Da un Berlusconi all'altro il controllo del Giornale di Zeni

Da un Berlusconi all'altro il controllo del Giornale Ieri la separazione dei due fratelli Da un Berlusconi all'altro il controllo del Giornale Intanto Fininvest approva i conti '91 Fatturato in aumento, utile in calo MILANO. Ognuno per la propria strada. Lo si sapeva da tempo, ieri è successo: il divorzio (consensuale) tra Silvio e Paolo, i due fratelli Berlusconi, è ufficiale. Silvio, il re delle televisioni, abbandona il «Giornale» lasciandolo al più giovane Paolo. Paolo ringrazia e lascia ogni carica in Fininvest, holding di Sua Emittenza. Ognuno per sé, dunque. Secondo una divisione resa urgente da quella legge sull'editoria che dal prossimo 20 agosto avrebbe reso impossibile, per Berlusconi senior, tenersi tre reti televisive e un quotidiano. E così, ecco la soluzione finalmente resa operativa dall'assemblea degli azionisti del «Giornale». La Silvio Berlusconi Editore, fino a ieri proprietaria dell'86,61% del quotidiano diretto da Indro Montanelli, ha rinunciato all'aumento di capitale (da 2 a 4,8 miliardi con sovrapprezzo: per un totale, quindi, di 19,6 miliardi) che è stato, invece, sottoscritto dalla Arcus srl, società controllata dalla Paolo Berlusconi Finanziaria. Contemporaneamente, nessun altro tra i soci storici, né il gruppo Boroli-De Agostini né la Mgb di Montanelli, Granzotto, Biazzi (i tre giornalisti fondatori), ha partecipato alla ricapitalizzazione. Con il risultato che da ieri l'assetto azionario del «Giornale» è cambiato e vede la Arcus di Paolo Berlusconi con il 58,33%, la Silvio Berlusconi Editore con il 36,09%, Boroli-De Agostini scesi al 5% (dal 12%) e Mgb allo 0,58% (dall'1,39%). Un assetto in linea con la legge sull'emittenza destinato forse a un ulteriore ritocco quando la Silvio Berlusconi scenderà ancora per lasciare più spazio a Boroli-De Agostini. Sistemata la partita «Giorna-^e»^ lasciata al fratello (oltre al quotidiano) la cura e il controllo dell'attività immobiliare, insomma celebrato con tutti i crismi un divorzio annunciato, Sua Emittenza regna incontrastato su Fininvest. Un impero che, dai dati resi noti nell'as¬ semblea di bilancio di ieri mattina, dopo Fiat e Ferruzzi-Montedison si posiziona stabile al terzo posto tra i grandi gruppi privati italiani. In crescita il fatturato consolidato (10.096 miliardi nel '91) con una previsione di toccare i 12.300 miliardi a fine anno. E in crescita il giro d'affari aggregato che dai 18.300 miliardi del '91, sempre secondo le previsioni degli interessati, dovrebbe arrivare a 21.600 miliardi con un buon balzo (questa volta, però, non quantificato dagli uomini Fininvest che si sono limitati a anticipare che nel primo semestre del '92 «tutte le aree di attività del gruppo hanno registrato risultati migliori») dell'utile operativo che, a fine '91, era stato di 544 miliardi. Tivù, libri, grande distribuzione, pubblicità, cinema: l'impero cresce ma accusa qua e là qualche difficoltà a digerire i nuovi bocconi. Tra il '90 e il '91, per esempio, luci e ombre dipendono proprio dalla Mondadori, la casa editrice acquisita un anno fa esatto. L'effetto Mondadori sui conti consolidati Fininvest, è evidente. Maggior fatturato ( + 33%: da 7561 a 10.096 miliardi) ma diminuzione degli utili (da 190,5 miliardi del '90 ai 61,3 del '91) a causa dell'incremento dell'indebitamento (2938 miliardi a fine '91 contro i precedenti 2417) e dell'inevitabile aumento degli oneri finanziari proprio per via dell'investimento a Segrete. Effetto Mondadori che, ovviamente, non ha trascurato la capogruppo Fininvest spa che ha chiuso il '91 con 4,9 miliardi (erano 37,8 nel '90) senza distribuire dividendi. Armando Zeni Paolo Berlusconi da ieri proprietario del Giornale

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