L'arciere della notte sfida Milano

L'arciere della notte sfida Milano Il Robin Hood di San Siro ha cambiato zona per sfuggire alla task-force che gli dà la caccia L'arciere della notte sfida Milano Ferito un pensionato, nuova beffa alla polizia MILANO. Quando se ne va il sole, arriva lui, l'arciere di San Siro. Si muove da solo, colpisce con una balestra, scompare. Dieci frecce tirate in 51 notti, nessun errore. Sette dimostrative (un albero, un'auto parcheggiata, cinque appartamenti ai piani bassi). Tre a bersagli umani. Ultima caccia, l'altra notte, ore 20,30, stradone di via Cechov. Accade così. Avanza, fischiando il «Guglielmo Teli», Mario D'Addario, pensionato, appassionato di lirica. «Stavo andando al caffè della piscina comunale, giusto per prendere un po' d'aria. Di fianco a me le siepi di bosso. Davanti a me niente. Fa caldo, mi dico. Cammino piano. Penso ai fatti miei. Sento un pof, mica di più. Pof ! E un bruciore che mi morde il sedere. Mi tocco: tutta la mano piena di sangue, e mi ritrovo una cosa di ferro tra le dita. Che roba è? Tiro. Si è conficcata mica di molto, due centimetri, nel punto esatto dove l'infermiere fa le punture. Fa male anche quando esce. Guardo: una freccia. Neanche mi accorgo che sto gridando aiuto con questa freccia in mano e il sangue che viene giù, mi sporca i calzoni, ma io sto in piedi, non casco. Viene un ragazzo, poi un altro. Dico solo: accompagnatemi a casa». L'arciere di San Siro ha sangue freddo e fortuna. Fino ad oggi nessuno lo ha visto. C'è un pezzo del quartiere San Siro una dozzina di strade tra il Monte Stella e il Galoppatoio in paranoia nera, e un intero commissariato di polizia - 110 uomini con macchine, moto, bicliclette, volanti - messo sotto pressione. Il commissariato è una palazzina circondata da una cancellata nera. Passano uomini armati di 7,65 e mitragliette Beretta mobilitati per la caccia a questo tale che va in giro con la balestra. Come a Fort Apache, sul tavolo del capo delle giacche, blu, il vicequestore Matteo Turillo, c'è la faretra di carta bollata con le dieci frecce ritrovate, mortali se colpiscono entro i primi trenta metri. Tutte d'acciaio, con allette colorate di giallo e blu. Tutte modello lungo, 32 centimetri, tranne l'ultima, quella destinata al pensionato dell'altra sera, 15 centimetri, modello Eagle - Easton Usa. «Vuol dire che il nostro uomo ha cambiato arma - dice l'ispettore -. Sente che gli stiamo addosso, così ha preso una balestra più piccola che gli permette di caricare in fretta e tenersela dentro a una giacca. Crede di essere furbo. Si accomodi, noi adesso lo becchiamo». Chissà cosa si è messo in testa l'arciere di San Siro, il Robin Hood del Gallaratese. Chissà se ha un piano, un delirio che punta da qualche parte, oppure se gli basta e avanza stare lì a guardare dove arriverà il gioco che ha messo in moto. Una freccia ogni tanto per godersi lo spettacolo. Ha cominciato a fare l'indiano la sera del 27 maggio. Un colpo di bravura: dal marcia- piede di via Bertinoro, freccia numero uno dritta dentro a un appartamento del terzo piano. Finestra in frantumi, paura. Tre sere dopo, stesso palazzo, altro appartamento. A distanza di un mese e mezzo, passante di via Bertinoro: «Se lo prendiamo lo spelliamo». E' una signora dall'aria mite con gocce di sudore sulla fronte, e un sedano morto di caldo che spunta dalla sporta: «Si può mica andare in giro a terrorizzare la gente onesta. Sarà malato di testa? Probabile. I manicomi sono chiusi, no? E quelli come lui sono in giro». Dopo i due colpi a salve, la prima preda vera. Un ragazzetto studente di 23 anni, Alessandro Vergani, che se ne sta sulla panchina di piazza Santa Maria Nascente con un paio di amici ad ammazzare la serata. E' il 9 giugno. La freccia finisce la sua corsa appena sopra al ginocchio del ragazzo. Penetra