Tangenti botte tra missini e socialisti di Fabio Martini

Tangenti, botte tra missini e socialisti Gli scontri ieri sera in via del Corso, prima slogan e sfottò poi sono volati pugni e calci Tangenti, botte tra missini e socialisti E sull'inchiesta duello a distanza Martelli-pg di Milano ROMA. Fascisti da una parte e socialisti dall'altra. Urla, insulti, calci e pugni. Non è il 1922, ma il 15 luglio 1992: ieri pomeriggio, nella salottiera via del Corso, la strada dello struscio, sembrava di essere tornati indietro di 70 anni. Con i fascisti - sotto la sede nazionale del psi - a urlare slogan-sfottò contro i socialisti («Craxi, Bobo e i 40 ladroni») e i socialisti a rispondere: «Piazzale Loreto, c'è ancora posto». Venti minuti di schiuma, di ceffoni promessi, di rissa evitata per un soffio. Sembrava finita lì, ma il sangue si è così riscaldato, la memoria si è così risvegliata che alla fine non hanno resistito a scendere in strada anche due personaggi insospettabili, miti, abituati ad armeggiare più con i fax che con le mani: i capi uffici stampa dei due partiti. Il primo a rompere gli indugi è stato Gigi Genise, azzimato e misuratissimo portavoce del psi: visto che i ragazzi del Fronte non se ne andavano è sceso in strada, armato di chiave inglese. E mezzora dopo, quando i giovani socialisti si sono trasferiti sotto la sede nazionale del movimento sociale, nella vicina via della Scrofa, non ha resistito neppure Francesco Storace, giornalista del Secolo e portavoce di Gianfranco Fini: ha rincorso uno dei giovani socialisti entrati nel palazzo missino e gli ha ri- filato una scarica di calci. Tutto era iniziato alle cinque della sera, sotto la sede del psi. L'idea di una spedizione-sfottò era venuta, di prima mattina, al camerata Luca Panariello, trentaduenne capo dei giovani missini di Roma, pizzetto nero e fede rautiana. I camerati vogliono fare un'improvvisata e quindi non chiedono neanche l'autorizzazione alla Questura. Poco prima delle 17 si presentano sotto la sede del psi, pronti a distribuire monetine, banconote da 50.000 lire con la faccia di De Michelis, volantini con su scritto «il governo della ri-presa». E assieme alla raffica di slogan partono anche i sa- luti romani, le frasi forti, le provocazioni. Dal portone del psi scendono in strada funzionari, impiegati, ragazzi del movimento giovanile socialista. Partono gli insulti, da tutte e due le parti. Il drappello di poliziotti che fa il servizio d'ordine sotto la sede del psi è preso alla sprovvista. Chiedono rinforzi alla Questura. E i rinforzi arrivano appena in tempo, prima che scoppi la rissa vera. I missini sono dispersi, alcuni identificati, visto che la manifestazione non era autorizzata. Il camerata Panariello, col telefonino cellulare, può informare Storace che in assenza di Fini, presidia la sede missina: «Operazione conclusa, socialisti stanati!». Sembra finita lì. E invece no. I giovani socialisti, guidati dal loro segretario nazionale Josi, organizzano in tempo da record un contro-blitz. Impacchettano i volantini, le banconote false lasciate per terra dai missini e dentro delle grosse buste li portano nella sede del movimento sociale, con un indirizzo («Msi, via della Scrofa, all'attenzione dell'onorevole Fini») e una dedica: «Una società pulita incomincia da una città pulita». In casa missina l'allarme lo lancia, intorno alle 18, il camerata Guido Tabanella, il portiere del partito, un ti¬ po tarchiato con una faccia da pugile, «uno che mena bene», dice sorridendo Storace. I socialisti si avventurano al secondo piano del palazzo dove ha sede la direzione missina. «Uno di loro - racconta Storace - mi ha dato un calcio e per questo l'ho inseguito e gli ho dato quello che meritava». Il leader dei giovani socialisti Josi replica: «Storace mi ha spento una sigaretta sul braccio». Controreplica di Storace: «Della sigaretta non è vero e comunque prendiamo atto che i socialisti si tengono i soldi veri e restituiscono quelli falsi». Fabio Martini Roma, la sede del partito socialista in via del Corso

Luoghi citati: Milano, Roma