I sentieri dell'impiegata

Il nappista spacciava EX TERRORISTI Condannato a 5 anni e 8 mesi, l'amica ha preferito patteggiare Il nappista spacciava Sorpreso con eroina s'è giustificato: «Serviva salo per, la mia.conipagna» À maggio aveva finito di scontare la penapeiÒmicià'tó ébandWprmaia Ex terrorista, 43 anni, appena uscito dal carcere. Lei, vent'anni di meno, tossicodipendente. Due vite sbanfiate, quelle di Giorgio Zoccola e di Monica Bretto, che si sono incontrate nel giugno dell'anno scorso. Ma anche questa storia è finita male, in questura prima, e poi in tribunale. Ieri i giudici della prima sezione hanno condannato Zoccola a 5 anni e 8 mesi di reclusione (e 35 milioni di multa) per detenzione di droga. Monica Bretto, difesa dall'avvocato Loredana Gemelli, aveva proposto un patteggiamento, poi accolto dal tribunale: un anno e 7 mesi (e 3 milioni e mezzo di multa), con la condizionale. Il pm Ausiello aveva chiesto per l'imputato 6 anni e 2 mesi, per la ragazza 5 anni e 8 mesi. La storia. Si conoscono a Porta Nuova, tra i senza casa che gravitano intorno alla stazione. Zoccola, originario di Asti, è entrato per la prima volta in carcere per rapina, nel '76. Alle Nuove si politicizza, aderisce ai Nap, poi si avvicina alle Brigate rosse. Partecipa alla sommossa delle Nuove, poi, è il 19 giugno 1980, uccide un compagno di cella. La vittima si chiamava Pasquale Viele. Venne «garrotato» da Zoccola e da Giorgio Piantamore, anche lui Br, perché sospettato di essere una spia. I due confessarono. La Corte d'assise li condannò entrambi a 18 anni di reclusione: omicidio e partecipazione a banda armata. Zoccola usufruì dei benefici per la dissociazione, nel 1990 gli fu concessa la semilibertà. In questo periodo conosce Monica Bretto: «Era drogata, e ho cercato di aiutarla». Nel giugno 1991 i due sono insieme, in auto. Vengono fermati, identificati, perquisiti. Salta fuori una dose di eroina. E' della ragazza. Anche l'alloggio di Zoccola viene perquisito. Lui consegna spontaneamente altra dròga. Entrambi sqno arrestati. Lui, difeso dall'avvocato Cosimo Palumbo, che presenterà appello, dice: «Tenevo io la droga, gliela centellinavo perché volevo evitarle un'overdose». Le sue ragioni le ha spiegate in un memoriale consegnato al tribunale. Dentro c'è tutto: la sua storia, quella di Monica. Testimoniano a suo favore il responsabile di una comunità per drogati, don Laiolo, e un'educatrice conosciuta in carcere. A loro si era rivoltò perché aiutassero la ragazza a vincere la tossicodipendenza. «Zoccola si era preso a cuore il caso di Monica, voleva aiutarla», confermano. Lei nel frattempo è entrata in una comunità. Lui, nel maggio scorso, ha finito di scontare la precedente condahna, ma adesso rischia di tornare in carcere. Brunella Giovare Giorgio Zoccola: «Tenevo io la droga per Monica, gliela centellinavo»

Luoghi citati: Asti