La mafia scalava l'Etna di Fabio Albanese
La mafia scalava l'Etna Indagini sul sindaco di Zafferana, 9 arresti nel clan Cursoti La mafia scalava l'Etna Allarme dei giudici: «Le cosche rilevano le imprese commerciali» Una delle menti dell'organizzazione uccisa lunedì in un agguato a Catania CATANIA. «Per la prima volta in questa città, abbiamo la prova che la mafia si è inserita nelle attività di imprese commerciali». Mario Amato, giudice della procura antimafia, spiega gli esiti dell'operazione conclusa all'alba di ieri fra Catania, Gela e Roma. Nove persone in manette con l'accusa di associazione mafiosa, estorsione, sequestro di persona, detenzione e porto illegale d'arma. Fra loro Santo Garozzo, fratello di «Pippu 'u maritatu», il capo del clan mafioso dei Cursoti lacerato da una faida interna che dura da un anno e mezzo. Ma ci sono anche degli insospettabili: Vincenza Sciuto, moglie dell'ex assessore ai Lavori Pubblici del comune di Zafferana Antonino Di Giacomo, ucciso lunedì in un agguato; Giorgio Montali e Francesca Valentini, soci della Ifis, una delle società finanziarie che sarebbero state rilevate dalla mafia. I due sono stati ammanettati a Roma. Ma al vaglio dei magistrati Mario Amato e Michelangelo Patanè ci sono anche le posizioni di altre persone. Per alcune sono stati emessi degli avvisi di garanzia. I magistrati non lo confermano, ma fra gli «indagati» c'è l'attuale sindaco di Zafferana Alfio Leonardi, divenuto un simbolo ai tempi dell'emergenza per l'eruzione dell'Etna, per il suo lavoro a fianco della città e della Protezione Civile. I carabinieri, nella notte fra mercoledì e giovedì, gli hanno perquisito l'abitazione. Non si sa nulla del suo ruolo, mentre è chiara l'attività che il gruppo mafioso aveva avviato: costringeva i titolari di imprese edili e società finanziarie a cedere le aziende, che poi venivano assegnate a dei prestanome. In questo ruolo sono stati arrestati i due soci della Ifis, Eugenio Foti, che aveva subito recentemente un fallimento e, a Gela, Beatrice Calabro. La mente organizzativa del gruppo sarebbe stata Antonino Di Giacomo, ucciso lunedì sera in una via centrale di Zafferana. Già un anno fa l'ex assessore democristiano, poi passato al psdi, era scampato ad un agguato nel quale rimase uccisa un'altra persona. I giudici avevano chie¬ sto per lui misure di prevenzione, successivamente revocate dalla corte d'appello. Lunedì, i killers sono riusciti nella loro missione; ma hanno ferito anche Vincenzo Micci, amico della vittima, finito anche lui in manette nell'operazione di ieri. «Ma non c'è alcuna relazione fra il delitto e questa operazione - precisa il giudice Michelangelo Patanè che preparavamo da tempo». I magistrati della procura catanese hanno spiegato che per ottenere il loro scopo, gli uomini del gruppo mafioso erano disposti a tutto. Almeno in un caso avrebbero persino sequestrato i titolari di una impresa edile per costringerli a cedere l'attività. Una impresa «ghiotta», perché iscritta all'albo nazionale dei costruttori e dunque in grado di partecipare alle gare per appalti pubblici. Sullo sfondo, anche la gestione dei finanziamenti per la ricostruzione, dopo il terremoto che nel novembre dell'84 causò forti danni a Zafferana e nella vicina frazione di Fieri. Fabio Albanese
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