La guerra dei tassi brucia la manovra

La guerra dei tassi brucia la manovra Il debito costa di più, si allontana Tobiettivo di fermare il deficit ed è in arrivo una stangata-bis La guerra dei tassi brucia la manovra In 45 giorni i Bot sono «rincarati» di2500 miliardi per il Tesoro E le misure anticrisi rischiano di slittare in Parlamento ROMA. La lira è sull'orlo del baratro, ma la manovra economica che dovrebbe darle duraturo appoggio comincia a incontrare qualche ostacolo in Parlamento. Il nuovo aumento del tasso di sconto appena deciso dalla Banca d'Italia, oltre a rendere ancora più caro il credito per l'economia, rischia di appesantire il bilancio dello Stato innescando una ulteriore crescita dei rendimenti dei Bot. Approvare i tagli alle spese e le nuove tasse diventa - tutti lo dicono - ancora più urgente. Però all'interno della già ristretta maggioranza di governo cominciano i mugugni, specie nella de; un atteggiamento conciliante da parte delle opposizioni appare più difficile. «Noi abbiamo un punto cruciale in tutta la nostra politica economica - dice il ministro delle Finanze, Giovanni Goria, spiegando una decisione grave come quella di alzare al 13,75% il tasso di sconto - ed è la stabilità della lira. Per difenderla occorre qualche volta fare la guerra. E in guerra, se si deve sparare, si spara. Fuori di metafora, i tassi si alzano quando si deve e si abbassano quando si può». Nelle stesse ore però Goria ha dovuto mostrare flessibilità davanti al gruppo parlamentare del suo partito, la de, dove le critiche al decreto-legge del governo Amato si sono moltiplicate: «C'è sempre la disponibilità del governo a migliorare le cose». Il decreto dunque può essere modificato nella fase di conversione in legge; purché resti «la coerenza con l'impostazione» e si mantenga il gettito di 30.000 miliardi. L'inizio non è promettente. Alla commissione Finanze della Camera, dove l'esame deb decreto è cominciato, pro¬ prio il relatore Vilmo Ferrari (de) ossia colui che ha il compito di presentare il provvedimento e di raccomandarne l'approvazione - ha formulato una serie di critiche. Circola l'ipotesi di stralciare due punti, l'abolizione dell'equo canone per le famiglie con più di 50 milioni di reddito e l'intera parte sulle privatizzazioni; più tardi tuttavia il capogruppo de Gerardo Bianco l'ha smentita. Il presidente del Consiglio, Giuliano Amato, è andato di persona alla Camera ieri mattina per chiedere ai capigruppo tempi brevissimi; proprio perché, come ha dichiarato il sottosegretario alla presidenza Fabio Fabbri, «questo, più che un momento difficile, è un momento drammatico». Il presidente della Camera, Giorgio Napolitano, ha stabilito per venerdì prossimo l'inizio della discussione in aula, anziché giovedì come chiesto dal governo. L'obiettivo, non facilissimo da conseguire, è di trasformare il decreto in legge definitiva prima del 7 agosto, inizio delle ferie di deputati e senatori. Amato continua a fare buona impressione all'estero: intervistato dal Financial Times, ha promesso di «far diventare possibile quello che sembra impossibile, cambiare il sistema italiano»; considera il suo «un governo di transizione tra l'Italia consociativa e clientelare a un Paese europeo moderno». Non si sa però se la rapidità nell'approvazione del decreto potrà avere un prezzo, in termini di patteggiamenti. Intanto l'obiettivo annunciato da Amato mantenere il deficit pubblico '92 a un livello inferiore a quello del '91, che fu di 152.000 miliardi - appare già) più difficile da conseguire anche se il decreto fosse approvato senza mutamenti. Già in un solo mese e mezzo di salita dei rendimenti dei titoli di Stato, secondo alcuni operatori, il Tesoro avrebbe speso 2500 miliardi in più. Un rialzo dei rendimenti corrispondente allo 0,75% di aumento del tasso di sconto deciso ieri costa sui 600 miliardi al Tesoro per ogni mese che si protrae. In più, il governo non ha incluso nei conti gli sfondamenti di spesa della Sanità, perché ne ritiene responsabili le Regioni; ma è in corso un braccio di ferro in cui si minaccia la chiusura di interi ospedali. Da qualche parte si dovrà scaricare un maggior deficit che è al minimo di 5000 miliardi. Allo stato attuale delle cose la più accreditata previsione sul disavanzo '92 è sopra i 160.000, * fs.Ll Il ministro delle Finanze Giovanni Goria Ha ammesso che nella de esistono divisioni sulla fattibilità della manovra Il presidente della Confindustria Luigi Abete. Insieme a molti altri esponenti del mondo del lavoro si è detto estremamente preoccupato per la fortissima ascesa registrata dal tassi d'Interesse

Persone citate: Fabio Fabbri, Gerardo Bianco, Giorgio Napolitano, Giovanni Goria, Giuliano Amato, Goria, Luigi Abete, Vilmo Ferrari

Luoghi citati: Italia, Roma