Tupamaro ad onde medie (audience y revolución)

Tupamaro ad onde medie (audience y revolución) In Uruguay gli ex guerriglieri posano il mitra e fondano una radio: successo clamoroso Tupamaro ad onde medie (audience y revolución) BMONTE VIDEO UENOS dias, questa è 44 Panamericana, la radio della gente», ripete lo speaker ogni mattina aprendo il programma «Amargueando na 44», tre ore e mezzo di giornale radio, dibattiti in studio, collegamenti in diretta dai quartieri di Montevideo ed un po' di canzoni, dai tanghi d'autore a Michael Jackson. Gli argomenti sono quasi sempre legati all'attualità politica nazionale ed internazionale, ed ai microfoni sindacalisti, dirigenti di partito ed imprenditori si alternano a semplici cittadini che vogliono dire la loro sui fatti del giorno. Nello spagnolo parlato in Uruguay, «amarguear» vuol dire bere mate amaro, una specie di tè d'erbe che è la bevanda (e la mania) nazionale. Ed il programma è diventato quasi altrettanto popolare: è il più seguito di tutte le radio urugayane e la Panamericana, che quattro anni fa neppure compariva nelle tabelle degli indici di ascolto, è oggi la terza emittente del Paese. Nulla di straordinario, in fondo, se non per un dettaglio: la Panamericana è la radio dei Tupamaros, guerriglieri diventati ex solo pochi anni fa, dopo essere stati per lungo tempo l'incubo della polizia e dell'esercito uruguayano ed il modello a cui si ispirarono alcuni dei principali gruppi armati della sinistra latino-americana, dai Montoneros argentini al Mir cileno. Erano efficienti, con le armi, i Tupamaros. Dagli assalti alle caserme alle rapine in banca, dai sequestri di industriali alla distribuzione di viveri durante gli scioperi, le loro azioni erano sempre organizzate alla perfezione. Quando nel 1970 rapirono e poi uccisero il «consulente» della Cia Dan Mitrione, arrivato a Montevideo per insegnare nuove tecniche di tortura ai reparti anti-guerriglia, la storia fece tanto scalpore che il regista Costa-Gavras ne ricavò un film, con Yves Montand ad impersonare «L'amerikano». Ma anche in Uruguay, come in tutti gli altri Paesi latino-americani dove qualcuno ci ha provato, il «fochismo» guerrigliero teorizzato da Che Guevara si rivelò un tragico, sanguinoso errore. Le azioni armate non provocarono la sperata insurrezione popolare, e le leggi speciali proclamate dal governo spazzarono via i Tupamaros, aprendo la strada al golpe militare del 1973. Per 12 anni, l'Uruguay è vissuto nell'inferno della dittatura, pagando un prezzo spaventosamente alto: dei suoi neppure quattro milioni di abitanti, oltre 80 mila furono arrestati e torturati, alcune centinaia «desaparecidos», quasi 400 mila costretti all'esilio. Nel 1985 i militari finalmente rientrarono nelle caserme, e tutti i prigionieri politici tornarono in libertà. E i guerriglieri sopravvissuti iniziarono a riorganizzarsi, adattandosi ai nuovi tempi di pace. «Abbiamo cominciato al son lito modo, con le manifestazioni, la presenza nei sindacati, i volantini. Ma ci siamo subito, resi conto che i tempi erano cambiati, che il problema della comunicazione era diventato fondamentale. Il Paese aveva fame d'informazione: durante la dittatura erano stati chiusi quasi 40 tra quotidiani e riviste - racconta Carlos Casares, nei Tupamaros dal 1969, anche lui con guerriglia e carcere alle spalle e oggi, a 42 anni, uno dei quattro direttori della Panamericana -. E' stato uno sforzo progressivo. Prima abbiamo fondato due riviste ed una casa editrice, che ancora oggi vanno abbastanza bene. Poi, nel 1988, ci siamo lanciati nell'avventura della radio. Abbiamo affittato una emittente che già esisteva, ma era in crisi e aveva un ascolto bassissimo. Avevamo chiaro in mente solo che la radio sarebbe dovuta essere pluralista e dar voce alla gente che normalmente non ha accesso ai mass-media. Ma il lavoro concreto abbiamo dovuto impararlo giorno dopo giorno». I risultati di audience - oggi una media di 50 mila ascoltatori - hanno superato tutte le aspettative, e la diversità di opinioni non è rimasta solo tra le buone intenzioni. La radio continua a dare spazio «a chi non ha mai avuto voce», e cioè operai, studenti, pensionati, associazioni di quartiere e così via. Ma allo stesso tempo, tra un programma per bambini ed un notiziario sportivo, sfilano davanti ai microfoni politici di ogni colore. Alcuni mesi fa, ad un dibattito in diretta è stato invitato persino l'ex presidente Jorge Pacheco Areco, il responsabile dell'escalation militare contro i Tupamaros alla fine degli Anni 60. E dopo l'ostilità iniziale, anche multinazionali tradizionalmente «nemiche» degli ex guerriglieri, come la Bayer e la General Motors, hanno iniziato a comprare spazi pubblicitari nei programmi della radio. Oggi, in tutto l'Uruguay i militanti dell'organizzazione non sono più di un migliaio, ma grazie alla Panamericana, i Tupamaros hanno ancora una grande in- fluenza nella vita politica del Paese. Fanno parte del «Frente ampio», il cartello di partiti di sinistra che ha eletto il sindaco di Montevideo e potrebbe riuscire ad eleggere il prossimo presidente. Negli anni scorsi si sono battuti contro l'amnistia concessa ai militari per i crimini commessi durante la dittatura, ed oggi - con la radio in prima fila - sono impegnati a promuovere un referendum contro la politica di privatizzazioni voluta dal governo del presidente Lacalle. Hanno fatto autocritica sul passato, ammettendo che la scelta della lotta armata sia stata un tragico errore. Ma anche se ora usano la cravatta ed hanno deposto i mitra, i Tupamaros non hanno rinunciato alle utopie di un tempo. «Certo, dopo la caduta del muro di Berlino, tutto è diventato più difficile, la sinistra è in crisi, molti compagni non hanno più fiducia che esistano alternative migliori al capitalismo - ammette Carlos Casares -. Ma in America latina le ingiustizie sono sempre più profonde, la miseria della gente aumenta, Vale ancora la pena lottare per cambiare le cose». Gianluca Bevilacqua Tre ore e mezzo di notiziari. Risorge la sinistra Le multinazionali fanno a gara per offrire pubblicità Invitati ex nemici si - Hi Un'immagine di guerriglia: i tupamaros posarono le armi solo pochi anni fa. A sinistra: Che Guevara. Sotto il titolo: Michael Jackson

Luoghi citati: America, Berlino, Montevideo, Uruguay