Seppe dire di no a Ugo di Filippo Ceccarelli
Seppe dire di no a Ugo Seppe dire di no a Ugo E adesso è guerra anche con Giorgio PROFESSORE E ARISTOCRATICO VROMA I ricordate com'erano noiose, prima, le nostre riunioni di partito?». Eh sì, professor Visentini. «Io parlavo al mattino, La Malfa al pomeriggio e Spadolini faceva in modo di parlare nel momento giusto, quello dei tg e delle riprese televisive. Tutto qui». Era il maggio del 1991: l'entusiasmo speranzoso dell'opposizione e, per un esteta come il presidente (ieri) dimissionario del pri, anche l'addio alla «mediocrità imperante e opprimente». Però adesso, con quest'abbandono personale, doloroso, emotivamente politico, bisogna riconoscere che le ha rese un po' più che «interessanti», prossime allo psicodramma, le loro riunioni di partito, Brano Visentini. Uno che nessuno, fino a ieri, non solo non ha mai sentito ma neanche avrebbe mai potuto immaginare che: «Mi sento del tutto inutile!». Scena primaria e perfino teatrale al Consiglio nazionale repubblicano. Quella cadenza trevigiana «che in bocca alle belle donne è un piumino, ma in bocca a lui è una grattugia» (Montanelli). Quel «profilo da nobiluomo caustico e un po' rapace» (Pansa). Quel passato lontano nell'azionismo, l'Olivetti, la Confindustria, i no a La Malfa padre, le Finanze, il governo «degli onesti e dei capaci». E dietro alle parole, agli aggettivi, alle puntigliose ricostruzioni di un'autorità che si sente ingiustamente, inevitabilmente messa da parte si coglie qualcosa di più di una semplice vicenda politica, di una delle tante rese dei conti di questa stagione turbolenta. O almeno: fa questo effetto perché l'illustre vecchio amareggiato e spodestato è lui. Mito di perfido candore, cortese antipatia, morale alterigia, virtuosa indignazione, crudele auto-controllo, di quelli di imparano dalle vecchie nonne di un tempo. Visentini: biblioteche paterne, concerti raffinatissimi, arbitrati internazionali, divaga¬ zioni letterarie su Treviso, Verdi, Wagner, Luigi II di Baviera. Così intelligente, aristocratico e scostante da rendere incredibile eppure gustosa la prosa dello scrittore Meneghello che lo tramanda, giovanissimo, in una triste, entusiastica festa di studenti veneti un po' brilli. «Sono due le cose essenziali della vita» dice uno. «Il pane e la fica!» lo interrompe B.S. Professore, uomo di partito e di cultura, economista e dirigente d'azienda. L'anima signorile e tecnocratica del pri. Quello che, ancora 15 anni fa, quando av^va gli incubi sognava Fanfani. E la moglie, signora Netty: «Bruno, no xe possibile che ti te svegi per Fanfani». E ora: «Cosa ci sta a fare un presidente? Niente». Per la verità aveva già detto una cosa del genere a un congresso, nel 1989. Ma proprio allora il presidente del Consiglio De Mita gli aveva dato del «rimbambito»: «e quindi si imponeva che mantenessi l'incarico». A suo modo. Con intermittente protagonismo. Uscite secche e improvvise. E spesso compromettenti. Una volta apriva a Craxi (con il quale, pure, s'era scambiato un florilegio di insulti a base di citazioni coltissime). Una volta al pci-pds. Un'altra tirava al cuore della manovra economica avallata dal suo stesso partito. E magari i de, che sempre hanno intravisto in lui un misterioso rappresentante del potere finanziario laico, lo tratteggiavano (sulla Discussione) come un orango. E La Malfa, che era potuto diventare segretario del pri solo grazie all'altera investitura di Visentini, pretendeva scuse di riguardo, minacciava la crisi di governo per una vignetta. Non sono mai stati facili i loro rapporti. Un oceano di sentimenti inespressi. Un'antologia di diffidenze temperate da uno stile e da un'educazione che però non sono servite ad evitare lo schianto prestabilito. Filippo Ceccarelli Bruno Visentini: è scontro aperto con il segretario repubblicano
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