Messa alle 5, poi in sala operatoria di Francesco Grignetti

Messa olle 5, poi in sala operatoria Messa olle 5, poi in sala operatoria Prima dell'intervento: «Datemi l'estrema unzione» ROMA. Un uomo curvo, stanco, preoccupato, che ha iniziato a 'pregare alle prime luci delfàlba. Dopo una veloce notte popolata di umanissimi timori, Karol Woityla alle 4,30 è già in piedi. Subito dopo arriva al Policlinico il cardinale Sodano, segretario di Stato. E alle 5 il Pontefice dice Messa davanti a un gruppo ristrettissimo di intimi. Per farlo, rompe il digiuno ordinato dai medici: tocca con le labbra un'infinitesimale goccia di vino e una minuscola porzione di ostia consacrata. Poi, con serenità, Giovanni Paolo II si stende sulla barella che lo porterà in sala operatoria. Quando la barella esce dalla suite papale non sono ancora le 6, ma il «Gemelli» è già in fibrillazione da oltre un'ora. La direzione aveva diramato ordini severissimi: nessuno deve intralciare la strada del Papa verso i chirurghi, nessuno lo deve vedere. E così, mentre un infermiere spinge la barella con l'augusto malato, tutti gli ascensori sono bloccati. Un silenzio irreale scende sull'ospedale, mentre il Pontefice passa dal decimo al nono piano con un montacarichi. Lì trova un nugolo di agenti che sorvegliano il percorso. Il gruppo attraversa rapidamente i corridoi del reparto, di, chjfurgja maschile."Come previstò, nessun medico, infermiere o paziente è in piedi al suo passaggio. Si teme che qualcuno scatti fotografie, vietatissime. Per estremo scrupolo, persino le vetrate che danno sulle scale sono state oscurate con larghi fogli bianchi. E finalmente il corteo papale arriva alle porte della sala operatoria dove attende l'equipe del chirurgo Francesco Crucitti. Qui - ma forse è una leggenda che si è sparsa per l'ospedale - l'infermiere avrebbe salutato commosso il Papa: «Tanti auguri, Santità». A questo punto le porte si chiudono alle spalle di Karol Woityla. E per tre ore e mezzo il capo della Chiesa cattolica, il successore di Pietro, è un uomo disarmato nelle mani dei medici. Sotto i ferri. Alle 9,30, dopo tre interminabili ore, il chirurgo esce dalla sala operatoria. Si sparge la voce per il grande ospedale: tutto bene, operazione riuscita. «L'intervento è andato nella maniera più perfetta - spiega l'anestesista Corrado Manni - e il paziente ha avuto un comportamento li- neare, perfetto. Non da soggetto di 73 anni, ma da giovane di 20 anni». "I"^™1' Pochi minuti ancora, e il Papa si sveglia. Racconta il cardiologo, Attilio Maseri: «Era un po' intontito e non ha detto nulla». Giovanni Paolo II, ancora in sala operatoria, è frastornato dagli effetti dell'anestesia. Alle undici 10 riportano in stanza. «Io ero con lui lungo il tragitto - dice Luigi Candia, sovrintendente sanitario del Policlinico - e non ha parlato. Non era ancora in condizioni di parlare». In camera lo lasciano a riposare. Lì, alimentato con fleboclisi, resterà per duetre giorni a riprendere le forze. Un cauto sorriso, intanto, torna sul volto degli uomini del Vaticano sparpagliaci per l'ospedale. Il primo a dare la notizia al mondo è monsignor Domenico De Luca, capo del protocollo vaticano. Alle 12,30, dal salottino dei colloqui esce l'ambasciatore argentino presso la Santa Sede. 11 diplomatico, Francisco Eduardo Trusso, ha un grande sorriso stampato in volto. Si ferma appena un attimo con i giornalisti: «Monsignor De Luca mi ha detto che il Papa è in camera, è sveglio e sta bene». Ma intanto bisogna divulgare il primo bollettino medico. Il testo viene limato a lungo nella stanziai sovrintétìdente sanitario. Lo firmano quattro medici e compare in calce anche il «visto» del cardinale Sodano. Alle tredici e un quarto, finalmente, conferenza stampa. Ma il professor Candia è avarissimo di parole. Legge il bollettino e dà pochi chiarimenti. Aggiunge soltanto: «Capisco l'ansia dei giornalisti, ma pensate anche all'ansia di chi attendeva l'intervento». Ecco, l'ansia. Alle quindici, il chirurgo Francesco Crucitti si concede la prima pausa. Scende al ristorante interno dell'ospedale con altri medici, si siede al tavolo, ordina una bottiglia di vino bianco e un robusto pranzo. Ha appena lasciato il Pontefice, al decimo piano. E scherza volentieri: «Il Papa? Diciamo che è un paziente doppiamente paziente». Poco lontano, anche monsignor De Luca si concede ai giornalisti: «Possiamo cantare l'alleluia». E racconta anche un particolare: domenica, prima di entrare in ospedale, il Papa si è confessato e ha chiesto l'unzione per gli infermi. Francesco Grignetti

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