoledì. L'ha rivelata ieri, con un certo dispetto, il deputato de Giacomo Rosini, che come presidente della Federcaccia combatte il raddoppio della licenza di caccia contenuto nel Franco Reviglio decreto. Reviglio e il ministro delle Finanze Giovanni Goria non smentiscono; in sostanza, confermano. «Ma non c'è nessun gesto isterico» sostiene Goria: «Il governo ha fatto scelte importanti che non riguardano solo questa manovra, ma un'intera politica della quale il decreto è un pezzetto. Se il pezzetto dovesse essere contraddetto dal Parlamento, vorrebbe dire che non c'è più fiducia in questo governo». Craxi incita il governo a tener duro: «Se non si agisce con fermezza in questo periodo, subiremo un processo di sudamericanizzazione». In un discorso insolitamente pieno di cifre, allarmato per la crisi della lira e per l'aumento della disoccupazione, il segretario socialista paventa nell'arco di quattro anni una catastrofe economica e politica: «Mezzo milione di disoccupati in più», «accentuata deindustrializzazione, criminalità diffusa del nuovo proletariato metropolitano, instabilità monetaria, fuga di capitali». Al punto in cui si è giunti, un «intervento correttivo» contro l'inflazione accrescerà esso stesso, «in un li- mitato periodo iniziale», la disoccupazione; ma occorre adottarlo. Le maggiori tentazioni di «smontaggio» del decreto in Parlamento riguardano le privatizzazioni. E' molto discussa la norma che abolisce l'equo canone per le famiglie sopra i 50 milioni di redditi. Il comma sul blocco dello scr; 1 io di novembre per la scala mobile delle pensioni è interpretato in modo opposto dai ministeri del Tesoro e del Lavoro. Fuori dal Parlamento molte proteste si indirizzano contro l'aumento dei contributi previdenziali. Al eli là del decreto, prosegue il braccio di ferro tra governo e Regioni su chi deve tappare le falle (5-10.000 miliardi) della spesa sanitaria: le giunte regionali hanno deciso di presentare ricorso alla Corte Costituzionale, [s. 1.] Franco Reviglio

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