per tre centimetri e mezzo. Il ragazzo urla, viene soccorso. Visto qualcosa? «Niente, assolutamente niente», dice Alessa-dro che ancora oggi zoppica e ogni tre giorni deve cambiare medicazione. Dicono a Fort Apache: «Con il primo ferimento ci siamo messi a lavorare sul serio, ma quello sembra stregato. Invisibile, come la prima volta». Non sanno nemmeno se gira in macchina o a piedi. Spiega il commissario Turillo: «Vede, un colpo di pistola richiama l'attenzione. Chi sta vicino alla vittima guarda subito in direzione del botto e magari vede qualcosa, come è vestito chi ha sparato, se è in macchina, a piedi. A cavallo. Invece con la freccia niente. Tutti guardano subito il ferito che grida». E l'arciere si dilegua. In commissariato arrivano ogni giorno decine di segnalazioni: il sospetto è giovane e magro; è vecchio e grasso; è biondo; è bruno; zoppica; corre. «Un cittadino ci ha detto persino di avere visto un tale in bicicletta con l'arco a tracolla». Insomma un mucchio di niente che il commissario riassume così: «Sospetti labili, indizi pochi, prove zero». Nel niente, l'arciere impazza. Beccato il ragazzo, si concede due settimane di riscaldamento. Il 13 giugno freccia in un appartamento di via Cimabue. Il 17 giugno in via Cremosano, primo piano, freccia andata a sbattere contro un termosifone, sfiorando una ragazzina seduta in poltrona. Il 19 giugno il bersaglio è un vecchio olmo di piazzale Stuparich. Il 27 ancora il soffitto di un appartamento e il 2 luglio la portiera di un'automobile parcheggiata in piazzale Stuparich. L'8 luglio smette di scherzare e punta dritto al polpaccio sinistro di una turista inglese, Jane Suzanne Stevens, 21 anni. La ferisce all'angolo di piazzale Stuparich, mentre la ragazza sta aspettando che qualcuno le apra la porta dell'ostello della gioventù. Lei casca per terra e quando il portiere fa scattare la serratura, se la ritrova terrorizzata in lacrime. Sale la paura in quartiere. Diventa febbre, sindrome. Il territorio di caccia dell'arciere è limitato a quelle strade, e ogni benedetto passante-cittadinoinquilino prova la spiacevole sensazione di sentirsi un bersaglio che cammina. Le giacche blu della ps raddoppiano le perlustrazioni: «Di giorno pattugliamo con le volanti, dopo il tramonto, facciamo la caccia vera». Escono in coppie con le auto civetta. Escono a piedi, in jeans e ricetrasmittente. Un paio di dirigenti si fanno chilometri in bicicletta. Altri stanno sulle panchine, sui muretti, all'angolo delle piazze. Sulla scrivania di Turillo (frecce a parte) c'è la mappa stradale con i punti dove l'arciere ha colpito. Piccoli segni gialli tutti a pochi centimetri, tranne l'ultimo, quello dell'altra sera. «Vede? Ha capito che gli stiamo addosso e sta cambiando zona. Ha fifa. Questo è un buon segno. Farà uno sbaglio». Per ora (però) ha fatto una furbata. Mentre gli agenti, l'altra notte, lo aspettavano dentro al quadrilatero fatale, lui ha colpito mezzo chilometro più in là, con la sua nuova balestra mignon. Arma che fino a pochi mesi fa si poteva acquistare in un qualsiasi negozio sportivo, con la sola clausola della maggiore età. Mario D'Addario, il pensionato ferito, scuote la testa, dice: «E' roba da matti. Nessuno vede, nessuno sa. E se questo matto continuasse per mesi?». Domanda da mille punti: quelli che vince un arciere, quando (pof!) fa centro. Pino Corrias E' la terza volta che colpisce un passante con la balestra Sulle sue tracce più di cento agenti Ma nel quartiere regna la paura Mario D'Addario, di 68 anni, è l'ultima vittima. E' stato colpito mentre stava passeggiando in via Cechov Una immagine del quartiere dove l'arciere ha colpito. A destra un agente di polizia mostra le frecce usate dal cecchino armato di balestra Balestra come quella usata a Milano

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