Parigi, niente scuse agli ebrei di Enrico Benedetto
Parigi, niente scuse agli ebrei Mitterrand fischiato al Vél d'Hiver, il «campo di concentramento» di Pétain Parigi, niente scuse agli ebrei Nel '42 la retata di 13 mila israeliti «La mia Francia non è figlia di Vichy» PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Solo fiori, niente scuse. Francois Mitterrand ha deposto ieri sera un bouquet per commemorare gli ebrei rastrellati dalla polizia vichysta, 50 anni fa, al Vélodrome d'Hiver, ma senza pronunciare alcun «mea culpa» in nome della Francia. Dal pubblico, insieme agli applausi, giungono i fischi. Sono attimi duri per l'uomo dell'Eliseo, che deve farsi strada tra la folla. Lo accompagna Robert Badinter. L'anziano giurista, che presiede la Corte Costituzionale, sul palco esplode: «Vergognatevi. I morti ci ascoltano!», urla. La cerimonia è compromessa. Mitterrand, pallido, sosta qualche istante presso la lapide, quindi lascia - senza una parola - il luogo dell'infamia. E' un epilogo amaro per la giornata che doveva mettere il Paese «davanti ai suoi crimini» («Liberation»). Il 16 e 17 luglio '42, le forze dell'ordine parigine «offrirono» agli increduli tedeschi 12.884 ebrei. Li attendeva Auschwitz. Solo poche decine sopravvissero. Mezzo secolo dopo, associazioni ebraiche, quasi 300 illustri firmatari (tra gli altri Derrida, Boulez, Michel Piccoli, Débray) e non pochi cittadini chiedevano alla V Repubblica una presa in carico morale di quelle atroci responsabilità. Il regime non è più lo stesso, ma far valere questa differenza per eludere la memoria storica può suonare discolpatorio verso lo Stato francese collaborazionista. Di qui l'appello. Mitterrand, con il silenzio, ha risposto «no». Chiari i motivi, già emersi nell'intervento televisivo per il 14 Luglio: non esiste continuità storica fra Pétain e la Francia repubblicana attuale, che nacque proprio sulla negazione di Vichy. Nondimeno, qualcuno attendeva ancora una piccola, tardiva sorpresa. Invece, solo quel bouquet: gesto nuovo, di grande forza simbolica e tuttavia riduttivo. Così, almeno, la pensano i 200 studenti ebrei (Uejf) che ieri han processato in piazza, con false toghe e veri testimoni sull'Olocausto, il vichysmo. Altri, a Tolosa, depositavano presso la Chambre d'Accusation un dossier contro Paul Touvier, Maurice Papon e René Bousquet. Quest'ultimo organizzò il raid poliziesco spingendo il suo zelo oltre ogni speranza germanica. Dopo una bella carriera nel dopoguerra, oggi trascorre la vecchiaia in un bell'alloggio del XVI Arrondissement. Alcuni manifestanti gli hanno reso visita, lasciando sul cancello ironiche targhe commemorative. Anche Serge Klarsfeld non cela la delusione per le timidezze presidenziali: «Mitterrand è fedele a se stesso. Entrò a Vichy, poi nella Resistenza. Considera la prima una parentesi». Il Comitato Vel d'Hiv accusa, i firmatari denunciano uno Stato che «alla sordità unisce il mutismo». Non manca, tuttavia, qualche dissenso interno. Secondo il Consiglio rappresentativo degli ebrei francesi, l'omaggio alle vittime dimostra come «Mitterrand non intende occultare anni dolorosi e tragici». «Certo, si poteva esigere di più, ma dobbiamo saper guardare il futuro». Nel rifiutare ogni «mea culpa», Mitterrand segue le tracce golliste. Fu il Generale che rivendicò la discontinuità tra Parigi e Vichy, Francia parlamentare e governi filogermanici. Eppure Pétain ricevette l'investitura proprio dalle Camere. Ma De Gaulle incarnava l'esilio: era naturale contestasse la legittimità delle istituzioni collaborazioniste. Negli anni, però, l'alibi resistenziale ha permesso giochi manipolatori. Il pétainismo (40 milioni di uomini e donne leali al Maresciallo) divenne presto un fenomeno da rimuovere o minimizzare. Così, malgrado la tradizione storiografica francese, ci volle uno studioso britannico - Robert Paxton - per levare il velo su numerose atrocità del '40'44, Vel d'Hiv compreso. Enrico Benedetto Duecento studenti ebrei inscenano un processo al regime di Vichy: «I persecutori dei nostri padri sono liberi» [foto epa]
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