«Sorella mi tolga quell'ago di Francesco Grignetti

«Sorella mi tolga quell'ago «Sorella mi tolga quell'ago I medici: ha un carattere forte ma è anche un malato testone ROMA. «Sorella, mi tolga quest'ago dal braccio». E' notte, nel Policlinico «Gemelli». Giovanni Paolo II affronta la prima notte dopo l'intervento chirurgico. Per sopire i dolori della sutura, i medici hanno somministrato al papa una «leggera sedazione». Ma il chirurgo ha anche lasciato nel braccio del Papa, inserito nella vena, un ago con una valvola. In gergo, si chiama una «farfalla». E' una precauzione normale, per i pazienti che devono subire molte trasfusioni o fleboclisi. L'ago fisso evita la dolorosa ricerca della vena ad ogni flebo. Ma il Papa ne è infastidito. Chiama con il campanello una monaca e le chiede di togliergli l'ago dal braccio. Naturalmente ogni richiesta del Pontefice è un ordine per una suora. E quella si affretta. La mattina dopo, ieri mattina, quando i medici rientrano nella camera del Papa, e scoprono che l'ago non c'è più, la sorpresa è grande. E se non possono sgridare l'augusto paziente, se la prendono con gli infermieri: «Vabbé che è il Santo Padre. Ma qui comandano i medici». Altro che paziente modello. Dal riserbo ufficiale che è calato sul ricovero del Pontefice, emergono spezzoni di realtà che raccontano una degenza ben diversa. Il Papa si sta rivelando un malato dalla testa dura. Un bel caratterino con cui l'equipe medica deve fare i conti. Usando un eufemismo, il chirurgo Francesco Crucitti dice: «Ha un carattere forte ed è una persona estremamente dinamica e vitale». S'è visto anche ieri mattina: appena ripresosi dall'anestesia, il Pontefice ha seguito la messa che s'è tenuta al suo capezzale. E poi s'è voluto alzare per ricevere i pochi selezionatissimi ospiti che sono entrati nella sua camera. Non ha sentito ragioni. «L'hanno aiutato racconta Crucitti - e s'è messo nella poltrona vicino al letto». Lì, in poltrona, ad esempio, lo ha trovato il rettore dell'Università Cattolica, Adriano Il professor Lu Bausola. Sfogliava il breviario e pregava. Mi ha salutato con voce ferma e robusta. Siamo stati a chiacchierare per un po'». Il Papa è rimasto seduto in quella poltrona per non meno di due ore. Racconta un altro membro dell'equipe che ha libero accesso alla stanza papale, Luigi Ortona, preside della facoltà cattolica di Medicina: «Per due ore non è voluto tornare a letto perché preferiva rimanere in poltrona». I medici avevano consentito che si alzasse per mezz'ora. Ma quando è stato il momento di tornare a letto, il Papa si è opposto: «Sto tanto bene qui, perché dovrei tornare a letto?». La prima giornata dopo l'intervento, insomma, sprizza ottimismo. Le polemiche mediche non riescono a turbare più di tanto i medici del «Gemelli». Per forza: il papa recupera velocemente il buon umore e la forma fisica. Il chirurgo si sbilancia persino nel dire che forse domenica Giovanni Paolo II potrebbe affacciarsi alla finestra e salutare i fedeli. N"(f seguirà una convalescenza abbastanza lunga. : Il professor Luigi De Candia, lglDeCandia sovrintendente sanitario del Policlinico, ammette che i medici dovranno faticare per tenere il Pontefice in convalescenza «più di trenta giorni». Ma che Karol Wojtyla sia un paziente difficile, lo racconta anche Corrado Manni, l'anestesista: «Abbiamo faticato non poco per convincerlo a ricoverarsi. Il Papa voleva partire a tutti i costi per il Cadore, dove andava in vacanza». E vista la situazione generale non incoraggiante - il portavoce Navarro Valls ammette che la diagnosi a grandi linee era pronta da venerdì o sabato, quando è stato deciso il ricovero - era già in allarme una équipe medica per accompagnarlo. Con il Papa sarebbe partito il medico personale, Renato Buzzonetti, più un chirurgo e un anestesista del «Gemelli». Francesco Grignetti Il professor Lu lglDeCandia

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